il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2015
Un Kalashnikov al posto della Tour Eiffel: ecco la locandina di “Made in France”, il film che doveva uscire ieri e invece è stato vietato
Sam è un giornalista indipendente di cultura musulmana e ha una fissa: vuole raccontare come matura il processo di radicalizzazione islamica di certi giovani delle cités (le periferie disumanizzanti delle cinture urbane francesi) e il loro percorso di sangue. Riesce a infiltrarsi in un gruppo della banlieue parigina, composto da quattro giovani che hanno la missione di creare una cellula jihadista. Hassan, il loro leader, è un francese convertito all’Islam. Incarna la violenza, la determinazione. Sam ne subisce il perverso fascino, ma quando scopre che il gelido capo del gruppo sta preparando un attentato sugli Champs Elysées, coordinato con altre operazioni simultanee nella capitale francese, capisce che è andato oltre e che la sua vita stessa è in gioco. Ha paura e non vuole essere complice. Va dalla polizia. Rivela i piani dei terroristi. Vuole mollare. La polizia gli dice di non farlo, di continuare, e di informarla.
Non è lo script di un film che si farà, concepito a caldo sull’onda emotiva della spaventosa tragedia di venerdì 13 novembre. È la trama di un film che è stato girato tredici mesi fa. Più che visionario, profetico: Made in France immagina quello che è avvenuto venerdì, e il regista Nicolas Boukhrief (padre algerino, madre francese) lo ha strutturato come un thriller. Doveva uscire ieri, programmato in 150 sale. È stato ritirato dal suo distributore (Pretty Pictures) perché ritenuto inopportuno, dopo la mostruosità degli attentati di Parigi. A cominciare dalla locandina: che riproduce la Tour Eiffel alla quale si sovrappone un kalashnikov. In alto, a sinistra, si legge: “La minaccia viene dall’interno”. Le copie che erano state affisse in metropolitana il 12 novembre sono state ritirate a tempo di record. Su Internet ne circola una nuova: la frase è stata cancellata, il kalashnikov è sparito.
Resta ormai l’etichetta di film certamente audace, oltre che sconvolgente e inquietante. Ma anche, in un certo senso, di opera sulfurea, maledetta. Il tema del terrorismo interno è ancora tabù, in Francia. Il film si attacca a un soggetto molto sensibile, il terrorismo legato all’integralismo islamico. L’immaginario che anticipa e diventa attualità – “disarma la finzione” è l’analisi di Jacques Mandelbaum, celebre critico cinematografico di Le Monde. Nel caso di Made in France, è stata la realtà a disarmare le sue proiezioni. Il film era pronto per uscire già a metà gennaio, ma gli attacchi a Charlie Hebdo e all’Yper casher fanno slittare la “prima” al 18 novembre. Se il cinema è spesso una finestra aperta sul mondo, stavolta quella finestra è decisamente troppo dentro il mondo. L’apocalisse del 13 novembre rinvia tutto a gennaio del 2016: “Io credo che forse non lo vedremo in Francia”, azzarda Françoise Delbecq, critico di Elle che l’ha visto in anteprima, “troppo scioccante. La pellicola non è un capolavoro, anzi. Ma è terribilmente ancorata alla realtà. Descrive con minuziosa precisione l’ambiente in cui matura la deriva della violenza integralista, il modo di operare di questi terroristi”.
È la banalità, che ferisce, dice Delbecq, “la banalità cioè di questi terroristi che Boukhrief descrive come semplici esecutori che non si pongono nessuna domanda, né sentono l’esigenza di riflettere sulla portata delle loro azioni, gente che non ha studiato, che gioca alla playstation in attesa degli ordini che li staccherà dalla realtà virtuale alla realtà dei mitra, delle bombe, dei giubbotti esplosivi. Sono come soldatini, hanno il bisogno di autorità, di un capo; e hanno la necessità di obbedire. Ecco, il film descrive molto bene questi meccanismi, a costoro non importa di sacrificare le proprie vite, se ci sono due che muoiono, dice uno di loro, ce sono dietro altri venti, sono come formiche, e il protagonista che si inoltra incredulo nel loro mondo si rende conto che il capo della cellula è un folle”. Come sostiene lo stesso regista: “Made in France è un film sulla follia dell’epoca in cui viviamo, la deriva di una gioventù francese nell’integralismo islamico”.