il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2015
Ma questo commissario Tronca sta combinando qualcosa?
Dice Francesco Paolo Tronca che “un prefetto non deve mai essere preoccupato, perché altrimenti la preoccupazione alla fine si trasforma in negatività”. Così, il successore “straordinario” di Ignazio Marino non si preoccupa. E poco importa se nelle sue due prime settimane in Campidoglio, la “negatività” lo ha seguito come un’ombra. Colpa del calendario, si dirà: ma dal 1 novembre a oggi, il commissario chiamato a rimettere in piedi Roma ha passato la maggior parte del suo tempo a deporre corone. Due volte al cimitero del Verano, poi gli omaggi di rito alla Sinagoga, alla lapide di Porta San Paolo e alle Fosse Ardeatine, poi all’Altare della Patria per la festa delle forze armate, di nuovo a messa, stavolta all’Ara Coeli, per ricordare i caduti di Nassiriya, infine la tragedia di Parigi: e pure qui, c’è chi nota che il Campidoglio, anzichè colorarsi del tricolore francese, ha preferito spegnere prima la Fontana di Trevi e poi il Colosseo.
Il buio a Roma, in effetti, non è per niente passato. Quindici giorni sono nulla, sia chiaro, ma i poteri taumaturgici che sembrava possedere il prefetto, al momento, non si intuiscono nemmeno. Le cronache di inizio mese celebravano “l’entusiasmo”, “l’orgoglio”, l’assenza di “tentennamenti”. Ma il “buongiorno” alla città che Tronca ha dato il primo novembre dal balconcino affacciato sui Fori imperiali per ora non si è tradotto in nulla di concreto.
Ha spostato la scrivania, sostenendo che là dove stava con Marino era a rischio cecchini. E pare sia lì seduto a “scremare le priorità tra le priorità”. Ha incontrato i sindacati, ma non gli ex consiglieri comunali che volevano tentare di non buttare all’aria il lavoro degli ultimi due anni. Non ha ancora nominato le posizioni apicali dell’amministrazione, salvo riconfermare il capo del cerimoniale, lo stesso Francesco Piazza che accompagnò Marino nell’infausto viaggio a Filadefia. Secondo mandato anche per Rossella Matarazzo, dirigente della polizia di Stato che era già vicecapo di gabinetto del sindaco Pd. Così, paradossalmente, chi oggi vuole interloquire con il Campidoglio è ancora costretto (e, a questo punto, non è detto che sia un male) a parlare con chi faceva parte dello staff di Ignazio Marino, lo sfiduciato.
Ma le risposte scarseggiano. Per dire: i direttori dei teatri romani dal giorno degli attentati a Parigi aspettano che qualcuno li convochi per capire come gestire la sicurezza (non sarà competenza del Campidoglio, ma almeno una telefonata la gradirebbero). Oppure: da ieri è chiuso lo “stadio” di Caracalla, un impianto sportivo appena messo a nuovo. La Federazione atletica leggera aveva avuto rassicurazioni sul fatto che una soluzione transitoria si sarebbe trovata, nonostante le dimissioni del sindaco: “Ma l’avvento del commissario Tronca ha bloccato ogni procedura: oggi negli uffici capitolini sembra non esserci nessuno che può prendersi la responsabilità di decidere”. E la metro, quella che con Marino si fermava un giorno sì e l’altro pure? Anche con Tronca continua a viaggiare a singhiozzo, ma nessuno urla più contro il sindaco incapace. Figuriamoci cosa avrebbero detto a Marino se, come è successo a Tronca mercoledì scorso, il blocco della circolazione dei veicoli inquinanti fosse finito senza multe, perché il Comune si era dimenticato di comunicare il divieto ai cittadini.
Così come Marino, anche il commissario per ora soldi non ne ha visti. Il decreto del governo ancora non si vede, ma – considerati tempi e risorse – l’idea che circola in Campidoglio è che al massimo si tapperà qualche buca, si pagheranno gli straordinari dei dipendenti e si finanzierà qualcosa su pulizia, trasporti e manutenzione del verde pubblico. Ieri però festeggiavano tutti: grazie a Tronca anche i vigili urbani di Roma si possono chiamare col Numero unico d’emergenza, il 112. Urca.