il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2015
«Aridatece Marino» scrive Marco Travaglio a proposito del pasticcio dei fondi per il Giubileo
Il 13 marzo 2015 papa Francesco annuncia a sorpresa il Giubileo straordinario della Misericordia: si parte l’8 dicembre. Il premier Matteo Renzi commenta: “Sono sicuro che, come già nel 2000, Roma si farà trovare pronta: l’Italia, che quest’anno ospita l’Expo, saprà fare la sua parte anche in questa occasione”. Il 14 marzo il sindaco Ignazio Marino propone “una gestione minimalista dell’evento, senza sfarzi né grandiosità: come, conoscendolo, vorrebbe il Papa. Avremo costi straordinari”. E ricorda che il 27 aprile 2014, per la beatificazione di Paolo VI e Giovanni Paolo II, arrivarono in città 1,5 milioni di pellegrini e quella giornata costò 7 milioni di euro, quindi “Roma deve ricevere risorse straordinarie. Il governo ci ha promesso un allentamento dei vincoli del patto di stabilità degli enti locali, che ci permetta di poter investire risorse già a disposizione ma bloccate dal patto”. #ignaziostaisereno. Il governo conferma: basteranno 30 milioni per opere di ordinaria manutenzione. Ma il 15 marzo già si litiga sull’idea dei renziani di espropriare Marino e far gestire il Giubileo da un commissario straordinario (si parla di Francesco Rutelli, che però si sfila). Orfini e Marino, all’unisono, rispondono picche: basta il sindaco Marino. Il ministro Angelino Alfano assicura che “la cabina c’è già, al Viminale” e presto “saranno costituti gruppi di lavoro ad hoc”.
Poi, per cinque mesi, non se ne parla più. Fino al 6 agosto, quando il vicesindaco Marco Causi annuncia che Renzi varerà il decreto Giubileo nel Consiglio dei ministri del 27 agosto, “sia per la parte ordinamentale della vicenda Giubileo (le deroghe normative necessarie a stringere i tempi delle opere) sia per quella organizzativa e per le altre richieste della giunta per attrezzare la città a questo straordinario appuntamento. Confidiamo che ciò permetta di affrontare, pur in tempi davvero stretti, gli impegni del Campidoglio per il Giubileo”. In effetti il Giubileo è stato annunciato da 150 giorni e non c’è ancora un euro (nemmeno i 30 miseri milioni promessi) né un progetto. Il 27 agosto il governo non vara alcun decreto, con la scusa che Marino è in vacanza (peccato che i decreti li faccia il governo, non il sindaco). Tra un “fare in fretta” e un “non c’è un minuto da perdere”, se ne va un altro mese e mezzo. Finché l’8 ottobre, di buon mattino, Renzi ordina a Orfini di cacciare Marino. Che si dimette in serata, annunciando però che potrebbe ripensarci.
Il 19 ottobre il premier garantisce al Tg5: “Certo che ce la facciamo per il Giubileo. Ci dicevano che non ce la facevamo con Expo e invece oggi registriamo lunghissime code. Sono assolutamente certo che, grazie anche all’ottima collaborazione con il Vaticano, porteremo a casa dei risultati evidenti di buona amministrazione per sistemare al meglio il Giubileo e magari, perché no, per investire anche su Roma che si merita un po’ più di cura e di attenzione”. Quindi fa il decreto? No che non lo fa. C’è tempo: ben un mese e mezzo al via. Hai voglia. Il 31 ottobre, sciolto il Consiglio comunale davanti al notaio dopo che Marino ha ritirato le dimissioni, arriva il commissario scelto da Renzi: il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca, che incontra il Papa ancor prima del premier e giura: “Adatterò il modello Expo per il Giubileo”. Stampa e tv lo inseguono anche alla toilette, dipingendolo come un supereroe. Poi il governo fa sapere che Tronca non si occuperà del Giubileo, affidato in esclusiva a un altro commissario, ovviamente straordinario: il celebre superprefetto Franco Gabrielli, con tanto di Dream Team e Cabina di Regia scelti da Renzi in persona, che da Palazzo Chigi dirigerà personalmente le operazioni con la sola forza del pensiero (“Ridaremo fiducia alla Capitale”). La dipartita di Marino fa il primo miracolo: i soldi “pronti subito” per il Giubileo decuplicano da 30 a 300 milioni. Wow! Del decreto con stanziamenti e destinazioni, però, nemmeno l’ombra. Tanto c’è tempo: ben cinque settimane.
Il 4 novembre, 34 giorni prima dell’apertura dell’Anno Santo, Renzi fa sapere che “il Giubileo non sarà un grande evento, ma un’occasione dedicata agli ultimi, al valore delle periferie”. Ecco: le periferie. E i soldi? Secondo alcuni giornali saranno 300 milioni, secondo altri 200, o forse 150. Comunque arrivano, dài. Intanto Tronca e Gabrielli litigano sulla ripartizione dei compiti. Il Dream Team sfuma, il supercommissario straordinario attende sempre la nomina, e si stenta a notare anche il commissario ordinario, Tronca, già praticamente evaporato (per dire: decide la domenica senz’auto ma si dimentica di comunicarlo alla cittadinanza, mentre tutti continuano a consultare lo staff di Marino non sapendo con chi parlare). Il decreto invece è annunciato per il 13 novembre, e secondo la stampa viene addirittura varato. Renzi, mattacchione, lo chiama “Decreto Happy Days”. Purtroppo, nella migliore tradizione orale da Omero ai giorni nostri, non c’è il testo. Solo una slide affidata ad aruspici, indovini, lettori di labbra e fondi di caffè. Ai quali par di capire che per il Giubileo ci sono 200 milioni, ma non subito, con calma. E i superpoteri all’Arcangelo Gabrielli? E il Dream Team? Non pervenuti. Tanto c’è tempo: ben tre settimane, roba che se fai un buco non ce la fai neppure a riempirlo. Intanto a Parigi accade una cosetta da niente e in Germania rinviano persino le partite amichevoli. Ma in Italia guai a mettere in dubbio il Giubileo. Santità, guardi come siamo ridotti. Si metta una mano sulla coscienza. Ci faccia la grazia.