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 2015  novembre 19 Giovedì calendario

Vent’anni fa, il 19 novembre 1995, Buffon esordiva in Serie A

A vent’anni tondi dal primo tuffo tra i grandi, 19 novembre 1995, Parma-Milan 0-0, Gigi Buffon è ormai un classico, che però non si sente ancora da museo. Dev’essere per questo che le sue migliori parate, nella hit da lui composta e in quelle incollate su youtube, sono state fatte dagli stessi guantoni ma da facce diverse: c’è il giovane che s’allunga sulla fiondata di Recoba e l’uomo che con i riflessi sulla zuccata di Zidane avvicina la Coppa del Mondo all’Italia. Non è solo una questione di tempi di reazione, ma anche di reazione ai tempi: è stato per anni il numero uno del pianeta, e da ancora di più resta tra i migliori. Istinto da fenomeno e cuore da ultrà: «Ho fatto il portiere perché volevo strozzare in gola l’urlo del gol ai tifosi avversari».
Talento e preparazione
Racconta Silvano Martina, ex portiere, amico e procuratore di una vita: «Condensare la carriera di Gigi in un perché è impossibile, ma diciamo che lui ha sempre avuto la testa e la capacità di concentrazione del campione. In partita e in allenamento: per questo è ancora lì». Portiere e leader, sempre e comunque. Con gli anni ha perfezionato la cura del proprio corpo e la prevenzione degli infortuni, anche se poi mica si può eliminare l’imprevisto. Come l’ultimo capitato in Nazionale, al flessore della coscia destra, che rischia di metterlo fuori uso per la sfida di sabato sera, contro il Milan, lo stesso nemico di vent’anni fa. Oggi farà altri esami, ma è più no che sì. Così, quando il telaio non è più lo stesso, la tecnica e il fiuto sono la salvezza. «Una delle qualità di Gigi – continua Martina – è sempre stata quella di piazzarsi come nessuno, con i piedi nel posto giusto, in equilibrio». Per la disperazione dei fotografi: «Grandi voli li fa anche lui, ma il più delle volte per Buffon sembra una parata elementare, dove gli altri farebbero un carpiato».
Errori e coraggio
Il bello di Buffon è che non si rischia mai la banalità dell’agiografia: un sollievo pure per lui, che non ha mai sopportato le cose, e le persone, troppo perfette. Per dirla con le sue parole, «ho fatto le mie cazzate, tante: sono stato ignorante e non è una giustificazione». Però, con un certo metodo e una regola: «Tutti gli errori li ho sempre pagati, mettendoci la faccia». Dentro e fuori dal campo. Rivendica gli sbagli, «anch’io avevo il diritto di crescere», e non rifarebbe una cosa: «La storia del diploma comprato, vorrei cancellarla: fu un gesto di slealtà e io di solito sono un tipo leale». Parma, Juventus, Nazionale: ha avuto soldi, vittorie, sconfitte, delusioni. E coraggio, con la passione per la fedeltà, come quando scese in serie B con la Juve, da campione del mondo: «Eppure qualche offertina l’avevo anch’io», disse qualche tempo dopo, ma solo perché qualcuno parlò di un Sunset boulevard già imboccato. Come no.
Fino all’ultimo secondo
Invece è ancora sul prato, sempre in piedi, anche in senso letterale: «Quello è un altro dei suoi segreti: Gigi non si muove, non si tuffa, fino all’ultima frazione di secondo», spiega ancora Martina. E pazienza se Cannavaro gli soffiò il Pallone d’Oro e se quest’anno la Fifa (di Blatter...) l’ha fatto fuori anche dal listone dei candidati. Buffon l’ha presa ridendo: «A 37 anni, o si punta a vincere o si appendono i guantoni al chiodo: e io vorrei ancora provare la prima».