Il Messaggero, 19 novembre 2015
Il 2015 è l’anno più caldo della storia. Lo dicono i dati
L’anno che sta per chiudersi passerà alla storia per una serie di record raggiunti in campo climatico. Non sono primati di cui vantarsi, ma dati sui quali vale la pena di riflettere, sulla strada che ci avvicina al vertice di Parigi. Lo scorso luglio è stato il mese più caldo della storia, almeno da quando abbiamo iniziato a raccogliere un archivio delle temperature. Ci sono diversi modi per comporre questa classifica, a partire dall’analisi del CET (Central England Temperature), ovvero i valori medi del termometro in un triangolo limitato dalle città di Bristol, Manchester e Londra, rilevato su base mensile a partire da 1659, e poi giornaliera dal 1772, per finire ai dati odierni, che comparano le letture degli istituti di meteorologia di tutto il mondo. Da qualunque punto si guardi al fenomeno, il risultato è lo stesso: luglio del 2015 ha stabilito nuovi record climatici dovunque, e la media globale dei rilevamenti è stata di 16,58°, un terzo di grado in più del record precedente stabilito nel 1998. Ma a guardare bene anche il mese precedente era stato il giugno più caldo della storia, così come lo erano stati tre dei primi mesi dell’anno. Comunque vada a finire, sappiamo già che il 2015 toglierà lo scettro di anno più caldo al 2014, e che il valore finale supererà di un grado la media delle temperature registrate per tutto il secolo scorso e oltre, fino al periodo che precede l’avvento della rivoluzione industriale.
LA DIFFERENZA
Che differenza vogliamo che faccia un grado in più o uno in meno? Tanta, al punto che quest’ultimo record negativo sarà al centro delle preoccupazioni che gli scienziati esprimeranno a Parigi. Un grado di riscaldamento è la metà della soglia di sicurezza per la Terra, il primo dei due gradini oltre il quale sappiamo che il cambiamento di temperatura inizierà a produrre conseguenze catastrofiche. C’è infatti da augurarsi che sia stata la robusta forza di El Nino quest’anno a soffiare aria eccezionalmente calda sulla superfice del pianeta, e che la meteorologia abbia contribuito più delle attività umane a determinare il riscaldamento atmosferico.
Un simile innalzamento di un grado si era già verificato in forma stabile circa 6.000 anni fa durante il Medio Olocene, e a quel tempo nella parte centrale degli Usa, oggi granaio del mondo, si era formato un arido deserto privo di vegetazione che si estendeva dall’attuale Nebraska fino al Canada passando per le cime del Montana. Un nuovo sussulto di breve durata nel 1930 fu la causa della Dust Bowl, la siccità cronica del Mid West che spinse due milioni e mezzo di persone ad abbandonare case e terre in cerca di condizioni meno cruente sulla costa del Pacifico.
Se l’incremento di un grado dovesse rivelarsi stabile per il futuro, entro il 2100 la Terra avrà perso un terzo delle attuali riserve di acqua potabile. Anche in questo caso abbiamo un precedente che ci aiuta a capire le conseguenze di un simile fenomeno: nel 2005 un affluente del Rio delle Amazzoni restò a secco e il fiume divenne non navigabile nemmeno per le operazioni di soccorso. L’acqua per dissetare le popolazioni a monte dovette essere trasportata per mesi da elicotteri dell’esercito brasiliano. Tutto il mondo è minacciato dalle conseguenze del surriscaldamento, anche se in modo diverso. I paesi più esposti alla siccità sono vicini all’Equatore, ma le zone che si riscaldano più rapidamente si trovano ai poli, dove i ghiacci che riflettevano l’80% delle radiazioni solari stanno lasciando posto all’acqua che ha una bassa resistenza termica e ne assorbe il 95%. Si parla molto della sparizione di 400 Km cubici di ghiaccio nel mare Artico, e meno della recessione dei ghiacciai che ha portato nel 2003 la linea dello scioglimento del permafrost sulle Alpi a quota 4.600 metri, ad un passo della vetta del Monte Bianco. Le rocce esposte si stanno sgretolando rapidamente, e i frammenti in caduta uccidono ogni anno un numero crescente di alpinisti. Tra tutte le minacce la conseguenza più grave è comunque lo scioglimento dei ghiacci. Cosa succederà quando l’innalzamento delle acque che ha finora colpito le zone più povere del mondo (Maldive, Caraibi, Golfo del Bengala) comincerà a lambire la baia di New York, e a sommergere Londra e Venezia?