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 2015  novembre 19 Giovedì calendario

I miei 15 anni nella stessa stanza d’ufficio con la terrorista Cinzia Banelli

Caro Dottor Augias, ho lavorato per oltre 15 anni con la terrorista Cinzia Banelli, stesse stanze, stessi problemi di lavoro, stesse risate. Sapevamo tutti che era integralista nel suo essere di sinistra però aveva amici e amiche, causidica e irritabile (soprannome: miccia corta). Nessuno immaginava che partecipasse a rapine, omicidi e che fosse capace di uccidere a scopo dimostrativo, senza odio né pietà per la vittima. Veniva da una famiglia unita che l’aveva fatta studiare e finanziariamente aiutata, aveva un bel lavoro, partecipava ai trapianti d’organo, una bella casa di proprietà, un marito ignaro e innamorato, aspettava un bambino. In Ospedale comprava giornali seri, il che incuteva rispetto, ma erano per la rassegna stampa per l’altra terrorista Desdemona Lioce. Ero il suo primario, ci siamo chiesti con sgomento, per anni, come fosse possibile non aver capito nulla. Leggo le tante spiegazioni sul fenomeno dei terroristi europei, tutte parziali e opinabili, non so se davvero ne esistano altre comprensibili ma so che l’Occidente con i suoi valori ha già vinto. Quelli che fuggono dall’Islam, per una qualunque ragione, più o meno consciamente fuggono da quel modello di vita.

Dott.ssa Gabriella Marchetti
Anatomopatologo in pensione


Cinzia Banelli, citata nella lettera, è stata arrestata nel 2003 nell’ambito dell’inchiesta per l’omicidio di Massimo D’Antona. Nel 2004, dopo la nascita di un figlio, si è “pentita”. Secondo i magistrati «ha dimostrato di essere pienamente consapevole del danno umano e sociale prodotto, di essere definitivamente distaccata dalle scelte eversive. Va riconosciuto il suo fondamentale apporto, che ha significativamente contribuito a smantellare la struttura organizzativa delle Br. Si può dire raggiunto l’obiettivo del recupero alla società di una persona che si è dimostrata estremamente pericolosa afferma di essere cambiata e di aver capito di aver imperdonabilmente sbagliato». Aggiungo queste informazioni per capire meglio di chi la lettera parli. Resta il cuore dell’esperienza narrata dalla dottoressa Marchetti. Anni e anni a contatto quotidiano con una collega senza arrivare a capire che tipo di persona fosse, quali le sue attività quando lasciava il lavoro. Se estendiamo questa singolo caso al quadro generale che abbiamo oggi sotto gli occhi, tocchiamo con mano quali difficoltà ci siano ad individuare gli elementi pericolosi il “terrorista della porta accanto”. Cinzia Banelli era integrata, i terroristi islamici spesso non lo sono, anzi è proprio la loro emarginazione che li rende suscettibili di arruolamento. Questo però rende solo in apparenza il problema più semplice. I giovani immigrati dai paesi arabi, compresi quelli di seconda generazione, che hanno serie difficoltà ad integrarsi non sono per questo tutti sospettabili. Non è giusto e soprattutto non è vero. Ci sono giovani che vivono la loro difficile condizione senza per questo cedere al terrorismo. Quale strumento usare allora? La risposta è un delicato e difficile lavoro di infiltrazione e di intelligence, ovvero – in termini più brutali – pagando i “confidenti” come la polizia ha sempre fatto. È possibile che questo sia avvenuto anche per il blitz a Saint Denis, se mai qualcuno ci dirà com’è andata.