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 2015  novembre 19 Giovedì calendario

Il portiere Donnarumma, 16 anni, che sa anche rispondere alle domande

MILANO «Predestinato» non lo esalta, «erede di Buffon» ha il dubbio che porti un po’ sfortuna, Gigetto – che è come l’ha soprannominato Sinisa Mihajlovic – gli strappa un sorriso, lui si riconosce solo in Gigio, come lo chiamano gli amici, i compagni, il fratello Antonio (portiere di riserva del Genoa) quando gli consiglia di «restare il Gigio di sempre». La verità è che potete chiamarlo come preferite e Gianluigi Donnarumma, 16 anni, di professione portiere titolare del Milan, non farà un plissé. Indifferente non rende l’idea, perché richiama una presunzione che il ragazzo non possiede, imperturbabile è più pertinente. Ci si ricorda che ha 16 anni solo per una certa timidezza a raccontare di sé; per il resto i suoi coetanei sabato sera tratteranno sull’orario di rientro a casa, lui affronterà la Juventus a Torino. Comunque vada, questa è la storia di un ragazzo di cui sentiremo parlare a lungo.
Come ha saputo che a 16 anni e 8 mesi avrebbe debuttato contro il Sassuolo?
«Il giorno prima il mister mi ha chiamato nello spogliatoio e mi ha fatto un discorso».
E lei come ha reagito?
«Mi sono emozionato, non l’avevo capito».
Poi che cosa ha fatto?
«Ho chiamato i miei, si sono subito organizzati per venire da Castellammare a vedermi».
Dicono che lei si faccia scivolare tutto addosso, che la sua forza sia la freddezza.
«L’emozione c’è, ma la tengo per me, non deve trasparire».
Durante il trasferimento in pullman che cosa le è passato per la testa?
«Il tragitto in pullman è sempre emozionante, anche quando non gioco. Qualche anno fa, guardavo io da giù la squadra che passava».
Che consigli le hanno dato Diego Lopez e Abbiati?
«Di stare tranquillo e fare quello che so fare».
Che cos’è la pressione?
«A San Siro ammetto che si sente un po’...».
Fin qui ha sperimentato solo San Siro e l’Olimpico. E ora la aspetta lo Juventus Stadium.
«Già, ma la pressione è qualcosa che riesco a gestire tranquillamente».
Dorme prima delle partite?
«Sì certo. Faccio anche il riposino al pomeriggio se giochiamo alla sera».
Si rende conto che ora sta entrando in un’altra dimensione? Che comincerà a diventare popolare?
«La prima cosa a cui devo pensare è lavorare, poi se dovrò fare qualche intervista la farò. Firmare autografi o fare qualche foto mi fa solo piacere».
Come si fa a non montarsi la testa?
«Non è facile a 16 anni, ma sono aiutato dal mio carattere, sono uno tranquillo».
Al debutto però il rischio di bruciarsi era altissimo. Cosa le è passato per la testa dopo il gol di Berardi sul suo palo?
«Niente, perché la partita continua non puoi pensare. Lo fai dopo, quando ti rivedi: prendere un gol così mi aiuterà tanto».
Prima del Sassuolo c’era stato l’episodio di Genova. Mihajlovic, scontento per un rinvio di Diego Lopez, le ha chiesto di scaldarsi. Un po’ d’ansia?
«No, sono andato solo ad allenarmi, come sempre».
Contro l’Atalanta ha giocato una grande partita: qual è stata la sua migliore parata?
«L’ultima, di piede».
Sabato dovrebbe trovarsi di fronte Buffon, che oggi festeggia i vent’anni dal suo esordio in A. Vuole mandargli un messaggio?
«Glieli faranno tutti, ma mi aggiungo ai complimenti per la sua grande carriera».
E lei come si vede tra vent’anni?
«Viviamo giorno per giorno e pensiamo a conquistare un posto la domenica, va».
Ma affrontare Buffon sarà una motivazione in più?
«Sicuramente! A questo punto però sogno anche di vincere, magari senza subire gol».
Ma quando sente dire che è il suo erede non pensa che è un’etichetta che ha bruciato già tanti altri?
«Un pochino (ride)... In realtà mi fa piacere».
La parata più bella che ha visto?
«Quella di Diego Lopez, un anno fa a Torino su Marchisio».
Bacca fa gol quasi a ogni tiro in porta. In allenamento con lei come si comporta?
«Gli do fiducia in allenamento!».
Lei era stato praticamente preso dall’Inter. È vero che l’osservatore Bianchessi è stato otto ore a convincere i suoi genitori?
«Sì, ma poi ho scelto io, un po’ perché mio fratello aveva giocato qui e un po’ perché sono sempre stato milanista».
Ha il procuratore delle star, Mino Raiola: gli ha chiesto come si diventa Ibra?
«No, non parliamo di questo. Il primo anno di Milan abbiamo scelto lui».
Com’è stato trasferirsi in convitto a Milano, da solo, a 14 anni?
«Difficile, soprattutto i primi mesi. La famiglia mi è mancata molto».
Ha mai pensato: chi me l’ha fatto fare?
«Sì, i primi 2-3 giorni».
Papà Alfonso e mamma Maria l’hanno spronata?
«Mi hanno invogliato a seguire la mia strada, ma erano dispiaciuti che andassi via da casa».
Le hanno chiesto di prendere il diploma?
«Sono io che voglio prenderlo. Studio Ragioneria da privatista. Quando ho allenamento al pomeriggio al mattino vado a scuola».
Si sente un po’ milanese?
«Insomma... Però mi piace la nebbia».
Com’è finito in porta da piccolo?
«Ho sempre voluto fare il portiere, ho iniziato su un campo di terra vicino a casa. Mai avuto un sogno diverso da questo».
Le manca qualcosa della vita di un normale adolescente?
«Ma io sono un normale adolescente!».
Ha la ragazza?
«Meglio non dirlo».
Il presidente Berlusconi le ha parlato?
«Parla con tutti, a me ha fatto i complimenti».
Avverte la solitudine del portiere? Conosce la poesia di Umberto Saba?
«Ma quale solitudine? No, non conosco la poesia».
Vuole chiarire quelle scritte contro Inter e Juve sui social network?
«Non me le ricordavo neanche. Naturalmente mi scuso, non volevo offendere nessuno, sono cose che scrivi a 13 anni, da tifoso».
E lo dice come se fossero passate due vite.