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 2015  novembre 18 Mercoledì calendario

Fenomenologia dello smoking, un intramontabile

Veste le sere più importanti nella vita di un uomo e in America spesso anche il giorno del matrimonio. Proprio per questo lo smoking richiede una maniacale attenzione ai particolari cominciando dal colore. I puristi ne ammettono due: tutto nero per l’inverno, con giacca bianca d’estate e ai tropici. In questo caso il bianco non deve essere tanto ottico quanto avorio altrimenti si corre il rischio di esser scambiati per un cameriere. Per i più raffinati l’indicazione cromatica arriva dal duca di Windsor che lo portava sempre e solo blu notte perché si era accorto che il nero sotto le luci artificiali e al lume di candela può assumere sfumature rossastre. Invece quella particolare tonalità più scura dello zaffiro e leggermente meno profonda del navy è davvero “blacker than black”, cioè più nera del nero. “Se la giacca è in velluto di raso può anche essere verde bottiglia, magari con alamari al posto dei bottoni. Ancor più rara é la variante rosso-rubino per non dire bordeaux, ma in questo caso il taglio e gli accessori devono essere semplicissimi altrimenti ricorda troppo le giacche da camera” sostiene Franco Ferraris, amministratore delegato del Lanificio Zegna di Trivero. “La cosa più importante anche in questo caso è il tessuto – conclude – quello più classico da smoking si chiama ‘baratea’, ha una mano molto secca data dall’ordito in pura lana e la trama di mohair. Siamo rimasti in pochi a farlo, ma è il massimo dell’eleganza”. Non a caso con Zegna lavora in partnership Tom Ford, l’uomo che sta cambiando i connotati allo smoking pur essendo un vero cultore della più pura tradizione sartoriale. Ha dato il primo scossone nel 2004 presentandosi con un sublime modello in velluto rosso sulla passerella di Yves Saint Laurent dove aveva appena fatto sfilare la sua ultima, indimenticabile collezione per il Gruppo Gucci. L’intero popolo della moda si mise in fila per salutare quel bellissimo uomo vestito come un moderno e seducente demonio. Il New York Times titolò “the long goodbye in red”, il lungo addio in rosso. Da quel momento in poi il texano dagli occhi di velluto per sé scelse le versioni più classiche in nero oppure avorio, ma per il guardaroba di Daniel Craig nei panni dell’agente 007 con licenza d’uccidere e compagnia bella, ne ha fatte davvero di tutti i colori. “Lo smoking blu di Tom Ford è una delle buone ragioni per vedere Skyfall” scrisse Variety, la “Bibbia” dell’industria cinematografica mondiale all’uscita del film nel 2012. Invece dopo la prima londinese di Spectre sull’edizione digitale del Daily Telegraph sono uscite le informazioni sul nuovo smoking creato per James Bond con giacca color avorio modello Windsor che costa 2530 sterline (circa 3500 euro) e pantaloni da sera modello O’Connor da 850 sterline (circa 1150 euro). Visto il successo di critica e pubblico si è aperto un fronte di estrema ricercatezza per cui Ralph Lauren per la prossima estate propone uno smoking color castagna, mentre Isaia lancia un’interessante versione a minuscoli quadri in due tonalità di grigio che quasi si fondono tra loro. Brunello Cucinelli punta invece sul grigio così chiaro da sconfinare nel perla: l’esatto colore del cosiddetto “frac francese”, ovvero quell’abito superformale che in Francia si può portare al posto del tight per cerimonie che si svolgono prima delle sei di sera, ovvero l’ora x in cui ci si può presentare in smoking o tuxedo che dir si voglia. Su questo punto sono tutti d’accordo tranne quell’iconoclasta di Hedy Slimane che da anni (lo faceva anche ai tempi di Dior Homme) propone le giacche da smoking a tutte le ore del giorno e della notte, perfino con i jeans strappati. “Se uno non fa la rockstar meglio evitare” dice Stefano Pilati aggiungendo poi che queste non sono vere giacche da tuxedo ma “wannabe” (termine in slang traducibile come “vorrei ma non posso”), ovvero: “Statement di moda che non han nulla a che vedere con lo stile”. L’elegantissimo designer milanese di stanza a Berlino sostiene inoltre che indossare lo smoking quando ci si sposa è il sistema migliore per sembrare un cameriere e che il colmo dell’orrore è indossarlo senza calze oppure con i calzini bassi. Ancor più severe le regole di Elisabetta Canali che considera lo smoking come l’abito da sera maschile per eccellenza e confessa di subirne il fascino da sempre. “Trovo che renda gli uomini più interessanti e con un allure particolare – racconta – per le occasioni estremamente formali lo immagino nero, a un solo bottone, con rever a lancia, camicia dal collo basso con plastron oppure no, ma sempre il cravattino da annodare. Ci sono regole ben precise che mi piace veder rispettate come i gemelli ai polsini, i bottoni nascosti e le calze nere in seta. Altre regole vanno invece superate per cui la fascia lascia il posto alla cintura in seta inserita direttamente nel pantalone e le scarpe possono anche essere delle normali stringate purché lucide e non solo le classiche pantofoline da sera. Per le occasioni formali ma non troppo ammetto il colore anche se molto ben dosato. Uno smoking doppiopetto bordeaux o verde spento oppure il classico monopetto blu se indossato con la classica camicia bianca oppure una maglia in seta a girocollo potrebbe essere un’ottima soluzione per un evento serale non troppo impegnativo. Sottolineo ‘serale’, ovvero dopo le 18 perché lo smoking anche nelle sue accezioni disinvolte è e rimane un completo da sera”. Inevitabile a questo punto ricordare la controversa entrata in scena del capo in questione che per lungo tempo fece scandalo nell’alta società britannica come ricorda la magistrale recitazione di Maggie Smith in Downton Abbey che puntualmente alza gli occhi al cielo quando le tocca cenare con qualche ospite sprovvisto del frac di ordinanza al desco nobiliare. Sembra comunque sia stato re Edoardo VII d’Inghilterra a introdurre la novità quando decise di farsi fare dal sarto Henry Poole di Savile Row una giacca da frac con le code tagliate per cenare nella sua tenuta di campagna a Sandrigham. Lo stile della cosiddetta “dinner jacket” (cosi gl’inglesi ancora oggi chiamano lo smoking) piacque moltissimo a uno dei suoi ospiti: Pierre Lorillard, un ricco americano membro dell’esclusivo “Tuxedo Park Club” di New York che, tornato in patria, si rifece il guardaroba da sera facendo prima scandalo e poi proseliti. Siamo nel 1886 quando gli Stati Uniti dichiarano guerra al frac e la vincono. Inutile chiedersi perché abbiano ribattezzato il modello “tuxedo”: al Pentagono esiste un ufficio speciale da cui sono usciti nomi come “Ground Zero” o “Desert Storm” noti nel mondo. Con l’abito non è andata proprio così e perfino stilisti “born in Usa” come Ralph Lauren o Tom Ford dicono tuxedo, ma pensano smoking: una cosa che non si può affittare, come a volte capita oltre Oceano, solo per fingere uno status sociale. “Lo smoking è rigore e ricercatezza – diceva Gianfranco Ferrè – la scelta d’eleganza più immediata e al tempo stesso difficile che un uomo possa fare, un capo che non perdona e non ammette imprecisioni”. Si comincia ovviamente dal modello sapendo che in linea di massima la giacca con collo a scialle è sempre monopetto, con un solo bottone e andrebbe indossata con il gilet al posto della fascia. Invece quella a doppiopetto con collo a lancia esclude tanto la fascia quanto il gilet. I rever delle giacche come le banda laterali dei calzoni sono comunque ricoperti di seta o raso neri anche nel caso della variante blu. A questo punto inizia una vera e propria danza dei dettagli. La camicia, per esempio, è rigorosamente bianca, in batista o brillantina di cotone, con un davantino a piccole pieghe oppure in piquet come i polsini e il collo. Finollo, celebre camiciaio genevose, sostiene che quest’ultimo dev’essere morbido, non inamidato e soprattutto a punte basse perché quello piccolo, rigido, con le punte girate in sù, è riservato al frac. Invece da Ciceri, storica camiceria milanese acquistata dal Gruppo Brioni per impreziosire l’offerta del proprio atelier di Via Gesù, conservano il segreto dei colli staccabili inamidati a mano per superbe camicie in cui perfino le pieghe dello sparato sono fatte manualmente. Luchino Visconti indossava lo smoking con una normale camicia bianca, ma poteva permetterselo avendo innata una squisita eleganza. Ben più complicato la scelta della cravatta da assortire poi alla fascia. La tradizione ammette un unico colore, il nero, caldeggiando il cosiddetto modello “Bow tie” da annodare al collo con le stesse mosse che servono per allacciarsi le scarpe stringate invece del più semplice papillon (chiamato in questo caso “Galla”) già confezionato. A dispetto dell’elastico scorrevole le galle non sono quasi mai della misura giusta e poi poche cose rendono sexy un uomo quanto la cravatta da sera slacciata mollemente in privato, magari prima di un pretestuoso “bicchiere della staffa”. Consigliabile d’inverno sotto al cappotto nero la sciarpa di seta bianca con frange annodate a mano. Indispensabili sempre i gemelli ai polsi. L’etichetta li prescrive in tinta (oro bianco e platino con brillanti, perle, cristallo di rocca, onice oppure “moonstone”) e uguali ai copri bottoni dello sparato che si chiamano “Stud” (chiodo, borchia) e hanno un meccanismo a baionetta oppure una piccola molla segreta per non cadere dalle asole. Sul fronte scarpe c’è di che perdere la testa. Il modello regolamentare sarebbe a pantofola, in vernice nera, con fiocco piatto di gros grain: buffo sui piedi dal 41 in sù. Meglio allora puntare sulla cosiddetta “francesina” che è una semplice scarpa stringata, ovviamente nera. Per tutti gli smoking vale la regola dettata da Nino Cerruti a proposito degli abiti da uomo in generale: “Bisogna scivolarci dentro come si scivola nelle lenzuola”.