il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2015
In due anni l’impero finanziario di Diego Della Valle si è quasi dimezzato, passando dagli oltre 2,5 miliardi di euro del 2013 agli 1,38 attuali (quasi tutti dovuti alle azioni Tod’s). «Sarà per cercare nuove soddisfazioni che ha deciso di scendere in politica»
Mentre Diego Della Valle è impegnato a costruire il suo progetto politico, che sarà annunciato questa settimana, il suo castello finanziario vale quasi 1,4 miliardi di euro. E non è un caso che lo chiamino mister Tod’s, perché il grosso della cifra è rappresentato proprio dalla quota di controllo nella società di calzature di famiglia. Il 56,8 per cento nell’azienda marchigiana, infatti, vale ben 1,36 miliardi sugli 1,38 miliardi complessivi cui si arriva sommando tutte le partecipazioni di Diego Della Valle in società quotate in Borsa. Nell’ultimo anno è andata piuttosto bene al finanziere che sta per lanciarsi nell’agone politico, perché le quotazioni di Borsa della Tod’s sono leggermente migliorate: oggi viaggiano sui 78 euro per azione, contro i 69 di 12 mesi fa, quando la partecipazione di controllo della famiglia marchigiana valeva “solo” 1,2 miliardi. Insomma, 150 milioni abbondanti in più nel giro di un anno.
Tuttavia, sembrano lontani anni luce i tempi d’oro in cui in Borsa le azioni Tod’s veleggiavano, per la felicità della famiglia Della Valle, sopra quota 140 euro. Chissà se il finanziere e imprenditore nato nel 1953 a Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, qualche volta pensa con nostalgia a quel 14 agosto del 2013, quando il prezzo delle azioni della società di calzature sfiorò i 145 euro l’una, per un valore della quota di controllo di Della Valle di poco più di 2,5 miliardi, quasi il doppio di oggi. In mezzo c’è stato il rallentamento dell’economia cinese, area a cui la Tod’s è particolarmente esposta (arriva da lì oltre il 20 per cento dei ricavi), così come molti altri gruppi della moda e del lusso che avevano sperato di cavalcare l’onda del tumultuoso sviluppo del paese asiatico.
Gli ultimi dati del gruppo delle calzature, diffusi una settimana fa e riferiti ai primi nove mesi dell’anno, fotografano una situazione di vendite in leggero progresso nel complesso, a quota 787 milioni, ma in lieve calo in Cina, dove il fatturato è passato da 170 a quasi 168 milioni. I dati non sembrano avere entusiasmato gli analisti finanziari, che hanno evidenziato che ce n’è ancora di strada da percorrere prima che la Tod’s possa tornare a macinare soldi come qualche anno fa. Insomma, una situazione finanziaria decisamente meno entusiasmante di un tempo che è rispecchiata dal flusso di dividendi in arrivo dalla società di calzature.
Così, se nel 2014, nelle casse della finanziaria della famiglia Della Valle Di.Vi., che custodisce la quota di controllo della Tod’s, sono entrati 44,4 milioni di cedole, che hanno contribuito in maniera determinante all’utile di 26 milioni, nel 2015 la musica è già cambiata. Dalla società di calzature, infatti, quest’anno sono arrivati appena 33,3 milioni di dividendi. Sarà da capire se mister Tod’s riuscirà a colmare queste minori entrate con denaro in arrivo da altre sue attività. Sembra per il momento difficile che possa ottenere grandi guadagni da Rcs, la società editrice del Corriere della Sera, di cui nel complesso Della Valle ha in mano il 7,33 per cento. Complice la complessa trattativa in corso con le banche sul debito e con la spada di Damocle di un nuovo aumento di capitale da 190 milioni da realizzare nei prossimi mesi, le azioni Rcs in Borsa, proprio in questi giorni, sono affondate ai minimi storici, comprimendo il valore della quota dell’imprenditore marchigiano a poco più di 21 milioni, contro i quasi 37 di appena un anno fa.
Anche in questo caso, come per la Tod’s, è ormai lontanissima quell’estate del 2013 in cui Della Valle convocò in fretta e furia una conferenza stampa dove ventilò la possibilità di salire oltre il 20 per cento della società editoriale sfruttando l’aumento di capitale da 410 milioni di quell’anno.
L’intenzione era quella di neutralizzare il rafforzamento della Fiat di John Elkann nel salotto (un tempo) buono di Rcs. Ma nel giro di più di due anni la situazione è completamente mutata: non solo Della Valle non è mai salito oltre il 20 per cento, ma anche Elkann sembra ormai avere rivolto il proprio interesse altrove, cosa che contribuisce a rendere quanto mai incerto il futuro del gruppo del Corriere. Tra le altre partecipazioni di Della Valle in società quotate, c’è quella di quasi il 7 per cento nell’azienda delle caffettiere Bialetti, che oggi vale quasi tre milioni: poca cosa in confronto a Tod’s e anche a Rcs.
E poi ci sono le partecipazioni in società fuori dalla Borsa, tra cui spiccano quella di quasi il 100 per cento nella Fiorentina e quella in Ntv, l’azienda dei treni ad alta velocità Italo, alle prese con un processo di ristrutturazione che passa per un aumento di capitale. Entrambe le quote sono state svalutate nel bilancio del 2014 della Diego Della Valle & C., l’altra principale finanziaria di famiglia, che in questo modo ha archiviato lo scorso anno in perdita per oltre 66 milioni.
Al momento, il castello finanziario di Della Valle poggia su fondamenta meno solide di quello che la visibilità pubblica dell’imprenditore potrebbe far pensare. Sarà per cercare nuove soddisfazioni che ha deciso di scendere in politica. Nel frattempo, nel primo semestre 2015, la sua Tod’s ha chiesto a Bnl (gruppo Bnp Paribas) e Intesa Sanpaolo finanziamenti per 25 milioni a testa. La prima, in Italia, è guidata dall’amico Luigi Abete, mentre presidente della seconda è quel Giovanni Bazoli con cui spesso i rapporti sono stati tesi. Ma Della Valle, a dispetto di modi spesso ruvidi, quando vuole sa sfoderare l’arma della diplomazia. Che in politica gli sarà utile.