il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2015
Stando ai sondaggi, oggi il M5S gode di ottima salute, e vincerebbe il ballottaggio contro il Pd. Ma, se vogliono davvero candidarsi a governare l’Italia, i grillini devono dimostrarsi credibili anche in politica estera, avanzando proposte concrete e attuali anziché recriminare sul passato
Secondo gli ultimi sondaggi, il Pd vincerebbe le elezioni solo se andasse al ballottaggio col centrodestra, perché i 5Stelle rimasti esclusi si dividerebbero tra chi non va a votare e chi vota Renzi come male minore. Se invece la finalissima se la giocassero Pd e 5Stelle, vincerebbero questi ultimi, perché la maggioranza degli elettori di centrodestra che andrebbero alle urne preferirebbero il movimento di Grillo: sia per levarsi la soddisfazione di far perdere il tradizionale avversario, sia perché il M5S è “né di destra né di sinistra”, mentre il Pd incarna pur sempre (se non nei fatti, nell’immaginario forzaleghista) il centrosinistra.
Come reagisce Renzi ai sondaggi? Sulle prime ha puntato spregiudicatamente su Salvini, eleggendolo a unico avversario col giochino dei “due Matteo”, dal quale uscirà sempre e comunque vincitore, gonfiando il capo della Lega in funzione anti-Grillo con la collaborazione delle tv amiche, anzi serve. Poi però ha scoperto che l’Operazione Felpa Nord è miseramente fallita: oltre un certo zoccolo duro Salvini non può salire e, anziché prosciugare l’elettorato grillino, vampirizza quello forzista; e i 5Stelle, dati prematuramente per morti, godono ottima salute, anzi sono in costante ascesa.
Così ora il premier accentua la sua somiglianza con B., copiandogli il programma e le parole d’ordine: nuova Costituzione dell’uomo solo al comando, più contanti (cioè più nero) per tutti, via le tasse sulla prima casa anche ai ricchi, meno diritti ai lavoratori e più favori alle imprese, mano libera a chi licenzia, polemica con i magistrati più attivi, mordacchie a quel poco che resta di libera stampa, grandi opere a gogò (Tav Torino-Lione e perfino Ponte sullo Stretto) e via berlusconeggiando. Ma, così facendo, si scopre a sinistra regalando spazio e voti alla galassia delle sigle progressiste e dei fuorusciti pidini, che all’eventuale ballottaggio Pd-5Stelle voterebbero Grillo pur di fargliela pagare. E, al contempo, non sfonda nell’elettorato di destra, pietrificato nello schema novecentesco destra-sinistra e ormai più affascinato dal salvinismo (impossibile da inseguire anche per Renzi) che dal berlusconismo. Inoltre l’emorragia di parlamentari verso sinistra lo costringe a rapporti sempre più stretti e ancillari con l’Ncd-Udc e con i transfughi di Fi tenuti insieme dall’impresentabile Denis Verdini, sempre più decisivo per la sopravvivenza del governo, e non certo gratis.
Il che aumenta i maldipancia degli elettori del Pd, regalandone un bel po’ ai 5Stelle. E gli impone di garantire a Verdini&C. la rielezione. Come? Non potendo candidarli nelle liste del Pd, dovrà modificare l’Italicum per tornare alla sua versione originaria: quella che assegnava il premio di maggioranza non al primo partito, ma alla prima coalizione. Così anche una lista Verdini, magari accorpata e camuffata in quel che resta del Centro casinian-alfaniano, potrebbe giocarsi le sue chance alleandosi col Pd. Così B. potrebbe tenere insieme la sua Armata Brancaleone, presentando Fi in alleanza con la Lega (ma non in un listone ben poco digeribile dai rispettivi elettorati). E così gli unici senza coalizione, per mancanza di alleati, sarebbero i 5Stelle. Oggi la somma dei voti forza-leghisti non basterebbe a superare quelli del M5S per accedere al ballottaggio. Ma sappiamo bene in quali mani sono le televisioni e quanti consensi B. sia in grado di recuperare occupandole militarmente in campagna elettorale. A quel punto la seconda forza del Paese sarebbe fuori gioco. Bene fanno i 5Stelle ad aderire ai comitati del No alla riforma elettorale e costituzionale, senza farsi schiacciare sulla difesa dell’Italicum così com’è: chiunque favorisca, la legge elettorale è incostituzionale per l’abnorme premio di maggioranza senza tetto minimo di voti e per i capilista bloccati; si spera che la Consulta, quando sarà chiamata a pronunciarsi, si comporti come nel 2012 con il Porcellum: cioè faccia prevalere le ragioni del diritto su quelle della politica.
In ogni caso, per candidarsi a governare l’Italia, i 5Stelle devono dimostrarsi credibili fin da subito. Anche sul loro punto più debole: la politica estera. Ripetere, come fanno, che le guerre non si risolvono con le guerre e che l’Isis l’ha creata l’Occidente significa dire due verità, ma insufficienti. Se c’è uno Stato illegale fra Siria e Iraq, che per giunta arruola kamikaze per fare mattanze in tutto il mondo, bisogna anche rispondere alla domanda sul che fare oggi, a prescindere dalle colpe del passato: che farebbe oggi, di serio e di concreto, un eventuale governo a 5Stelle? Renzi, pessimo in politica interna, nella gestione del partito e della questione morale (anzi immorale, perché usata per liquidare i non allineati come Marino e per salvare i potenti e i fedelissimi come De Luca), sul caso guerra-Isis appare più credibile del M5S. Perché ha tenuto finora una linea saggia e prudente (rapporti con emiri a parte), e a quella domanda cruciale ha dato risposte ponderate e sensate. Invece l’altroieri sul blog di Grillo, mentre tutto il mondo parlava degli attentati di Parigi e dell’Isis, c’era un medico che suggeriva “più attività fisica e meno medicine”. Se i 5Stelle sono a 3-4 punti dal Pd è perché fanno opposizione, non rubano, non prendono soldi pubblici, anzi li restituiscono, non inciuciano con nessuno e si stanno affrancando dalla grillodipendenza. Ma, se non riempiono quel buco nel loro programma, al dunque la gente continuerà a scambiare il peggio per il meglio con la scusa del meno peggio.