Il Messaggero, 18 novembre 2015
Individuato il luogo dove Romani ed Etruschi combatterono la battaglia di Veio (396 a.C.). A riaffiorare per prima è stata la porta della città, intorno alla quale sono state rinvenute decine di punte di freccia in bronzo e proiettili di piombo
A riaffiorare per prime sono state le strutture possenti di una porta di 2400 anni fa che si apriva sulla cinta muraria della città di Veio, chiusa con uno “strano” doppio muro. Come se qualcuno avesse voluto sbarrare quell’ingresso per rafforzare la linea difensiva. Poi, dagli strati di terra intorno alla porta sono riemerse decine e decine di punte di freccia in bronzo, insieme a proiettili di piombo, “ghiande-missili” sparate con armi simili a fionde. Tutto lascerebbe supporre che lì, in quel determinato punto, si è davvero consumata una furiosa guerriglia. Gli archeologi della Soprintendenza del Lazio e dell’Etruria meridionale ne sono più che certi. Di fronte a loro ci sono le tracce archeologiche del leggendario assedio e della conquista. Evento epocale, che segnò l’espansione di Roma nella terra degli etruschi. Fino a oggi la caduta di Veio (dopo secoli di competizione con la Roma di Romolo), era testimoniata solo dalle fonti. Non a caso è lo storico Tito Livio a ricostruire tutta la strategia dei romani per conquistare la «città splendida», e «più grande di Atene» (secondo le cronache). Ma sono i risultati delle ultime campagne di scavo condotte a Veio insieme all’università La Sapienza (un progetto coordinato da Maria Teresa D’Alessio), a restituire la prova tangibile dei fatti narrati millenni fa. Le scoperte sono state annunciate ieri dalla Soprintendente Alfonsina Russo Tagliente. Saranno presentate sabato con una giornata speciale di visite guidate.
LA RESISTENZA
Gli scavi, iniziati circa dieci anni fa, dal 2012 si sono concentrati sul lato Nord-ovest. Sono stati riportati alla luce i resti della porta in opera quadrata di tufo, che ha subito rifacimenti databili tra VI e V secolo a.C. «Ma il cambiamento più suggestivo avviene agli inizi del IV secolo, con riferimento al 396 a.C. data che coincide con l’assedio e la caduta di Veio, quando la porta è stata sbarrata – racconta Laura D’Erme, archeologa della soprintendenza – Compaiono muri trasversali che la chiudono trasformandola in una sorta di edificio». Nel corso degli scavi «sono venute fuori settanta punte di freccia in lamina bronzea, una decina di ghiande-missili, proiettili da fionda di piombo che venivano lanciati per fiaccare la resistenza dei veienti», continua D’Erme. Come spiega lo staff della Sapienza guidato da Gilda Bartoloni e Francesca Boitani, con Folco Biagi e Sara Neri sono tra le più antiche attestazioni in Etruria relative alle guerre con Roma. A evocare la battaglia, anche ciottoli da tirare con le frombole e grossi blocchi di basalto da gettare dagli spalti delle mura sui nemici romani nella difesa di Veio.