Corriere della Sera, 18 novembre 2015
Ultime dalla domotica. Le macchine che in casa ci osservano (essendo tutte connesse) saranno presto cinquanta miliardi
Ci osservano. In silenzio. Sanno a che ora usciamo dall’ufficio e quando rincasiamo. Conoscono le nostre abitudini, anche quelle alimentari. Stanno lì in salotto, in cucina e in camera da letto. Ed elaborano. Sono le cose dell’Internet delle cose. Frigoriferi, aspirapolveri, termostati, contatori. Hanno i chip al posto degli occhi. Sono tutti connessi. E sono informatissimi.
In Italia per anni l’abbiamo chiamata domotica, una forma di robotica domestica che in pratica si riduceva a un pulsante cromato che serviva ad alzare e abbassare le tapparelle. Poi la rivoluzione digitale ha scoperchiato un vaso che oggi vale più di 600 miliardi di euro e che potrebbero diventare il doppio da qui a cinque anni. «Un grande business, a cui tutti i produttori di tecnologia stanno cercando di affacciarsi» afferma Alberto Leva, docente di Automatica al Politecnico di Milano: dai big player come Samsung, Apple o Google, concentrati nello sviluppo degli hub – mega router che dovranno gestire il traffico dati da e per gli elettrodomestici – allo sterminato mondo delle startup che sfornano dal basso applicazioni Iot ( Internet of things ) al ritmo di una catena di montaggio. E mentre le nanotecnologie cominciano a invadere l’edilizia— le mattonelle di biossido di silicio che eliminano lo smog e i vetri autopulenti in Slips ultrascivolosi come le piante carnivore – dai giardini che si autoirrigano alle porte senza serratura è corsa al nuovo oro domotico. È il caso, per restare in Italia, di Solo, app che col bluetooth elimina tutte le chiavi e i telecomandi. Di Juncker, che semplifica la raccolta differenziata riconoscendo il codice a barre dei prodotti. O di June, il forno smart che impara i tuoi gusti.
Dai sistemi di telepresenza per tenere d’occhio i più piccoli come Leluu a Beddit, un dispositivo che si aggancia al materasso e monitora la qualità del sonno, è bastato farsi un giro allo Slush, la fiera della smart economy appena conclusasi a Helsinki, per averne la conferma: la casa connessa è la nuova frontiera. A cominciare dal grande tema dei consumi energetici. A Bergamo Ab Energie ha sviluppato una serie di sensori per controllare i consumi di gas, mentre Over, spin-off della Sapienza, taglia la bolletta elettrica andando a spegnere ciò che, di giorno, non è indispensabile. «La domotica era un lusso per pochi – ragiona Leva – l’Iot invece sfrutta la potenza di calcolo che tutti abbiamo negli smartphone».
Di questo passo, in 5 anni le nostre case potrebbero essere invase dagli oggetti comunicanti: 50 miliardi di macchine a livello globale che osservano e imparano da noi, sostenuti da un enorme e costante scambio di dati. Un’infrastruttura sensibile, preziosa e, quindi, pericolosa. «La smart Tv – avverte Mikko Hyppönen, esperto di sicurezza informatica e responsabile R&D per la finlandese F-Sicure – ha una videocamera puntata sul salotto: se viene hackerata viola la privacy degli utenti più che su un Pc. Ma immaginate il caos se, in un grande palazzo, tutti i chip dei forni venissero infettati da un virus che li accende simultaneamente». Un gran pasticcio.