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 2015  novembre 18 Mercoledì calendario

A che punto è la guerra

Missili russi su Aleppo, jet francesi su Raqqa e A-10 americani contro Deir al-Zour: le due coalizioni che combattono lo Stato Islamico (Isis) intensificano gli attacchi dall’aria mentre, sul terreno, truppe siriane-iraniane si battono nella provincia di Idilib e unità peshmerga presidiano la riconquistata Sinjar. Le operazioni belliche in Siria e Iraq vanno anche oltre Isis, coinvolgono altre potenze regionali, con dimensioni tali da far parlare il re giordano Abdallah di «Terza Guerra mondiale».
 
RUSSIA
Negli ultimi 48 giorni i Sukhoi russi di base a Larnaka hanno effettuato 2300 missioni. Colpiscono nell’area di Damasco tutti i ribelli anti-Assad, nell’Ovest i jihadisti di Al Nusra, affiliata ad Al Qaeda, e nel Nord i ribelli sostenuti da Turchia, Qatar ed Arabia Saudita. Isis ne ha tratto vantaggio, guadagnando posizioni fra Aleppo, Homs e Hama. La reazione russa è arrivata con una pioggia di missili contro Isis. L’intento di Mosca è far avanzare le truppe di terra siriane, iraniane ed Hezbollah per riconquistare Idlib, cacciare i ribelli da Aleppo e consolidare Assad a Damasco. Ma le offensive di terra siriane finora si sono infrante contro i missili anti-tank Tow dei ribelli dell’«Esercito della Conquista» e di «Ahrar al-Sham», addestrata in Turchia.
 
STATI UNITI
Sono centinaia di aerei, americani ma non solo, per un totale di oltre 50 mila missioni dall’agosto 2014. Decollano dalle basi in Giordania, Emirati, Qatar, Bahrein e Turchia potendo contare anche sulle portaerei Usa. È un’armata del cielo che include Paesi arabi: Emirati, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e Giordania. Finora hanno dato la caccia ai leader di Isis, colpendo basi e centri di comando. Adesso gli Usa iniziano a bersagliare anche le cisterne di greggio per ostacolare i flussi di denaro al Califfato. Nelle basi in Giordania ci sono le truppe speciali Usa, hanno già eliminato Abu Sayyaf «ministro del Petrolio» di Isis, e sono pronte ad altri blitz. La scelta di David Cameron di far rientrare Londra nelle operazioni, non solo con i droni, è importante perché il Pentagono che si trova a dover rinunciare agli efficienti canadesi di cui il neopremier Trudeau ha annunciato il ritiro. Le uniche truppe di terra di questa coalizione sono i peshmerga curdi iracheni, che a Kobane e Sinjar hanno battuto Isis, per questo Washington vuole armare anche i curdi siriani. Andando incontro alle ire della Turchia di Erdogan.
 
 
FRANCIA
Rafale e Mirage 2000 da 48 ore bombardano Raqqa. Sono attacchi ad ondate su obiettivi Isis selezionati con gli Usa. L’intenzione dei comandi francesi è di assumere la guida delle operazioni della coalizione contro la capitale del Califfato. Parigi si ritaglia un suo fronte di operazioni, con il sostegno di Giordania ed Emirati dove ha le basi. L’arrivo della squadra navale della portaerei De Gaulle suggerisce un impiego di lungo termine. Ed una suddivisione di zone di intervento con Washington e Russia che può portare alla creazione di rispettive zone d’influenza nel dopo-Bashar Assad.
 
IRAN
Con oltre 1000 Guardiani della rivoluzione, 5000 Hezbollah libanesi e 15 mila miliziani sciiti il generale iraniano Qassem Soleimani guida il più consistente contingente di terra fra Siria e Iraq. Teheran usa i propri uomini come fanteria d’assalto contro le roccaforti ribelli, Isis e non, a Idblib, Latakia, Homs, Hama e Damasco. Per questo subisce perdite: almeno 4 alti ufficiali nell’ultimo mese, 29 soldati in 14 giorni. È un prezzo alto che l’Iran paga per sedere a pieno titolo nel gruppo di potenze che ridisegneranno l’intera regione.
 
TURCHIA
Almeno 12 mila soldati turchi sono ai confini con la Siria. Aspettano l’ordine di entrare per creare una «fly zone» dove ospitare i rifugiati. Ankara lo presenta come un passo anti-Isis ma ciò che più le preme è ostacolare i guerriglieri curdi in Siria ed Iraq, affinché non formino un’unica regione autonoma. Per impedirlo Ankara è pronta all’invasione. I raid aerei turchi contro Isis si contano sulle dita di una mano: decollati per colpire il Califfo, arrivano a destinazione contro le basi dei curdi. È un corto circuito che indebolisce la coalizione.
 
PAESI SUNNITI
Arabia Saudita e Turchia armano i ribelli che ostacolano i russi in Siria. In Yemen, Riad guida una vasta coalizione sunnita che sta obbligando i ribelli houthi alla ritirata. E in Libia l’Egitto assieme agli Emirati sostiene le truppe di Tobruk usando i raid contro Isis a Sirte. I Paesi sunniti dispongono di forze militari consistenti ed efficienti. Ma esitano a usarle in Siria.