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 2015  novembre 18 Mercoledì calendario

Pioggia di bombe russe su Raqqa. L’incrociatore Moskva in aiuto dei francesi

La frase della svolta, Vladimir Putin, l’ha pronunciata ieri pomeriggio dalla sala operativa del ministero della Difesa a Mosca. Parlando via radio con il comandante dell’incrociatore Moskva, l’ammiraglia della flotta che dal Mediterraneo protegge le installazioni russe in Siria, il leader del Cremlino ha detto: «Un gruppo navale francese, guidato dalla portaerei Charles De Gaulle, sta arrivando nella sua zona di operazioni. Lei deve mettersi in contatto con i comandi e cooperare con loro come alleati».
Poche ore prima i Tupolev a lungo raggio dell’aviazione di Mosca avevano scatenato uno dei più letali attacchi aerei dall’inizio delle operazioni, bombardando Raqqa, roccaforte dell’Isis, colpita contemporaneamente da una pioggia di missili da crociera, lanciati da un sottomarino russo.
Nel giorno in cui riconosce anche lui che il charter della Metrojet con a bordo 224 turisti russi è stato abbattuto nei cieli del Sinai da una bomba messa nella carlinga da terroristi, Putin fa compiere un drammatico salto di qualità, militare e politica, all’intervento in Siria.
È stato il capo dell’intelligence federale, Alexander Bortnikov ad ammettere per la prima volta, lunedì notte, quello che tutti sospettavano: «È stato un atto terroristico. Un ordigno artigianale è stato fatto esplodere poco dopo il decollo dell’aereo da Sharm el Sheikh». Bortnikov ha spiegato che la bomba conteneva almeno un chilo di TNT e che tracce di esplosivo non prodotto in Russia sono state trovate sulle lamiere e in numerosi oggetti recuperati sul luogo del disastro. Una ricompensa di 50 milioni di dollari è stata promessa a chiunque fornirà alle autorità moscovite informazioni utili alla cattura dei responsabili.
Putin ha reagito scegliendo toni forti e uno scenario spettacolare: «Non è la prima volta che la Russia deve confrontarsi con crimini così barbari. E le lacrime scorreranno per sempre nei nostri cuori e nelle nostre anime. Ma questo non ci fermerà dal dare la caccia ai colpevoli. Li cercheremo ovunque, li troveremo in qualunque posto del mondo si nasconderanno e li puniremo». Ed ha aggiunto: «La nostra azione militare in Siria non solo proseguirà, ma verrà rafforzata, in modo che i criminali capiscano che la punizione è inevitabile».
In quel momento, 25 bombardieri a lungo raggio Tupolev erano già in volo da diverse ore, diretti sopra Raqqa. Guidati da una decina di satelliti, in due ondate, hanno compiuto 127 missioni, colpendo 206 obiettivi. Per la prima volta anche un sommergibile, il Rostov-na-Donu, ha partecipato alle operazioni, lanciando 34 missili cruise contro una dozzina di bersagli a Raqqa, Aleppo e Idlib. Nulla è stato lasciato al caso. A Washington un funzionario del Pentagono ha confermato che Mosca ha avvertito in anticipo i comandi americani dei raid, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza concordati tra Russia e Stati Uniti in ottobre.
Il colloquio di Putin con il comandante della Moskva è stato mandato in diretta televisiva, con una scena da film di James Bond. Seduto accanto al ministro Shoigu nel Centro Operativo per la Difesa Nazionale, con la parete alle spalle coperta da una mappa luminosa della Siria, il presidente russo ha definito i francesi «alleati». Ed è uno sviluppo imprevedibile e paradossale, quello della marina russa che assiste le navi francesi nel Mediterraneo, a pochi mesi dalla decisione di Parigi di cancellare la vendita a Mosca delle due porta-elicotteri d’assalto della classe Mistral, già pronte per la consegna, a causa delle sanzioni per l’Ucraina.
Ma è l’intera dinamica strategica della lotta all’Isis e non solo di quella a cambiare radicalmente, in conseguenza degli attentati di Parigi. Senza la Russia non c’è lotta al Califfato, né pace possibile in Siria. L’uomo del Cremlino è di nuovo «salonfaehig», socialmente accettabile. Ieri, prima dei raid, Putin ha parlato al telefono con il presidente francese Hollande, che il 26 sarà a Mosca, di ritorno da Washington, per concordare i prossimi passi della guerra contro lo Stato islamico. Resta tutto da vedere dove possa portare la fine dell’isolamento e se lo Zar riuscirà, con i suoi comportamenti, a convincere i nuovi «alleati» ad allentare la morsa delle sanzioni. Ma oggi, il nemico è comune.