Corriere della Sera, 16 ottobre 2015
Per proteggere Falcone e Borsellino, Caponnetto li chiuse nel carcere di massima sicurezza dell’Asinara. Nel film (Era d’estate, di Fiorella Infascelli) i due sono interpretati da Massimo Popolizio e Beppe Fiorello
ROMA Mentre aprono i ricci di mare, parlando sugli scogli del più e del meno, Falcone e Borsellino d’improvviso si mettono a parlare di morte, o meglio dell’idea della morte, «come te la immagini, come una cosa dolorosa, fisica? Magari sarà semplice come respirare». Era d’estate, il film di Fiorella Infascelli, con Massimo Popolizio e Beppe Fiorello, in realtà non parla di questo, ma di un’estate che i due giudici trascorsero insieme, sette anni prima del duplice attentato che costò loro la vita. Una vacanza «coatta» all’Asinara. Il film (alla sceneggiatura ha collaborato Silvia Napolitano, figlia del presidente emerito Giorgio Napolitano) è la preapertura della Festa di Roma, al via oggi con Truth.
Antonino Caponnetto, l’uomo che guidava il pool antimafia, il 13 agosto 1985 fece prelevare Falcone e Borsellino con i loro cari per trasportarli su un aereo militare nell’isola che ospitava un carcere di massima sicurezza. «Tutto ci saremmo aspettati tranne che di finire in carcere», commentarono i due giudici. «Ci sono altri due paradossi – dice Popolizio che interpreta Falcone —, il primo è che la cella del capo della camorra Raffaele Cutolo si trovasse a 200 metri dalla foresteria in cui i due giudici vissero per quasi un mese; l’altro è che dovettero pagare il conto allo Stato, come se stessero in albergo». L’Asinara era il luogo più sicuro per salvargli la vita: dalle sbarre dell’Ucciardone trapelò la notizia di un attentato. Dopo sei mesi, nel febbraio 1986, a Palermo sarebbe cominciato il maxi processo a Cosa Nostra.
Il film è pieno di sentimenti diversi, il coraggio, la paura, il senso di isolamento («mezzo Parlamento ci è contro...») e i momenti felici. C’è il principio di anoressia di Lucia, la figlia di Borsellino; c’è una delle bellissime lettere che il generale Dalla Chiesa mandava alla moglie morta, quando lui si era rifatto una vita, in cui svelava la solitudine e le promesse di garanzie e sostegno dallo Stato che non arrivarono mai; c’è la leggerezza e il piacere delle nuotate; «c’è una vita privata, dolce e inquieta, dietro questi eroi della Storia, in quello strano interludio estivo della loro vita», dice Popolizio parafrasando O’Neill.
I due erano amici ma non si frequentavano. Si volevano bene, erano diversi, nel film, semplificando le cose, si dice: Borsellino era di destra e gli piaceva John Wayne; Falcone era di sinistra e tifava per gli indiani. Borsellino sapeva a memoria Dante e Shakespeare, Falcone collezionava papere e amava dire freddure, ma era lui l’«intellettuale». Una bella battuta è quella del barista dell’Asinara che scambia i due giudici e dice a Falcone: «Ma lei è il giudice Borsellino». E lui: «Non completamente».