7 settembre 2015
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Biografia di Messina Piero
• Caltagirone 30 aprile 1981. Regista. Film d’esordio L’attesa, con Juliette Binoche, in concorso al Festival di Venezia 2015. Già assistente alla regia di Paolo Sorrentino in This must be the place e La grande bellezza.
• Dopo la laurea al Dams di Roma (tesi sul cinema di Aleksandr Sokurov) e il diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Cinecittà, ha realizzato diversi cortometraggi, tra cui Stidda ca curri (2004, vincitore del Festival di Taormina), Terra (2011, presentato al Festival di Cannes) e La prima legge di Newton (2012, menzione speciale al Festival di Roma). Ha lavorato per la serie di documentari di Sky Arte Capolavori svelati, realizzato un corto pubblicitario con Paolo Sorrentino protagonista all’interno del progetto di Giorgio Armani “Films of City Frames”, diretto il video dei Negramaro Attenta (2015) ecc.
• «Adolescente filmavo i miei amici a Caltagirone, ma senza pretese. A 18 anni ho girato Stidda ca curri, “stella che corri”». Fu Paolo Sorrentino a premiato a Toarmina. «Mi ha detto che non pensava fossi così giovane. È nato un bel rapporto. Condividiamo l’idea di un cinema fatto essenzialmente di immagini» (ad Arianna Finos).
• «Ne L’attesa (prodotto per Indigo da Nicola Giuliano, Francesca Cima e Carlotta Calori) come nota acutamente Variety che unitamente a Screen international ha incensato il film: “Ogni cosa è volutamente ambigua”. Nel paese che deifica e poi abbatte statue al sempre alimentato ritmo dell’invidia, “sorrentinismo”, curiosamente, è già diventato un aggettivo al limitare dell’insulto. Così Piero Messina che di Paolo Sorrentino è stato assistente, è accusato dai detrattori di avere esagerato con le citazioni del mentore, con i virtuosismi e con gli effetti speciali: “Questi nuovi registi non hanno più fiducia nella realtà, è tutto saturato, dai colori, al racconto, alla recitazione” si dicono autoconvincendosi zazzeruti cinefili all’uscita della proiezione del mattino e magnificato da chi invece, nella sua sottrazione costante, nel suo monumento eretto al valore del silenzio e nel suo procedere senza fretta alla ricerca di una soluzione, vede una cifra stilistica originale, coraggiosa e innovativa. Due partiti divisi su tutto. Chi grida al capolavoro e chi alla boiata perché di voglia di gogna, a Venezia, non si è mai sazi. Chi accetta di stare al gioco e si fa trasportare in una sfera musicale e visiva ipnotica e inquietante arrivando a commuoversi nel notevole finale e chi rifiuta in toto l’assunto perché considera insincero e posticcio ogni singolo fotogramma. Ne L’attesa non tutto è perfetto, c’è qualche eccesso di simbolismo, ma gli ultimi 20 minuti emozionano davvero» (Malcom Pagani).
• «Giocato tutto sul pittoricismo delle inquadrature e sull’imperscrutabilità della natura, il film vorrebbe scavare nell’impossibilità di elaborare un lutto che annebbia anche il senso della realtà. Ma l’esilità dello spunto (mai affrontato dal punto di vista psicologico ma solo da quello impressionistico) finisce per obbligare il regista a interminabili primi piani e a vuote immagini “poetiche”, che dovrebbero parlare da sole e invece ottengono solo di rendere inerte un film troppo compiaciuto di sé» (Paolo Mereghetti su L’attesa).
• Anche musicista, suona il pianoforte, la chitarra e la tromba. «Suono tutto male, ma ogni giorno. Ora anche con il mio bimbo di due anni: gli ho regalato una batteria, per la gioia di sua madre...».
• Dalla compagna Roberta, insegnante, ha avuto un figlio, Elia, e un secondo è in arrivo.