il Giornale, 13 novembre 2013
Biografia di don Margotti, prete, giornalista e uomo politico Biografia di Giacomo Margotti
Il clima di un’unità politica italiana fatta contro la Chiesa lo si misura dal fatto che la salma di Pio IX poté essere sepolta solo tre anni dopo la morte e di notte, il 13 luglio 1881. Malgrado le precauzioni, il corteo funebre fu assalito dai “liberali” che volevano gettare la bara nel Tevere, e ci furono feriti. Ora, se volete una cronaca dettagliata e documentatissima degli anni cruciali che vanno dal 1856 al 1866, non vi resta che leggere i tomi di uno che c’era, e in prima fila: don Giacomo Margotti. Sanremese trapiantato a Torino, Margotti (1823-1887), prima di scrivere le Memorie per la storia de’ nostri tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 ai nostri giorni ( il primo dei sei volumi uscì nel 1863), era stato caporedattore del quotidiano torinese L’Armonia (della religione con la civiltà) e poi, dal 1863, direttore dell’ Unità cattolica. Naturalmente, e alla faccia della libertà di stampa sancita dall’art. 28 dello Statuto, i due giornali furono più volte sospesi, sequestrati, multati dalle autorità piemontesi e poi italiane. Il battagliero sacerdote-giornalista ne era l’anima e qualcuno provò anche a farlo fuori: una sera del 1856, mentre rincasava, fu aggredito alle spalle. Ma il Nostro non demorse, anzi. Nel 1857 si tennero le prime elezioni dopo la soppressione degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti (giudicati d’ufficio «inutili» dal laicismo governativo) e, sorpresa, gli eletti cattolici raddoppiarono di numero. Tra essi, e in prima fila, c’era don Margotti. Cavour risolse il problema invalidando le elezioni dei «clericali».
Da allora, il nostro Paese non ha mai smesso di essere rappresentato in questa fotografia. Fin dal 1855, del resto, Cavour l’aveva detto chiaramente. Il 22 maggio di quell’anno, mentre illustrava al Senato subalpino la legge di soppressione degli ordini religiosi, aggiungeva che «l’opinione pubblica» era dalla sua. Per lui, infatti, «l’opinione pubblica» era quello scarso 2% di aventi diritto al voto. E, perciò, aventi anche il diritto di decidere delle sorti del restante 98%. Don Margotti capì l’antifona e alle prime elezioni del Regno d’Italia nel 1861 lanciò la formula «né eletti né elettori», che venne subito fatta propria dai cattolici e, qualche anno dopo, dallo stesso papa Pio IX col Non expedit. Ora le ormai introvabili Memorie di don Margotti rivedono la luce per le edizioni Ares, che le propongono in ristampa anastatica in tre tomi, curati da Angela Pellicciari, per 1200 pagine complessive. Margotti ne scrisse 2282 e vi assemblò anche documenti originali (circolari, dati statistici ed economici...). Non trascurando l’aspetto forse più grottesco: i vescovi e i preti incarcerati per non aver voluto intonare il Te Deum a maggior gloria del nuovo regime.