CorrierEconomia, 18 giugno 2012
Una scritta che si legge a destra anziché a sinistra
Ogni collezionista sogna di scoprire un tesoro nascosto sotto una crosta. A volte, se si dispone di una buona dose di fortuna e al tempo stesso di una vista aguzza, il sogno può trasformarsi in realtà. Che è poi quello che è successo a sei (qualcuno dice sette) fortunati che in tempi e luoghi diversi esaminando la corrispondenza hanno individuato un’anomalia, sfuggita a tutti, presente in uno dei tre pezzi da 120 lire chiamati a celebrare, nel 1978, la ventesima edizione della Giornata del francobollo che aveva come filo conduttore l’Europa unita. Dieci milioni di esemplari stampati con quotazione di pochi centesimi. Non per tutti.
A far schizzare verso l’alto la quotazione dell’esemplare firmato dalla chietina Silvia Colazilli è la scritta «XX Giornata del francobollo» che, per le bizze di un perforatore, si legge a destra anziché a sinistra. Impossibile conoscere il numero degli esemplari prodotti con la scritta a destra, alcuni dei quali potrebbero ancora essere appiccicati su qualche cartolina dimenticata in un cassetto. È così, infatti, che i pochi esemplari conosciuti (nessuno allo stato di nuovo) sono stati rinvenuti. Compreso quello che da Bolaffi è stato battuto per 19.000 euro, con un guadagno di 4.000 euro sulla stima.
Non si è invece schiodata dalla base di 12.000 euro la variante del 70 lire Uit del 1965, con i ritratti di Antonio Meucci e di Guglielmo Marconi che presenta la scritta in rosso «Unione internazionale telecomunicazioni» fortemente spostata (circa 100 i pezzi con questo errore). E sì che si trattava di un lotto particolarmente affascinante.
Nell’Ottocento, quando ancora il perforatore non era stato realizzato e i singoli francobolli venivano separati usando delle taglienti forbici, capitava che si sbagliasse la scelta del colore con il quale stampare. Nel breve tempo (febbraio 1861 – ottobre 1862) in cui le Province napoletane (i compartimenti postali di Bari, Chieti. Cosenza e Napoli) usarono francobolli col ritratto in cammeo di Vittorio Emanuele II ma con il valore espresso ancora con la moneta borbonica, almeno in tre casi lo stampatore inciampò in tinte diverse rispetto alla norma. Imprimendo il mezzo tornese e il 2 grana in nero, anziché, rispettivamente, in verde e in azzurro chiaro e il 50 grana in celeste in luogo del grigio perla.
Ferma restando l’indubbia rarità di questi reperti, anche qui a «fare» la quotazione è la qualità. Al mezzo grana nero recuperato da una lettera che contribuì a far recapitare, il catalogo Sassone attribuisce la generosa quotazione che va da un minimo di 65.000 ad un massimo di 260.000 euro. In incanto Bolaffi ha spuntato la più realistica somma di 16.000 euro. A sua volta un esemplare non perfettamente conservato del 2 grana, anch’esso nero e anch’esso recuperato da una lettera, non è riuscito ad andare oltre i 10.000 euro della base.