Corriere della Sera, 7 novembre 2010
Breve storia della servitù della gleba
Quando e perché si vennero a formare i latifondi della nobiltà feudale in Russia? E nei latifondi quali erano i rapporti fra il nobile proprietario e il servo contadino sia a livello giuridico sia di fatto, alla vigilia della rivoluzione? Non conoscevo l’ antica comune contadina della tradizione slava e mi piacerebbe conoscere se e quando il latifondo della nobiltà è apparso nella realtà storica russa.
Mario Borracelli
mario.borracelli@ libero.it
Caro Borracelli, il regime della terra in Russia è strettamente legato alla storia del potere imperiale. Per consolidare la propria autorità contro i boiari e presidiare con maggiore efficacia le regioni di confine, i primi zar assegnavano terre statali ai nobili di corte da cui erano stati più fedelmente serviti. Lo zar continuava a esserne proprietario, ma il nobile poteva sfruttare a suo profitto il bene di cui aveva acquistato il possesso. I contadini, in una prima fase, furono per molti aspetti degli affittuari. Il padrone prestava denaro o forniva strumenti agricoli e il contadino s’ impegnava a pagare un canone e ad assicurare quei servizi che nel diritto feudale europeo andavano sotto il nome di corvée. Ma il canone esoso, la cattiva stagione, il raccolto scadente, le guerre e le carestie fecero del contadino, molto rapidamente, un debitore legato alla terra e al suo padrone da un rapporto servile. Non esiste, secondo lo storico Nicholas Riasanovsky, un documento legale da cui si possa far decorrere l’ inizio della servitù della gleba. Esistono tuttavia numerosi provvedimenti legislativi che danno per scontata l’ esistenza del rapporto servile e limitano ulteriormente la libertà del contadino. È stato osservato che la servitù (che non è, si badi, schiavitù) arriva nella Russia zarista con un considerevole ritardo rispetto all’ apparizione dello stesso fenomeno nell’ Europa centro-occidentale, e dura molto più lungamente. Il sistema fu messo a dura prova, all’ epoca della Grande Caterina, da quella straordinaria ondata di rivolte popolari che si abbatté sul sistema zarista nell’ autunno del 1773 sotto la guida di un cosacco del Don, Emeljan Ivanovic Pugaciov, che si proclamò zar con il nome di Pietro III e riuscì a raccogliere nelle sue file per qualche mese tutti i malcontenti e i reietti della società russa. I combattimenti durarono sino alla fine dell’ anno seguente e Pugaciov venne decapitato e squartato sulla piazza Rossa. Potrà ritrovare il clima di quelle vicende, caro Borracelli, in uno romanzo breve di Aleksandr Puskin, «La figlia del capitano», da cui furono tratti due film italiani con Amedeo Nazzari: il primo di Mario di Camerini nel 1947, il secondo di Leonardo Cortese nel 1965. La rivolta ebbe l’ effetto di «normalizzare» il regime terriero russo. Caterina II fu una intelligente modernizzatrice, ma il timore di nuove rivolte popolari la indusse a promuovere riforme che trasformavano il possesso dei nobili in proprietà e confermavano il rapporto servile del contadino con il proprietario. Per l’ abolizione della servitù della gleba occorrerà attendere la legge di emancipazione firmata da Alessandro II il 3 marzo 1861.