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 1861  marzo 18 calendario

Non serve un Conservatorio a Torino

Il municipio di Torino ha incaricato una commissione di stendere un progetto di scuole musicali. Il municipio, a nostro avviso, dovrebbe limitarsi a istituire due scuole, l’una di cori e l’altra di strumenti d’arco (...). Però ci vien detto che la Commissione non intenda restringere entro tale spazio il suo lavoro e voglia presentare nientemeno che il progetto di un Conservatorio torinese. Se così sta la cosa, nutriamo grave timore che non si giunga ad alcun pratico risultato (...). Forse la Commissione spera che il governo voglia contribuire per una parte rilevante alla fondazione e al mantenimento del nuovo conservatorio? Non sappiamo che cosa pensi il governo in proposito; se diamo un’occhiata al passato siamo costretti a credere il contrario. Ministero e Parlamento sono sempre andati mirabilmente d’accordo nel negare all’arte musicale e all’arte drammatica quei sussidi e quella protezione che non si negarono mai  agli altri rami dello scibile umano (...).
Abbiamo in Italia due Conservatorii, quello di Napoli e quello di Milano. Sì l’uno che l’altro hanno bisogno di grandi riforme, che qui non è il luogo di enumerare. Ma per la loro posizione alle due estremità d’Italia, per le città nelle quali hanno sede, ricche entrambe di tradizioni e di glorie musicali, possono rispondere ad esuberanza ai bisogni dello stato italiano. Se il governo fosse disposto a far qualche cosa a pro della musica, noi lo consiglieremmo a ridonare l’antico splendore a questi due stabilimenti (...).
E quando il governo avesse largamente provveduto all’incremento di questi due Conservatorii, molte altre cose potrebbe fare prima di pensare a stabilire un nuovo Conservatorio a Torino. Migliorare le condizioni dei maestri esordienti, dar doti sufficienti a quei teatri della penisola che, come la Scala e il San Carlo, occupano un posto distinto nella storia dell’arte e furono culla di tutti i più celebrati lavori musicali della scuola italiana. (...) Un nuovo Conservatorio a Torino sarebbe uno spreco del denaro pubblico.
Se il municipio vuol procurare a quelli fra i suoi amministrati, che vi si dimostrano atti, i mezzi di intraprendere la carriera musicale, sia come compositori, sia come esecutori, nulla si oppone a che, venendosi ad una radicale riforma dei Conservatorii di Napoli e di Milano, ad esso sia lecito di fondare nei medesimi parecchi posti gratuiti per i giovani torinesi. Sarà sempre questa una spesa di molto inferiore a quella che si domanda per il Conservatorio.
(L’utilità, la necessità delle scuole di cori e strumenti ad arco) è dettata dalla misera condizione del teatro Regio, condizione a cui si dovrebbe badare dal municipio il quale ora spende per queste scene somme egregie senza alcun risultato. Le esecuzioni del Ballo in maschera e degli Ugonotti provano l’urgenza di rifornire il corpo dei coristi e la schiera degli strumenti d’arco nell’orchestra. E se il municipio volesse realmente dare qualche importanza dal lato musicale a Torino, dovrebbe studiar il modo d’impiegar meglio la somma che spende pel teatro Regio, la quale ora ad altro non serve che a pagare due o tre celebrità artistiche attorniate da un complesso di mediocrità (...).
Altre volte abbiamo chiesto per l’arte musicale a Torino più di ciò che chiediamo adesso; ma allora si trattava di una paese qual era il Piemonte, isolato dalle altre provincie italiane. Ora facciamo parte di una grande famiglia e siamo uniti alla maggior parte della penisola. È dunque naturale che anziché voler creare in Torino qualche cosa dal nulla si pensi a sviluppare i germi che esistono altrove.