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 2014  luglio 11 Venerdì calendario

Un busto di Carlotta Marchionni

L’ATTRICE RIEMERSA DALL’ABISSO DEL TEMPO –
Fortuna e destino. Ovvero una felice coincidenza mi consentirono, anni fa, di sapere tutto su una bella testa di terracotta proveniente dall’abisso del tempo, anonima per soggetto e per autore.
Evidente è il collegamento con la plastica di Canova e di Bartolini. Tutto cominciò molti anni fa, in un incontro romano con il regista Giulio Macchi, da me frequentato a Venezia sul finire degli anni 70, anche per la disponibilità di un’architettura miracolosa. Giulio abitava, infatti, a Venezia, nella “Casa dei Tre oci”, architettura eclettica, concepita da Mario De Maria, meglio noto come Marius Pictor, amico di D’Annunzio. La denominazione viene dalle tre grandi finestre, come tre occhi, puntati dall’isola della Giudecca verso il bacino di San Marco in una prospettiva ideale concorrente con quella delle tre chiese, San Giorgio, Zitelle e Redentore, concepite sullo stesso fronte da Palladio.
Oltre ai capolavori del grande architetto, la Casa dei Tre oci è l’unica emergenza che cattura l’attenzione. In quella casa meravigliosa, oggi acquisita dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia, molte furono le occasioni e molti gli incontri. All’interno dominavano più che i quadri tardo simbolisti di Marius, quelli del figlio Astolfo, pittore visionario e magico, che pure dipinse, in gusto arcaico, per Gabriele D’Annunzio al Vittoriale.
Astolfo, morto tragicamente, per l’incendio di una stufa, proprio nella Casa dei Tre oci nel 1946, era il primo marito di Adele, che poi sposò Giulio Macchi. È una storia apparentemente intricata, che gira intorno a un uomo di grande intelligenza e sensibilità, grazie al quale  si è conservata la memoria di una dinastia di artisti di origine bolognese.
Oltre al bizzarro e inquietante Astolfo e al più noto Mario, la famiglia s’illustra anche del capostipite, lo scultore Giacomo, rara figura di artista della Bologna di fine ’700 e di primo ’800.
Benedetto dal sommo. Giacomo De Maria è stato il più importante scultore neoclassico della grande città emiliana. Fu allievo di Domenico Piò all’Accademia Clementina e, a partire dal 1787 (era nato nel 1762), fu a Roma per studiare la statuaria antica e conoscere Antonio Canova. Con la benedizione del sommo scultore, Giacomo, rientrato a Bologna, fu nominato professore di scultura all’Accademia di Belle Arti, dove resterà dal 1804 al 1831. A Bologna lavorò a Palazzo Hercolani e in Villa Aldini, e soprattutto nella Certosa per numerose tombe, tra le quali quella per la famiglia Caprara, dove si esibisce una celebre Velata, di virtuosa esecuzione, in marmo.
De Maria lavorò anche a Ferrara, Milano e Ancona. E, specializzandosi nell’arte funeraria, produsse alcuni vibranti ritratti, tra i quali quello del pittore Gaetano Gandolfi.
Per evidenze fisiognomiche e cronologiche, la testa che abbiamo di fronte può essere situabile all’inizio del terzo decennio. Convinzione cui fu agevole giungere quando, entrato nella casa romana di Macchi, vidi numerosi gessi del dimenticato scultore che, se si esclude la protezione di Canova, non ebbe la fortuna del rapporto con chi ne inventò persino il nome, come toccò a Marius Pictor con D’Annunzio.
Giacomo mi appariva in notevoli gessi, bozzetti e prove per monumenti. Ma, fra le altre sculture, vidi il busto completo che rimandava alla testa per me fin allora anonima. Lo scultore era dunque Giacomo De Maria, ma la fortuna mi dava anche un’altra informazione: la donna ritratta era la celebre attrice Carlotta Marchionni (nata a Pescia nel 1796, morta a Torino nel 1861), come si può leggere su un nastro che tiene stretta la veste sul busto.
La Marchionni fu una delle attrici italiane più celebri del primo ’800. Nel 1822, all’età che mostra nella scultura, divenne prima attrice assoluta per la commedia, il dramma e la tragedia, nella Compagnia Reale Sarda al Teatro Carignano di Torino. Interpretò, tra gli altri, Goldoni e Alfieri, ammirata da Madame de Staël, Byron, Rossini, Stendhal.
Corrispondente al tempo della testa in terracotta, abbiamo anche il suo profilo in una medaglia proprio del 1822.
Quando tanti elementi s’incrociano, il piacere della scoperta di una bella opera cala le sue radici nella storia.