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 2010  ottobre 20 Mercoledì calendario

Storia delle matite

Ogni anno ciascuno dei quasi 7 miliardi di abitanti del pianeta acquista due matite.
Nel mondo ogni anno si fabbricano tra i 15 e i 20 miliardi di matite.
In Italia le vendite di matite sono l’11,9% del totale dei prodotti di scrittura. La metà è destinata agli studenti.
È del 1920 la prima matita di marca Fila (che sta per Fabbrica Italiana Lapis ed Affini, fondata da alcuni nobili fiorentini). Oggi l’azienda ha 15 filiali e oltre 2.500 dipendenti e nel 2009 ha venduto in tutto il mondo più di 2 miliardi e 400mila matite e pastelli. Entro la fine di quest’anno il gruppo, che realizza all’estero l’80% del fatturato, raggiungerà 210 milioni di euro con un più 10% rispetto al 2009.
Vendite in crescita (+6% nel 2009) anche per la tedesca Faber-Castell (la casa madre è nei pressi di Norimberga). Ogni anno produce due miliardi di matite.
Già nel sedicesimo secolo si usavano oggetti simili alle matite: in un libro del naturalista e teologo svizzero Konrad Gessner, datato 1565, è stata trovata la descrizione di un piccolo pezzo di grafite con la punta intagliata. Le prime matite erano costituite da pezzi di grafite avvolti in panni o pelli. La più antica matita, uguale a quelle in uso ancora oggi, risale al 1630 ed è stata trovata circa un secolo fa durante i lavori di restauro in una vecchia casa tedesca: realizzata in legno di cedro, era sopra una trave del tetto, forse dimenticata da un carpentiere durante la costruzione dell’edificio.
La parola “matita” deriva dal latino “lapis hematitas”, la pietra di ematite con cui i latini chiamavano i pezzi di ossido di ferro usati dagli antichi per incidere le rocce.
Nel 1564 a Borrowdale, nel nord dell’Inghilterra, fu trovato un grande giacimento pieno di un minerale grigio che, se sfregato su una superficie, lasciava delle linee scure (gli abitanti del luogo lo utilizzavano per marchiare le pecore). Per questa sua caratteristica il chimico tedesco A. G. Werner gli diede il nome di “grafite”, dal greco “gràfein” che vuol dire “scrivere”.
La grafite è composta di carbonio, si presenta in scaglie untuose di colore grigio-nero. Giacimenti sono soprattutto in Siberia, mentre in Italia notevoli depositi sono in Val Pellice e in Val Chisone, in Piemonte. Grazie alla sua conducibilità elettrica, è usata nella costruzione di elettrodi. Per la resistenza agli sbalzi termici è impiegata anche come materiale refrattario (perfino nei reattori nucleari). Può anche essere prodotta artificialmente partendo dal carbon coke, dal carbone vegetale e dall’antracite.
Si deve ad alcuni ricercatori francesi l’idea di usare la gomma estratta dal caucciù per cancellare i tratti delle matite. In precedenza, venivano usate le briciole di pane.
In America quasi tutte le matite prodotte hanno la gomma per cancellare, mentre in Europa si usano di più quelle senza.
Il primo brevetto di una matita con gomma da cancellare applicata in cima è del 1858: fu rilasciato a Hymen Lipman, statunitense di Philadelphia.
Nel 1861, a New York, Eberhard Faber mise in piedi la prima fabbrica di matite per produzione su larga scala.
Una matita moderna è composta da due elementi: un cilindo di legno e una mina di grafite all’interno. Per ottenere la mina si mescolano polvere di grafite, acqua e argilla. Grazie a una specie di siringa l’impasto viene trasformato in bastoncini sottili essiccati e cotti a una temperatura di circa 1.200°C. L’assemblaggio delle matite ricorda la preparazione di un panino. Il primo strato di pane è costituito da particolari tavolette di legno, spesse la metà rispetto al diametro finale della matita, in cui si praticano le scanalature destinate ad ospitare le mine. Collocata la grafite, il panino viene terminato incollando una seconda tavoletta di legno. Una macchina taglia le tavolette con i tubicini di grafite, conferendo loro l’aspetto di matite esagonali o circolari. Chiudono il procedimento la verniciatura e l’eventuale applicazione della gomma. (clic per vedere un video sulla fabbricazione delle matite).
Nelle matite colorate un’argilla chiamata caolino viene mescolata alla cera e a pigmenti sintetici o naturali.
A seconda della quantità di argilla impastata con la grafite, si possono ottenere mine più dure (più argilla) o più morbide (meno argilla), che lasciano segni di colore diverso (le seconde sono più scure). La scala europea di classificazione è formata da tre lettere: H, F e B. H (“hard”) indica una matita dura (il grado di durezza è dato dal numero a fianco della lettera H). F indica una matita fine, di media durezza, e non ha classificazioni numeriche. B indica il colore (“black”): più il numero a fianco della lettera B è alto, più il colore sarà tendente al nero e la mina morbida. Il sistema di classificazione anglosassone ha una scala composta solo da numeri, che corrispondono a: 1=B; 2=HB; 2?=F; 3=H; 4=2H.
Il legno delle matite più pregiate viene ricavato dal cedro rosso o dal ginepro, mentre le matite più comuni sono fatte di legno di ontano o di tiglio.
La matita faceva parte dell’equipaggiamento base dei soldati della Guerra di secessione americana (1861-1865).
Allo statunitense Armand Hammer fu concesso il monopolio della fabbricazione di matite in Russia dopo la rivoluzione del 1917.
Nel 1905 il conte tedesco Alexander von Faber-Castell ideò le matite dalla forma esagonale per impedire che rotolando scivolassero dal tavolo.
Benjamin Franklin era solito inserire pubblicità di matite sulla Pennsylvania Gazette, giornale di cui fu editore.
Il legno delle matite è solitamente di colore giallo in omaggio alla Cina. Alla fine del XIX secolo la grafite più pregiata arrivava da quel Paese e i produttori di matite scelsero di colorarle di giallo proprio per indicare che i loro articoli erano fatti con la migliore materia prima: in Cina il giallo è il colore della regalità e del rispetto.
Una matita può disegnare una linea lunga all’incirca 56 chilometri o scrivere una media di 45.000 parole.
La matita può scrivere anche in assenza di gravità e per questo venne adottata nelle prime missioni spaziali statunitense e sovietiche. La grafite, però, ha un’elevata conducibilità elettrica ed è altamente infiammabile. In seguito all’incendio dell’Apollo 1 in cui morirono tre astronauti (1967), la Nasa per evitare rischi preferì adottare una speciale penna pressurizzata messa a punto da Paul Fisher.
Tra gli scrittori che preferivano buttare giù appunti a matita ci sono John Steinbeck ed Ernest Hemingway.
Carlo Rambaldi per disegnare E.T. utilizzò una matita Castell 9000.
Lo stilista Valentino ha da poco imparato a disegnare sull’iPad. Abbandonata la matita, ora delinea gli abiti col dito: «È stata una fatica immane – ammette – ma ce l’ho fatta».
La più grande matita del mondo è una Castell 9000 in mostra allo stabilimento di Kuala Lumpur, in Malesia: è alta quasi venti metri.
A Keswick, in Inghilterra, c’è il museo delle matite.
Si calcola che più della metà di tutte le matite circolanti al mondo provenga dalla Cina. Nel 2004 le industrie cinesi produssero 10 miliardi di matite: messe una dietro l’altra si coprirebbe 40 volte il diametro della Terra.
Per rispetto dell’ecologia un crescente numero di produttori immette sul mercato matite ottenute da legno certificato, cioè proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabili, secondo rigorosi standard ambientali. I certificati che garantiscono il legno sono il Fsc (Forest Stewardship Council) e il Pefc (Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes).
Entro il 2010 tutte le matite Staedtler saranno realizzate in legno certificato.
Al fine di garantire la provenienza del legno per le sue matite, in Brasile la Faber-Castell ha piantato, su 10.000 ettari di terreno spoglio, alberi di Pinus caribea, che cresce velocemente ed è facile da coltivare.
Le matite in carta riciclata “Stop Global Warming”, create dall’industria coreana Gongjang. Una confezione da cinque matite costa 9,50 dollari (clic per acquistare).
Prezzi indicativi di alcune matite (dal sito delle cartolerie Vertecchi). Scatola da 12 matite Fila “Temagraph” con gommino: 3,63 euro. Scatola da 12 matite Fila “Temagraph soft touch”, morbida al tatto: 5,25 euro. Matita “Grip 2001” triangolare antiscivolo Faber-Castell: 0,62 euro. Matita Faber-Castell esagonale con gommino: 0,18 euro. Matita Staedtler “Mars Lumograph”, resistente alla rottura: 0,83 euro. Matita Staedtler “Noris” con gommino: 0,39 euro. Scatola 12 matite “Green Graph” Stabilo, certificate Fsc: 3,55 euro. Scatola 12 matite “H1500” Koh-I-Noor, in legno di cedro facilmente temperabile: 8,51 euro. Scatola 12 matite “Studio” Koh-I-Noor in pino europeo: 1,32 euro.
La “Matita Perfetta” Limited edition 1761-2001 di Faber-Castell, disegnata per celebrare i 240 anni dell’azienda: in legno di cedro californano, tre diamanti incastonati sul cappuccio e finiture di platino e argento massiccio. Esistono solo 99 esemplari, venduti al prezzo di 9.900 euro
L’architetto Marco Zito ha vinto il concorso indetto da Fila e dal Comitato Italia 150 per creare una matita commemorativa dei 150 anni dell’unità d’Italia: si chiama “Unìta”, ha una metà circolare e l’altra spigolosa, ed è realizzata in legni diversi.
Sembra impossibile migliorare un oggetto così semplice come la matita. Eppure ci sono prodotti molto tecnologici: per esempio la Staedtler Wopex, realizzata con un nuovo materiale in fibre naturali, con superficie antiscivolo e mina particolarmente scorrevole, facile da cancellare. La Lyra Groove di Fila aiuta i più piccoli perché ha dei fori laterali per pollice, indice e medio che rende più salda la presa. La Stabilo Easyergonomics, con scanalature inclinate, facile da usare per destrorsi e mancini. La Grip Faber-Castell, di forma triangolare per facilitare l’impugnatura, con pallini antiscivolo in gomma incollati sul fusto.
«Un grande foglio bianco di carta da disegno è steso sul tavolo liscio davanti a me. Una giusta luce lo illumina da sinistra, una luce diffusa senza ombre, uniforme. La temperatura è di venti gradi, io sono seduto su uno sgabello all’altezza giusta davanti all’immenso biancore del foglio di carta. Sul foglio è appoggiata una matita bene appuntita, con la punta rivolta verso di me, quasi per indicarmi, come per invitarmi a prenderla in mano. Sto qualche minuto ad osservare la matita mentre nel mio pensiero visivo si va formando un’immagine che vorrei realizzare, comunicare, far vedere. La matita è lo strumento attraverso il quale passerà l’immagine che ho nel mio pensiero, per apparire sul foglio» (Bruno Munari).