11 marzo 1861
Bollettino della guerra con i borbonici nell’Alto Lazio
«Scambi di violenze nell’alto Lazio fino ai tornanti d’Abruzzo. A Vignanello, nel Viterbese, è morto dopo vari giorni di spasimo un contadino, ferito da un colpo di fucile sparatogli contro da uno zuavo pontificio. Una formazione italiana finora abbastanza silenziosa, quella dei Cacciatori del Tevere, attacca alla baionetta, per ordine del colonnello Masi, gli stessi zuavi, e costoro si rifugiano a Nazzano, nella valle del Tevere. I Cacciatori del Tevere danno fuoco alla barca adoperata per passare il fiume. A Corese, altra località laziale, gli stessi zuavi hanno imprigionato quattro militari italiani. Successivamente liberati, essi hanno indirizzato da Terni una lettera densa di umori patriottici al Comitato Romano, che è una sorta di enclave libertaria e "unitaria" all’interno della città dei Papi: si suppone che i Cavalieri del Tevere ne siano, in qualche modo, il braccio armato. Sono residui dello scontro campale, a fatica placato con la capitolazione di Gaeta. I briganti assaltano il castello di Collalto Sabino, nel Reatino, fiaccano la difesa degli abitanti, se ne impossessano e lo saccheggiano. Viene assassinato un medico del posto, liberale, il dottor Bartolomeo Latini. Al sindaco di Collalto recidono la gola. Altri cittadini subiscono cattura e rapina. Ad Ascoli, il comandante borbonico del forte di Civitella del Tronto, Giovine, incontratosi con il capitano dei gendarmi pontifici, stava per accordarsi sul comune proposito di capitolare nelle mani dei piemontesi, ma i briganti, padroni ormai della fortezza, lo hanno impedito: borbonici e papalini son evasi dalla fortezza. Fra Carsoli e Oricola, nell’Aquilano, ancora i Cacciatori del Tevere, insieme a regolari truppe del governo di Vittorio Emanuele, hanno attaccato i "fuorilegge", causandogli notevoli perdite. In questa zona le operazioni dei briganti, muniti di cannoni di montagna e agli ordini del conte De Christen, sono ormai consuete, fra sortite e fughe tattiche. Fra gli «italiani» - così la stampa filoliberale chiama i fautori del "nuovo ordine", e non sempre i lettori penetrano a fondo il senso dell´aggettivo, non ancora riuscendo a equipararlo a «piemontesi» - si lamenta la perdita d´un ufficiale e di dieci uomini» (Nello Ajello, la Repubblica 11/3/2011).