Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1861  febbraio 26 calendario

Due senatori votano “no“ a Vittorio Emanuele II

Due senatori sabaudi osano dire no a «Vittorio Emanuele II Re d’Italia». Succede oggi, lunedì. Il Senato è convocato a Palazzo Madama. Deve votare «il progetto di legge per cui Sua Maestà Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia». Sono presenti 131 senatori. Il voto positivo è dato per certo anche se nel dibattito il senatore Pareto suggerisce che «anziché Re d’Italia sarebbe meglio dire Re degl’Italiani, per esprimere la volontà nazionale». Ma Cavour ribatte: «Col titolo di Re d’Italia si consacra un fatto immenso, l’esistenza di un’Italia politica». Si procede quindi al voto. Quello palese è un «sì unanime e plaudente» ma il voto segreto successivo rivela «129 voti favorevoli e 2 contrari». Chi sono? «Nemici del Regno d’Italia?», si chiede la Gazzetta del Popolo . I due oppositori si cercano «fra i papisti». Ma Cavour smorza i toni. Sa che danno voce a chi, per lealtà alla dinastia, ha versato sangue nel Risorgimento, ma nell’intimo dice: «Fedeli al Re sempre, ma italiani no, né ora, né mai». Per lo storico Domenico Carutti, devoto alla Corona, «il Regno d’Italia è il funerale del vecchio Piemonte». E c’è chi ama ripetere quanto disse Costanza d’Azeglio nel 1848: «Invece di farci diventare Italiani, gli Italiani farebbero meglio a diventare Piemontesi» (Maurizio Lupo, La Stampa 26/2/2011).