La Stampa, 21 marzo 2010
La rivoluzione mondiale cominciando da Bologna
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE –
6 agosto 1874
Fuochino a Bologna
In una via di un quartiere popolare di Bologna arriva una sgangherata carrozza e un prete male in arnese, biondiccio, molto alto e corpulento, fa per salirvi. Ma è troppo grosso e tra predellino e sportello resta incastrato, metà dentro e metà fuori. Monelli e curiosi fanno cerchio, ridono, sbeffeggiano. Alcuni notano che dalla tonaca spuntano pantaloni borghesi. Il prete si dibatte ridendo e riesce finalmente a entrare nel veicolo. Il vetturino parte di slancio e per strade e stradine secondarie porta fuori dall’Emilia Michele Bakunin, il grande rivoluzionario russo che fugge da Bologna. C’era arrivato giorni prima, convinto dai suoi fedelissimi seguaci anarchici, a capeggiare da quella città l’inizio della rivoluzione mondiale. È celebre in tutta Europa come Che Guevara. Non ha un soldo e vive a Locarno ozioso e malinconico, carico di debiti. accorso in tutte le città d’Europa in rivolta. È stato sulle barricate di tutte le cause, ma ha sempre fallito. Ora, al tramonto, arriva da lui Carlo Cafiero, altro iscritto all’Internazionale, che gli mette a disposizione la sua cospicua fortuna di possidente pugliese. Comprano una villa sulla collina, piantano, seminano, aprono la porta a tutti i «compagni» che da tutta Europa vengono a chiedere aiuto. Si forma una comune di stravaganti relitti che spendono e spandono senza limiti, litigando furiosamente sulle possibilità della rivoluzione mondiale. Si chiamano Socialisti Internazionali e odiano, ricambiati, Carlo Marx. Dopo un paio d’anni la situazione si fa insostenibile e gli emissari di Bakunin in Emilia, lo informano che l’iniqua tassa sul macinato sta facendo ribollire il popolo. Un grande capo li potrebbe guidare all’insurrezione, e di lì, città dopo città...
Bakunin, stufo della comune, che del resto si dissolve da sé, corre a Bologna e si nasconde in casa di fidatissimi Internazionali, dove prepara un piano minuzioso per prendere con le armi la città. Da Empoli arriveranno cinquecento compagni, un gruppo minore assalterà il forte di San Luca sulla collina e bombarderà Bologna e qui, con venti uomini pronti a tutto, Bakunin in persona accenderà la scintilla. Nulla funziona, naturalmente, come racconta accuratamente Riccardo Bacchelli nel suo trattato storico «Il diavolo al Ponte Lungo» (1927). Gli imolesi vengono bloccati su un ponte dai carabinieri e arrestati coi loro pochi schioppi e forconi e con le bandiere rosse prese ai ferrovieri di due stazioncine lungo la strada; il colpo di mano al forte fallisce; i venti eroi di piazza Maggiore non si presentano. Bakunin torna a nascondersi, vuole farsi ammazzare, si taglia baffi e barba, si tinge i capelli e, travestito da prete, fugge in Svizzera dove morirà in casa di un amico.