Tuttolibri, 12 maggio 2012
Storia dei neutrini
Con una cassa di champagne si brinda al neutrino –
In un secondo siamo attraversati da 60 miliardi di neutrini per centimetro quadrato, ma in ottant’anni di vita uno solo incontrerà un atomo del nostro corpo. Il 3 per cento dell’energia del Sole esce sotto forma di neutrini. Di notte il Sole è sotto l’orizzonte, eppure i suoi neutrini trapassano la Terra come se fosse trasparente. Durante il sonno ci «illuminano» arrivando da sotto il letto come in pieno giorno ci raggiungonodal cielo. Ciò avviene perché in fisica i neutrini sono particelle a «interazione debole». In politica invece la loro interazione può essere forte: la gaffe sul tunnel immaginario da Ginevra al Gran Sasso ha fatto vacillare – ma non dimettere – l’ex ministro della Ricerca Mariastella Gelmini. Si è dimesso, per contro, il responsabile dell’esperimento Opera quando si è chiarito che la velocità superluminale dei neutrini era frutto di un errore. Gli scienziati hanno più classe dei politici, ma questo lo sapevamo. Ironie a parte, tra le particelle del mondo atomico, il neutrino è davvero la più romanzesca. Con il suo libro Frank Close, professore di fisica all’università di Oxford, lo dimostra.
Nel 1930 si conoscevano solo due particelle: l’elettrone e il protone. Wolfgang Pauli avanzò a malincuore l’audace ipotesi che esistesse una particella senza carica elettrica e priva di massa. Lo fece per salvare un principio fondamentale della fisica: la conservazione dell’energia. Avrebbe dovuto presentare la sua idea ad un convegno in programma a Tubinga il 6 dicembre 1930, ma nello stesso giorno era stato invitato a un ballo a Zurigo. Preferì andare al ballo. Ai colleghi riuniti a Tubinga inviò una lettera sbarazzina. «Ammetto che la mia proposta possa sembrare inverosimile ma solo chi osa vince. Così, caro popolo radioattivo, esaminate e giudicate. Sfortunatamente non potrò essere con voi: la mia presenza è indispensabile per un ballo che si svolgerà qui nella notte tra il 6 e il 7 dicembre».
Pauli pensava che fosse impossibile osservare una particella così simile al nulla come quella che aveva immaginato. Invece 25 anni dopo Reines e Cowan ci riuscirono e lui dovette pagare una cassa di bottiglie di champagne. Nel frattempo Fermi aveva coniato la parola neutrino ed elaborato una teoria dell’interazione debole tuttora valida. Ma la storia era solo all’inizio. Negli Anni 60 Raymond Davis avviò un esperimento per catturare i neutrini solari e venne fuori che rispetto alle previsioni ne mancava almeno un terzo. Perché? Si affacciò persino l’ipotesi più drammatica: che il Sole si stesse spegnendo.
Bruno Pontecorvo, allievo di Fermi con gli altri «ragazzi di via Panisperna», aveva in tasca la soluzione: esistono tre tipi di neutrino, e possono trasformarsi l’uno nell’altro in quanto dotati di massa, sia pure minima; quindi non vediamo tutti i neutrini sparati dal Sole perché lungo il viaggio alcuni cambiano personalità. Sono stati necessari altri 25 anni di lavoro ma alla fine vari esperimenti hanno convalidato anche questa idea. Bahcall con i suoi raffinatissimi calcoli aveva spianato la strada.
Sette premi Nobel hanno glorificato lo sforzo compiuto: Lederman, Schwartz, Steinberger, Reines, Perl, Davis, Koshiba. Non bastava essere bravi – osserva Close – bisognava anche essere longevi. Cowan, Bahcall e Pontecorvo sono morti troppo presto. In più Pontecorvo, quando ebbe l’idea del neutrino trasformista, non era nel posto giusto. Era emigrato nell’Unione Sovietica. Così va la vita. «Essere fortunati aiuta», scrisse Bahcall. Lui non lo fu, e Pontecorvo morì senza sapere di aver risolto il giallo dei neutrini.