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 2012  novembre 18 Domenica calendario

Angelo Roncalli in Bulgaria (1930-1935)

Angelo Roncalli, quando era visitatore apostolico in Bulgaria, ebbe occasione di dimostrare le sue capacità diplomatiche in occasione del matrimonio di Boris III con Giovanna, figlia di Vittorio Emanuele III. La Santa Sede infatti imponeva che la coniuge cattolica non si convertisse alla fede ortodossa del consorte e che la prole venisse battezzata cattolicamente. È intuibile che il sovrano bulgaro, benché bendisposto, dovesse a sua volta subire le imposizioni dei rappresentanti della sua religione. So che fu trovato un ottimo compromesso e il matrimonio fu celebrato due volte: una prima volta ad Assisi e una seconda volta a Sofia. Potrebbe descrivere quelle vicende mettendo in risalto le doti di colui che in seguito sarà definito, una volta assurto al soglio pontificio, in base alla profezia di San Malachia, Pastor et Nauta?
Antonio Fadda
antoniofadda2@virgilio.it
Caro Fadda, il caso del matrimonio di Giovanna di Savoia fu, in realtà, un po’ più complicato. In una biografia di Papa Roncalli pubblicata da Laterza nel 2000 (Giovanni XXIII, la fede e la politica), Giancarlo Zizola scrive che le condizioni poste da Pio XI furono nette. Si voleva che il matrimonio venisse celebrato con il rito di Santa Romana Chiesa e che i figli venissero educati nella religione cattolica. Occorreva ripetere, in altre parole, ciò che era accaduto quando la madre di Giovanna, Elena del Montenegro, aveva sposato il principe Vittorio Emanuele. La principessa si era convertita a Bari (una città legata alla Chiesa orientale dal culto di San Nicola) e il matrimonio era stato celebrato a Roma nella chiesa di Santa Maria degli Angeli con una cerimonia a cui la madre di Elena, orgogliosamente ortodossa, aveva rifiutato di partecipare. Secondo Zizola, la condizione posta da Pio XI nel caso di Giovanna non era soltanto una questione di principio: «in Vaticano si coltivava ancora l’illusione che si potesse riportare la Bulgaria al cattolicesimo per via dinastica». In altre parole la Chiesa sperava di applicare ai bulgari la clausola stipulata con la pace religiosa di Augusta nel 1555, quasi quattrocento anni prima: cuius regio eius religio, ai sudditi la religione dei re.
Ma i bulgari, a differenza dei montenegrini, giocavano in casa. Accettarono il matrimonio cattolico, che ebbe luogo ad Assisi il 25 ottobre 1930, ma non appena i novelli sposi arrivarono a Sofia, ne celebrarono un altro con il rito ortodosso nella cattedrale della capitale. A Roncalli la Santa Sede chiese di adoperarsi per ottenere che la cerimonia bulgara venisse presentata come una semplice benedizione. Ma i testimoni erano troppo numerosi e Pio XI deplorò pubblicamente il «connubio regale». Il dispetto fu ancora maggiore quando la prima figlia di Boris e Giovanna, Maria Luisa, fu battezzata con il rito ortodosso dal metropolita Stefan.
Come è facile immaginare, caro Fadda, Roncalli dovette passare momenti difficili e temere che la sua missione bulgara terminasse con una reprimenda. Ma la colpa non era sua e il soggiorno a Sofia continuò sino al 1935, quando fu destinato a rappresentare la Santa Sede nella repubblica turca di Kemal Atatürk. Amava i bulgari e si congedò da Sofia con un discorso in cui disse: «Dovunque io dovessi andare nel mondo, se qualcuno dalla Bulgaria passasse dinanzi alla mia casa, di notte, in condizioni angosciose, costui troverà alla mia finestra un lume acceso. Bussa, bussa! Non ti domanderò se sei cattolico, fratello di Bulgaria. Basta, entra!». Quelle parole furono dette con un animo ecumenico assai diverso da quello che aveva ispirato la posizione di Pio XI all’epoca del matrimonio di Giovanna.