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 2013  gennaio 23 Mercoledì calendario

Breve ritratto di Heinrich Brüning

In un articolo dedicato a Mario Monti, il Financial Times paragona il capo del governo italiano a Heinrich Brüning, cancelliere tedesco tra il 1930 e il 1932. Tutti sappiamo che cosa successe in Germania dopo Brüning. Chi era esattamente lo statista tedesco? Ha un fondamento il paragone?
Laura Rota
rotal1956@libero.it
Cara Signora, penso che Wolfgang Münchau, autore dell’articolo, abbia commesso un errore, ma credo di capire perché il confronto gli sia sembrato possibile e istruttivo. Brüning è una delle personalità più interessanti della Repubblica di Weimar. Quando fece la sua apparizione sulla scena politica tedesca, negli anni Venti, si era già fatto notare per i suoi studi, per il suo comportamento in guerra, per il suo impegno a favore dei veterani dopo la fine del conflitto. Era cattolico, aveva una formazione economica ed era stato eletto al Reichstag nelle file del Zentrum, una «democrazia cristiana» che era diventata una sorta di perno centrista in un quadro politico dominato dalla rivalità fra socialdemocratici e comunisti e da sanguinosi scontri di strada tra formazioni di destra e di sinistra.
Quando la crisi americana del 1929 mise in ginocchio l’economia tedesca (tre milioni di disoccupati agli inizi del 1930), Brüning dette l’impressione di avere le doti di carattere necessarie in circostanze difficili e idee molto chiare sulle soluzioni da adottare: lotta all’inflazione, aumento delle tasse, diminuzione della spesa pubblica. Piaceva agli industriali, ai militari e persino al capo dello Stato, il maresciallo Hindenburg, che lo chiamò a palazzo il 27 marzo per affidargli la formazione del governo. Brüning era pronto e accettò, ma chiese e ottenne che il maresciallo, per sostenere il governo, facesse uso, se necessario, dei poteri presidenziali previsti dalla Costituzione.
Nacque cosi in meno di 48 ore (un record nella storia della Repubblica di Weimar) un «governo del presidente» che non intendeva abbassarsi a patti e compromessi con le forze politiche. La legge di bilancio, ispirata dai principi già annunciati da Brüning, incontrò parecchi ostacoli, ma fu imposta con un decreto. E quando la maggioranza del Parlamento rifiutò di approvarla, il cancelliere decise lo scioglimento del Reichstag, ritardò per quanto possibile la data delle elezioni e governò nel frattempo in una sorta di apnea democratica. Le elezioni, nel settembre 1930, non dettero i risultati desiderati. Il voto indebolì i socialisti, rafforzò i comunisti e ridusse ulteriormente l’influenza dei partiti moderati. Brüning continuò a governare, ma in una situazione economica che andava continuamente deteriorandosi: 4.380.000 disoccupati nel dicembre del 1930, 5.615.000 alla fine del 1931. Il cancelliere ricorse ai decreti, ma nella primavera del 1932 perdette il sostegno di Hindenburg e fu costretto a dimettersi. Le nuove elezioni, il 31 gennaio 1933, aprirono le porte del Reichstag a 230 deputati del partito nazional-socialista.
Come vede, cara signora, le analogie sono suggestive, ma le differenze non sono meno importanti. Monti si muove in un contesto europeo completamente diverso da quello degli anni Trenta e ha un programma elettorale che ricorda in molti punti quello del Partito democratico di Bersani. Esistono partiti e movimenti antisistema, ma il nostro Hitler, se esiste, assomiglia a quello di Charlie Chaplin nel «Grande dittatore» piuttosto che all’originale in carne e ossa.