Il Sole 24 Ore, 20 agosto 2006
I pionieri del servizio aeropostale
Era il 9 marzo del 1929 quando Jean Mermoz e il suo meccanico Collenot decollarono da Copiapo, in Cile, alla volta dell’Argentina su un monomotore Latécoère 28. Qualche mese prima avevano già compiuto la prima trasvolata delle Ande da Buenos Aires a Santiago del Cile e ritorno; ma su incarico dell’Aéropostale, Mermoz cercava un varco più diretto e più a nord: impresa non facile, dato che il velivolo non poteva salire sopra i 4.200 metri di quota. Mermoz riuscì a trovare un varco grazie a una corrente ascensionale, ma subito dopo una raffica di vento li spinse contro la montagna. Uscirono illesi dall’impatto, ma con l’aereo gravemente danneggiato. Ci vollero due giorni di lavoro oltre quota 4mila, con pochi attrezzi e quasi in maniche di camicia, per ripararlo; per tentare di ripartire, Mermoz e Collenot dovettero spingere le due tonnellate del Laté 28 verso l’alto per quasi un chilometro lungo un costone. Grazie allo slancio e a una buona dose di fortuna, il decollo riuscì e i due tornarono alla base.
Valeva la pena correre rischi simili per consegnare un quintale di raccomandate e qualche assegno? “La Compagnia predicava: la posta è preziosa, più preziosa della stessa vita” scriveva il poeta Antoine de Saint-Exupéry, collega di Mermoz. Nei tempi eroici della posta aerea, tra le due guerre mondiali del secolo scorso, gli imprenditori dei maggiori Paesi avrebbero fatto di tutto pur di conquistare per primi quello che prometteva di essere un grande mercato; e i piloti usciti dal primo conflitto mondiale dovettero mettere alla prova le loro capacità, con imprese a volte non meno rischiose di quelle belliche: da Tolosa a Dakar servivano una decina di voli senza radar, spesso senza segnali adeguati, con aerei inaffidabili e in territori in cui chi era costretto a un atterraggio di fortuna rischiava di finire in mano ai predoni (come capitò a Mermoz, liberato a prezzo di un riscatto di 50mila franchi). Lo stesso Charles Lindbergh, protagonista del primo volo in solitaria New York-Parigi, fu un pilota postale.
I pionieri dell’aviazione commerciale
I primi voli “commerciali”, se così si possono definire, risalgono a prima della Grande guerra: già nel 1911, per esempio, Achille Del Mistro volò da Bologna a Venezia con un carico di posta (uscì illeso dall’atterraggio d’emergenza). I tentativi proseguirono durante il conflitto, sulle due sponde dell’Atlantico, e gli inglesi avviarono per esempio un servizio per recapitare la posta alle unità dell’esercito di stanza in Belgio.
Fu però alla fine del conflitto che il business decollò, sfruttando i biplani militari rimasti “disoccupati”. Nel 1918 furono inaugurati servizi regolari negli Usa, in Gran Bretagna, in Francia – dove a fine anno Pierre -Georges Latécoère fondò la sua compagnia (che diventerà poi Aéropostale dopo la cessione, nel 1927, all’industriale Marcel Bouilloux-Lafont) e avviò il servizio commerciale tra Tolosa e Barcellona, in Spagna. Quest’ultima rotta fu estesa a sud verso Rabat, in Marocco, e poi Casablanca (ricordate alla fine del film l’aereo che parte nella nebbia lasciando a terra Humphrey Bogart?). In Italia un embrione di servizio postale nacque nel 1926: un collegamento Torino-Trieste creato dagli armatori triestini Cosulich.
Se gli europei (francesi, inglesi e tedeschi) puntarono da subito alle rotte internazionali, gli americani partirono con lo sfruttamento dell’enorme mercato interno. Da quella francese per l’Africa occidentale a quelle britanniche e olandesi per Medio Oriente e Asia, le rotte erano dettate da considerazioni tecniche ma anche da ragioni geopolitiche legate alla presenza coloniale. Sulla via del Sudamerica – una rotta transatlantica più breve e molto più tranquilla di quella a Nord dell’oceano – la battaglia fu tra francesi e tedeschi. Questi ultimi puntarono sui grossi idrovolanti Dornier assistiti da navi appoggio; i francesi arrivavano a Dakar, in Senegal, con i loro aerei e caricavano poi i pacchi su navi per Natal, in Brasile; da lì riprendeva il volo. In Brasile arrivò appena prima della guerra anche l’italiana Lati (Linee Aeree Transcontinentali Italiane).
Aviazione e politica
"Ho rifatto i conti: la nostra idea è irrealizzabile. Ci resta una sola cosa da fare: realizzarla!”. Pierre-Georges Latécoère – autore della boutade – riuscì poi a realizzare l’idea grazie a un contratto assegnatogli dal Governo francese; quest’ultimo copriva all’inizio degli anni Trenta l’80% dei costi del servizio di posta aerea. Le autorità di tutti i Paesi sostennero – per motivi strategici – la nascente attività con l’assegnazione dei contratti, con sussidi diretti, con misure dirigistiche. Come quella di Berlino, che nel 1926 combinò due aerolinee private per formare la Deutsche Luft Hansa. La compagnia era un colosso per l’epoca – aveva 162 aerei – e nel 1928 volò per più miglia (e trasportando più passeggeri) di tutte le altre compagnie europee messe insieme. Il Governo tedesco le assegnò un sussidio annuale di 18 milioni di marchi dell’epoca. Non diversa fu la politica del regime fascista in Italia.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, l’Us Post Office prese già prima della fine del 1918 il controllo della posta aerea; nel 1925 spediva 14 milioni di pacchi e lettere l’anno, con voli regolari. Due anni dopo il servizio fu affidato ai privati, ma con contratti che garantivano a questi ultimi un profitto e che consentirono lo sviluppo di un sistema di aviolinee: queste ultime utilizzarono i fondi soprattutto per l’acquisto di nuovi aerei, più moderni e capienti e in grado di stimolare a loro volta la domanda di trasporto passeggeri; i contratti erano formulati in modo da premiare la capacità di trasporto (indipendentemente dal fatto che fosse utilizzata o meno). La politica rischiò di ritorcersi contro il Governo nel 1934: l’Amministrazione Roosevelt decise di revocare le licenze e di affidare il servizio per un breve periodo all’esercito dopo un colossale scandalo sull’assegnazione delle varie rotte.
Il Latécoère 28 di Mermoz era uno dei primi velivoli progettati appositamente per un servizio passeggeri e postale; con la sua versione idrovolante il pilota compì anche la prima trasvolata atlantica nel maggio 1930 (ventuno ore da Dakar a Natal, in Brasile), precedendo di qualche mese la trasvolata di Italo Balbo.
Le esigenze del servizio postale dettero un contributo fondamentale all’evoluzione tecnologica dei velivoli, in particolare negli Usa: dai biplani come il Curtiss JN-4H ("Jenny") si passò rapidamente ad aerei più moderni come il Ford Trimotor e poi il Dc3 del 1935, uno dei velivoli più popolari della storia dell’aviazione. I costruttori avevano un doppio incentivo, poiché a quell’epoca erano spesso anche gestori del servizio postale (negli Usa fu vietato dopo il 1934). Come monsieur Latécoère, come Henry Ford con il suo Trimotor, ma anche come la stessa Boeing, che nel 1927 vinse un contratto della Posta per la rotta S.Francisco-Chicago. Gli idrovolanti dominarono la scena fra la metà degli anni 20 e tutto il decennio successivo. Il loro canto del cigno arrivò con il Boeing 314, il mitico “Yankee Clipper”.
Il business non decolla
A dispetto delle speranze iniziali, i servizi furono tutt’altro che un successo. La domanda era ancora scarsa, e i servizi non stavano in piedi senza sussidi; a ciò si aggiunse l’effetto negativo della Grande Depressione, che provocò una serie di fallimenti, fusioni forzate e sospensioni dei servizi. La Ups interruppe i suoi voli già nel 1929, per riprenderli solo nel secondo dopoguerra. Aéropostale restò a terra nel 1931, non a caso dopo che Parigi le ebbe ritirato i sussidi; dalle sue ceneri nacque Air France.
La posta aerea riprese quota nel dopoguerra a bordo dei jet; e continuò per tutti gli anni 50 e 60 a guadagnare quote rispetto a quella spedita via treno. Ma il business perse progressivamente la sua rilevanza economica: erano ormai i passeggeri, più che le buste di carta di riso, a giustificare rotte aeree e investimenti. Nel 2005 le compagnie aeree aderenti alla Iata hanno ottenuto ricavi per 326 miliardi di dollari dai servizi passeggeri e di 50 da quelli cargo.
Cosa resta dell’età dell’oro? Oltre al progresso tecnologico, l’influsso più importante fu forse quello sulla struttura delle compagnie aeree; quasi tutti i grandi vettori passeggeri di oggi derivano dai pionieri degli anni Trenta. Quanto ai ricordi, le rotte dell’Aéropostale sono disseminate di hotel – sulle due sponde dell’Atlantico – dove Jean Mermoz avrebbe (forse) dormito tra un volo e l’altro. Ma è l’Italia a vantare la reliquia più curiosa: un ente inutile. La Lati, infatti, sospese i voli nel 1941; ma l’ente pubblico è ancora vivo adesso, per liquidare – pare – un contenzioso con il Brasile.