Un libro in gocce, 23 ottobre 2014
Freud e Mussolini
• Edoardo Weiss, psicanalista fiorentino, che il 25 aprile 1933 fece visita a Freud, nel suo studio di Vienna, nella Berggasse 19. Con lui c’erano il drammaturgo italiano Giovacchino Forzano e la figlia Concetta, paziente di Weiss che però non riusciva a stabilire con lui un buon rapporto analitico.
• Weiss era allievo fedelissimo di Freud.
• Forzano donò a Freud la traduzione tedesca di uno dei tre drammi scritti in collaborazione con Mussolini, quello dedicato agli ultimi cento giorni di Napoleone, prima di finire in esilio a Sant’Elena, Campo di maggio. A differenza della versione italiana, la traduzione tedesca aveva accanto al nome di Forzano anche quello di Mussolini come autore.
• Sul libro c’era una dedica, scritta in italiano: «A Sigmund Freud/ che renderà migliore il mondo,/ con ammirazione e/ riconoscenza/ Vienna 26 aprile 1933 XIo Benito Mussolini und G. Forzano».
• Forzano chiese a Freud di mandare anche lui un libro a Mussolini. Freud scelse quello che aveva scritto insieme ad Albert Einstein, un opuscolo pubblicato a Parigi nel marzo del 1933, in tre lingue: tedesco (Warum Krieg?), francese (Pourquoi la guerre?) e inglese (Why War?). La versione tedesca in Germania era stata proibita dal regime nazista da poco al governo.
• La dedica che Freud scrisse sul libro donato a Mussolini (in tedesco): «A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà».
• In una lettera che Freud inviò il 20 luglio 1928 al giornalista americano George Sylvester Viereck, di commento a un libro di Viereck sullo statista francese Georges Clémenceau, scrisse che avrebbe potuto simpatizzare per un politico come Clémenceau, cosa che invece non gli riusciva assolutamente «per altri despoti come Lenin e Mussolini».
• In una seconda lettera, datata 31 luglio 1933, Freud espresse nuovi dubbi su Mussolini. L’aveva inviata al figlio Oliver e alla nuora Henny Fuchs, in quel momento in vacanza in Francia. C’era scritto: «Io vorrei che Ernst (un altro figlio che viveva allora in Germania) fosse già fuori dalla Germania, sono inquieto fino a quando egli è ancora lì. Sicuramente leggete i giornali. Il nostro futuro e ancora incerto. Io credo che noi dipendiamo dai giochi di prestigio di Mussolini. Naturalmente vogliamo approfittare al massimo della possibilità di restare a Vienna».
• Il 28 marzo 1933, quando la dirigenza nazista emanò una circolare alle organizzazioni periferiche del partito perché fossero creati dei comitati con il compito di boicottare ogni attività economica svolta da ebrei, senza escludere i professionisti e in particolare i medici.
• Ernst, il figlio di Freud, che si trasferì con la moglie Lucie Brasch da Berlino in Inghilterra, per sottrarsi a ogni possibile rischio determinato dall’ascesa al potere dei nazisti.
• Il 21 marzo 1933 Freud scrisse al suo allievo berlinese Max Eitingon, ebreo come lui, dicendogli che sarebbe stato meglio che si facesse sostituire da un non ebreo nella direzione dell’istituto berlinese di psicoanalisi.
• Eitingon, che si dimise dalla Società psicoanalitica e alle fine del 1933 decise di emigrare in Palestina.
• Il 27 dicembre 1926 Freud scrisse da Berlino alla figlia Anna: «Devo vedere Einstein, per il resto spero di avere un tempo tranquillo». Lo incontrò il giorno dopo, a casa del figlio Ernst, dove Einstein venne a fargli visita insieme alla moglie. Il 29 dicembre, Freud scrisse ancora alla figlia: «Einstein era molto interessante, sereno, felice, abbiamo parlato per due ore, anche discusso, molto più sull’analisi che sulla teoria della relatività. Sta leggendo, naturalmente non ha convinzioni, ha l’aspetto più vecchio di quanto avessi pensato».
• Freud, che aspirava al premio Nobel dall’inizio degli anni Venti, ma non riuscì mai a vincerlo.
• I rapporti tra Freud e Einstein furono sempre molto sinceri da parte del secondo, ma velati di invidia da parte di Freud, dovuta principalmente al fatto che il fisico aveva vinto il Nobel, mentre a lui era stato sempre negato.
• Edoardo Weiss, nato a Trieste il 21 settembre del 1889, da un piccolo imprenditore di origine ebraico-boema. Dopo aver completato a Trieste gli studi liceali, fu mandato dal padre nel 1908 a studiare Medicina a Vienna.
• Attratto dalla psicoanalisi, il 7 ottobre 1908 Weiss si presentò nello studio della Berggasse 19 di Freud, il quale lo accolse amabilmente.
• Per introdurlo nella pratica della psicoanalisi, Freud presentò Weiss a Paul Federn, uno dei suoi più fedeli discepoli e membro della Società psicoanalitica.
• Freud, che era solito riunire a casa sua i membri della Società psicoanalitica il mercoledì sera.
• Durante la prima guerra mondiale, Weiss militò nell’esercito austro-ungarico come ufficiale medico. Alla fine della guerra rientrò a Trieste, dove il 4 ottobre 1919 fu assunto, per concorso, nel manicomio civico, diretto dallo psichiatra organicista Luigi Canestrini.
• L’ambiente triestino, all’epoca fortemente ostile alla psicoanalisi di Freud. Weiss aveva aperto uno studio in una delle vie più centrali della città e tra i suoi pazienti aveva anche il poeta Umberto Saba.
• Con i pazienti più difficili Weiss chiedeva consulenze a Freud. Tra questi, c’era Bruno Veneziani, cognato di Italo Svevo.
• «Nel 1927 lasciai l’Ospedale psichiatrico di Trieste. In quel momento chiunque avesse una posizione ufficiale era obbligato ad iscriversi al Partito fascista ed io mi rifiutavo di aderirvi. Nella piccola città di Trieste, dove i principali psichiatri erano contro la psicoanalisi, avevo poca opportunità che mi venissero affidati malati e di conseguenza pensai di sistemarmi in una città più grande» (così Weiss nel suo libro).
• Il 13 settembre 1931 Weiss lasciò Trieste e si trasferì a Roma.
• Wanda Schrenger, moglie di Weiss, di origine croata.
• Il fratello di Weiss, Ernesto, impegnato politicamente, in gioventù aveva aderito al Partito socialista e per questo era stato licenziato dalla sua cattedra di liceo dove aveva insegnato per tanti anni.
• Mussolini conobbe Giovacchino Forzano all’inizio del 1923 al Teatro dell’Opera di Roma, alla prima del melodramma I compagnacci, del musicista Primo Riccitelli, per il quale Forzano aveva scritto il libretto e curato la regia.
• Alcuni anni dopo, nel 1928, i rapporti tra Mussolini e Forzano ripresero grazie alla mediazione di Gabriele D’Annunzio.
• Forzano, nato nel 1884, aveva fatto carriera come librettista d’opera, ma era anche scrittore, di testi drammatici in particolare.
• Il 7 luglio 1929 Mussolini scrisse un biglietto a Forzano in cui gli affidava l’incarico di scrivere un dramma sulla fine di Napoleone, in particolare sugli ultimi tre mesi del suo governo.
• Forzano, che si vantò con Mussolini di possedere ben duemila volumi sulla Rivoluzione e sull’impero, ma che in realtà per il suo dramma sui cento giorni di Napoleone si basò soprattutto sul libro di Emil Ludwig, scrittore tedesco di successo che ne aveva fatto una biografia.
• Forzano, per compiacere Mussolini, imperniò tutto il dramma sul presupposto del tradimento.
• Il dramma di Forzano presentava un quadro della vicenda storica degli ultimi cento giorni di Napoleone solo in minima parte rispondente alla verità storicamente accertata e per il resto divagava alla ricerca di spunti e sotterfugi graditi a Mussolini, che infatti se ne dichiarò completamente soddisfatto.
• Lo scrittore Ugo Ojetti, amico di Forzano e Mussolini, mentre si trovava a Budapest nel 1931, seppe della prima di Campo di maggio al teatro Argentina di Roma e chiese a Forzano come fossero andate le cose. In seguito, annotò così sul suo diario: «La sera della prima Mussolini mandò la famiglia in palco (era andato alla prova generale), provò ad andare a un altro teatro; ma non era finito il primo atto che nervoso egli si presentò all’Argentina, e rimase in fondo al palco ad ascoltare. – Sembrava un giovane autore, – dice Forzano – contava le chiamate, criticava gli attori. – Il giorno dopo lo chiamò. Volle fare aggiungere due battute, quella, fra l’altro (mi pare sia all’ultimo atto) in cui Napoleone si duole di non aver avuto fiducia nell’Italia e nella sua unità, ché l’Italia gli sarebbe stata fedele. E il pubblico applaude sempre a quella tirata che è l’opposto della verità storica. Il pubblico, si vede, egli lo conosce bene».
• Dopo il successo di Campo di maggio, Mussolini mandò a chiamare di nuovo Forzano e gli mostrò il Diario del patriota pugliese Giuseppe Massari, che riguardava l’azione politica del conte di Cavour dal 1858 al 1860. Lo invitò a leggerlo e lo incaricò di scrivere un secondo dramma sulla base di alcuni appunti che egli aveva scritto e del commento orale che del diario di Massari gli aveva fatto. Ne venne fuori il dramma Villafranca, messo in scena nel 1931.
• Nel 1940 Villafranca fu tradotto in tedesco e rappresentato il 9 maggio a Berlino. Erano presenti allo spettacolo alcuni fra i più eminenti gerarchi nazisti, lo stesso Hitler si dispiacque di non potervi presenziare, perché in quel momento era fuori città.
• Alla rappresentazione di Villafranca, il 12 aprile 1938, al teatro Argentina di Roma, era presente il critico Alberto Savinio, che ne scrisse una recensione sul settimanale Omnibus, diretto da Leo Longanesi. Savinio doveva sapere che dietro il dramma di Forzano c’era lo zampino di Mussolini, ma non vi accennò per nulla nella sua recensione.
• Quella volta che Savinio aveva scritto su un settimanale un articolo su Leopardi a Napoli, nel quale ricordava che il poeta era morto durante un’epidemia di colera per una insistente «cacarella», e Mussolini fece sopprimere il settimanale, vietando a Savinio di scrivere su qualunque quotidiano o rivista d’Italia.
• Cesare, il terzo dramma che Mussolini aveva commissionato a Forzano. Era previsto anche un film, ma lo scoppio della guerra nel 1940 lo impedì.
• Mussolini, che era nettamente contrario all’annessione dell’Austria alla Germania voluta da Hitler.
• Alla fine del maggio 1935 Hitler capì che bisognava accordarsi di nuovo con Mussolini e per garantirsi questo obiettivo fece esplicite dichiarazioni di rinuncia a ogni politica in direzione dell’annessione dell’Austria.
• Freud, che si teneva bene informato sugli avvenimenti politici del suo tempo e leggeva abitualmente la Neue Freie Presse, il quotidiano viennese di orientamento liberale.
• Alla data del 9 novembre 1930, Freud annotò sul suo diario: «Elezioni». Queste furono un successo per i nazisti austriaci, che ebbero 110 mila voti in più rispetto alle precedenti elezioni, contro i 20 mila in più dei socialisti, principale partito di opposizione.
• «In Austria le condizioni generali sono particolarmente cupe» (Freud al nipote Samuel, il 31 dicembre 1930).
• A soli due mesi dal suo insediamento, il 28 marzo 1933, Hitler scatenò una campagna antisemita, ordinando la creazione di comitati locali «per l’attuazione pratica e sistematica del boicottaggio dei negozi ebraici, di merci ebraiche, di medici e avvocati ebrei».
• Tra febbraio e marzo (1933) arrivarono anche i provvedimenti contro i comunisti tedeschi.
• Freud, che in una lettera a una sua paziente inglese, Hilda Doolittle, scriveva di non volere «simpatizzare con nessuna delle due parti in lotta».
• Peter Gay, biografo di Freud: «La neutralità di Freud indica in parte astuzia, in parte mancanza di intuizione».
• Dall’ottobre del 1923 al maggio del 1943, vennero a palazzo Venezia a incontrare Mussolini 225 tedeschi, storici, scrittori, musicisti, artisti, giuristi, filosofi, scienziati, attori, oltre ai gerarchi nazisti.
• Il giornalista e scrittore Emil Ludwig, tedesco di origine ebraica, che fu ricevuto da Mussolini dieci volte tra il 1929 e il 1932, per intervistarlo e poterne scrivere la biografia, quella che sarà pubblicata prima in tedesco, poi in italiano, nel 1932.
• Le conversazioni tra Mussolini e Ludwig si svolsero sempre in lingua italiana, e nel corso di una di esse Ludwig chiese delucidazioni sull’affare Matteotti, il deputato socialista assassinato. Quest’ultimo rispose che neanche nella Repubblica di Weimar mancavano omicidi politici, alludendo all’assassinio di Walther Rathenau, politico tedesco di origine ebraica, che era stato prima cancelliere e poi ministro degli Esteri.
• Lo scrittore Rudolf Borchart, ricevuto da Mussolini il 3 aprile 1933, che risiedeva in Italia dal 1921 e aveva forti simpatie per il fascismo, tradusse in tedesco la Divina Commedia. Essendo ebreo, aveva chiesto a Mussolini di aiutarlo, ma non ottenne alcuna protezione.
• Altre personalità ricevute da Mussolini: i compositori Sigfried Wagner, figlio di Richard, ricevuto da Mussolini insieme alla moglie Winifred il 19 febbraio 1924; e Richard Strauss, il 6 febbraio 1924; il direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, il 25 aprile 1934; il pianista Wilhelm Kempf, il 15 dicembre 1938.
• Lo scrittore Gerhard Hauptmann, che risiedette in Italia undici anni e ne era così innamorato da considerarla il suo secondo Paese. Era politicamente orientato a destra e con forti simpatie per il fascismo.
• Quando nel 1926 un discorso di Mussolini sulla questione del Südtirolo provocò in Germania reazioni molto violente, Hauptmann lo difese spavaldamente, dichiarando che «a prescindere dai confini fascisti del Tirolo, l’intero fascismo è appassionatamente filotedesco».
• Padre Wilhelm Schmidt, entrato in gioventù nella congregazione dei missionari di Steyl. Nel 1892 prese gli ordini sacri e nel 1896 divenne professore di etnologia, linguistica e storia delle religioni nel seminario del suo ordine, quello del convento San Gabriel di Mödling presso Vienna. Nel 1902 ottenne la cittadinanza austriaca e insegnò all’università di Vienna. Nel 1924 fu a Roma da papa Pio XI per organizzare la sezione scientifica della esposizione missionaria vaticana, nel 1926 fondò il Pontificio museo missionario etnologico lateranense.
• Padre Schmidt, che aveva l’abitudine di perseguitare accanitamente Freud. In particolare, il libro che non gli perdonava era L’avvenire di una illusione.
• Il gesuita Francesco Maria Gaetani, professore di Teologia nella Pontificia università gregoriana, noto per una serie di articoli sulla psicoanalisi, pubblicati sulla Civiltà cattolica, periodico della compagnia di Gesù, in cui sferrava un violento attacco a Freud e alla psicoanalisi.
• Freud, la cui opera era definita da Gaetani come «qualcosa di raccapricciante», una grande offesa «ai principi di ogni moralità» e «un grosso attacco al cattolicesimo».
• Padre Agostino Gemelli, francescano, consultore della congregazione del Sant’Uffizio, quella che si occupava anche della condanna dei libri, giudicati pericolosi per i lettori cattolici.
• Il 20 luglio 1932 Gemelli fu incaricato di studiare le opere di Giovanni Gentile e di riferirne «sotto segreto». Secondo Gemelli, Gentile considerava il fascismo come una vera e propria religione. Sottolineò però anche i vantaggi assicurati ai cattolici dalla politica gentiliana, come l’introduzione della religione cattolica nelle scuole elementari, il riconoscimento del carattere paritario delle scuole cattoliche, il riconoscimento giuridico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ecc.
• Gemelli studiò anche le opere di Benedetto Croce. Il 20 giugno 1934 la congregazione emise un decreto di condanna delle opere di entrambi i filosofi.
• Anche La rivista italiana di psicoanalisi, diretta da Weiss, andò incontro alla censura: fondata nel 1932 poté stampare i due ultimi fascicoli nel 1934, ma questi non furono messi in circolazione, perché non ottennero il nulla osta.
• Benedetto Croce, che prese le distanze da Freud, ma senza ingaggiare una polemica furiosa.
• Thomas Mann pubblicò il primo scritto su Freud nella primavera del 1929, con il titolo La posizione di Freud nella storia dello spirito moderno. Il testo fu letto come conferenza all’università di Monaco. In esso Mann sottolineò la portata rivoluzionaria della ricerca freudiana, diretta a illuminare quelle zone dell’animo umano fino ad allora rimaste all’oscuro.
• Il 12 novembre 1930, quando Weiss scrisse a Gentile, direttore scientifico dell’Enciclopedia Treccani, una lettera nella quale si offriva come collaboratore per voci attinenti alla psicoanalisi. Gentile accettò e gli fece assegnare le voci “Freud” e “Psicoanalisi”. In seguito scrisse anche quelle di “Psicoterapia” e “Sogno”.
• Il 1° febbraio 1930 la questura di Roma segnalò alla direzione generale di polizia del ministero dell’Interno «il dott. Sigismondo Freud, Professore all’università di Vienna… come elemento sospetto da rintracciare e fermare». Il motivo, molto probabilmente, è che era ritenuto un pericoloso comunista.
• Freud, che amava Roma e si rammaricava di non potervi fare più ritorno ogni anno per motivi di salute. L’ultima visita la fece nel settembre del 1923.
• Composizione del direttorio della Società viennese di psicoanalisi: Freud, la figlia Anna e altri cinque medici ebrei: Paul Federn, Robert Wälder, Heinz Hartmann, Edward Bibring, Richard Sterba.
• Il 16 agosto 1937, la polizia politica di Roma aveva mandato alla divisione Affari generali riservati del ministero dell’Interno un appunto informativo piuttosto grave su Weiss, designato come un «ebreo austriaco» e accusato di essere un «propagandista del peggiore antifascismo» e di dare ospitalità nella sua casa di Roma «all’emigrazione ebraica germanica antinazista» e secondo la soffiata di «una signora amica di casa Weiss», in essa «si complotta contro Hitler».
• Nel gennaio del 1939 Weiss fuggì in America.
• L’11 luglio 1936 a Berlino, quando Hitler convocò il cancelliere austriaco Schuschnigg per firmare un accordo con il quale la Germania riconosceva la piena sovranità dell’Austria, ma con la riserva di riconoscersi come uno Stato tedesco.
• Il 12 marzo 1938 la Wehrmacht invase l’Austria.
• Il 15 marzo 1938 la Gestapo perquisì l’appartamento di Freud e la sede della sua casa editrice, la Psychoanalytisches Internationales Verlag, gestita dal figlio Martin. La figlia Anna fu costretta ad aprire la cassaforte e i nazisti rubarono tutto il denaro che vi trovarono.
• Freud, che non aveva nessuna intenzione di trasferirsi all’estero ma alla fine si convinse. Il 22 marzo 1938 Anna e Martin furono arrestati dalla Gestapo: Anna riuscì a convincere la polizia che la Società psicoanalitica internazionale non aveva nessuna finalità politica, ma solo scientifica, e fu rilasciata insieme con il fratello.
• «Posso raccomandare la Gestapo a chicchessia» (dichiarazione che Freud dovette rilasciare per poter ottenere il nulla osta necessario per l’espatrio).
• Il 4 giugno 1938 Freud salì sul treno diretto in Francia. La sua famiglia lo aveva preceduto a partire dal 5 maggio.
• Tra la fine del 1937 e l’inizio del 1938 venne iniziato il censimento degli ebrei residenti in Italia. Il 16 febbraio 1938 fu diffusa una dichiarazione ufficiale del regime fascista che annunciava la prossima emanazione di una legislazione persecutoria.
• Due informative, giunte alla Direzione generale della polizia del ministero dell’Interno, datate 22 e 23 gennaio 1940, nelle quali si leggeva che in Italia i libri di Freud e quelli di psicoanalisi in generale erano proibiti, per due motivi: perché l’autore era ebreo e perché «offensivi per la religione cristiana».
Notizie tratte da: Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il fascismo, Franco Angeli Milano 2013.