17 giugno 2015
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Biografia di Pina Bellini
San Matteo della Decima 10 settembre 1921 – Milano 2 marzo 1997. Cuoca. Proprietaria con suo figlio Aldo della Scaletta di Milano.
• La Pina veniva da Decima in Persiceto, prima di sette figli. Il padre, muratore, chiarì subito che di soldi per studiare non ce n’erano. E così a quindici anni lei, che già aveva imparato come tutte le giovani emiliane a tirare la sfoglia, partì per Milano come sfoglina. E fece carriera, in un ambiente molto maschilista.
• Nel 1983 Time la indicò portabandiera della nuova cucina italiana, la definì creativa. Aggettivo che lei respingeva: «Sono i poeti, i musicisti, gli artisti quelli che creano. Io ho solo esperienza e un po’ di fantasia». Mai scritto un libro con le sue ricette, e sì che glielo avevano chiesto in tanti. «La cucina vuole il suo tempo e non me ne resta per scrivere». Umilmente e sempre col sorriso era arrivata alle due stelle, in un punto di Milano che non è più centro e non è ancora periferia, davanti alla stazione ferroviaria di Porta Genova.
• Le specialità della Pina erano semplici (frittatina alla menta, lumache al gorgonzola), spiazzanti (terrina di trippe in gelatina), ispirate all’arte (risotto alla Pollock, con un drapping in nero di seppia). Mura: «Una sera chiesi un piatto da poco inserito in carta con la certezza che non mi sarebbe piaciuto: risotto con porcini e mirtilli. Invece era buonissimo. Quando la misi al corrente dei miei dubbi la Pina disse: “Porcini e mirtilli crescono vicini nel bosco, perché non dovrebbero andare d’accordo nel piatto?”».
• Aldo si occupava della sala. «Servire senza essere servili» era la sua parola d’ordine. Pareva d’essere in un club: tanti libri e oggetti d’arte sugli scaffali di legno scuro, luci giuste, bicchieri veneziani di cristallo sui tavoli, uno diverso dall’altro, mi ha sempre accompagnato il timore di romperne uno ma non è successo. Un luogo d’arte, tant’è che dopo la morte della madre, nel 1997, Aldo divenne gallerista, specializzato nelle sculture in vetro.