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 2015  giugno 08 Lunedì calendario

Biografia di Sarri Maurizio

• Napoli 10 gennaio 1959. Allenatore. Del Napoli (dalla stagione 2015/2016). In precedenza per tre anni all’Empoli (due stagioni in Serie B, poi la promozione e un’ottima annata in A, 42 punti e salvezza senza complicazioni).
• Famiglia originaria di Figline Valdarno, vicino Rignano. Ha vissuto a Bagnoli fino all’età di tre anni. Il papà lavorava sulle gru e in quel periodo era di stanza a Napoli. «Mio nonno si chiamava Goffredo, era molto fiero di un riconoscimento su carta intestata della Casa Bianca. Da partigiano, recuperò i piloti di un aereo Usa abbattuto in val d’Arno, li nascose, e a quei tempi ti fucilavano per meno, e li consegnò agli inglesi quando passarono il fronte (…) Mio padre Amerigo era un buon ciclista, un passista-scalatore che poteva dire la sua anche nelle volate di un gruppetto. Vinse parecchie corse nelle categorie minori, mi pare 37. Da professionista, con la Frejus, valutò che i guadagni non compensavano i sacrifici e smise attorno ai 25 anni. Era molto amico di Gastone Nencini, che insisteva perché tornasse a correre con la sua squadra. Mio padre disse di no e se ne pentì, perché Nencini poi vinse Giro e Tour e ci sarebbe stato un bel gruzzolo da spartire. Sono nato a Napoli perché mio padre faceva il gruista, quando le gru si azionavano da sopra, per la ditta che costruì l’Italsider a Bagnoli. Ma come operaio lavorò anche alla Max Mayer e alla Pirelli.» (a Gianni Mura) [Rep 4/5/2015].
• Ha giocato come calciatore, difensore. «Tanto scarso non si può dire, se è vero che ho fatto provini con il Torino e con la Fiorentina, quando giocavo nella Figlinese. Soprannome: il Secco. Difensore, interventi da gladiatore, avrebbe scritto Brera (…) Giocavo nella Figline. A 19 anni mi voleva il Montevarchi, ma il Figline chiese 50 milioni: troppi. Arrivò il Pontedera, mi piccai e rifiutai: uno sbaglio, perché loro salirono in C1. Rimasi a Figline e mi spaccai tutto: addio carriera, ma non sarei andato lontano comunque. Non ho rimpianti» (ad Andrea Scanzi) [Fat 2/12/2014].
• Ha lavorato in banca per alcuni anni. «Mi occupavo di finanza interbancaria per il Montepaschi, giravo l’Europa, in inglese mi facevo capire. Nel ’99 con l’euro lavorare nei cambi rendeva meno. Da allenatore, salendo di categoria, capivo che sarei riuscito a campare ugualmente, ma soprattutto non ne potevo più di andare in ufficio e di aspettare con impazienza di staccare alle 17 per andare sul campo. Quindi, stop. Ho avuto alti e bassi, da allenatore, ma tutto serve. E lo stress per ora non so cosa sia».
• «Aver giocato è sufficiente per avere delle basi, sensazioni da spogliatoio, saper entrare nella testa di un giocatore. Quindi non serve esser stati per forza dei campioni. La gavetta è importante, ti porta a fare un lavoro sempre migliore e l’esperienza ti fa crescere sotto tutti i punti di vista. Poi, certo, ci sono le eccezioni come Guardiola: ha smesso di giocare e si è subito imposto tra i migliori tecnici del mondo. Però, ripeto, è un’eccezione. Non la regola» (a Vincenzo D’Angelo) [Gds 22/1/2015].
• «Io un allenatore di categoria? È una definizione stupida. Il calcio è piano di luoghi comuni. Chi è bravo è bravo, sul campo e in panchina, sia in serie B sia in serie A. Ci sono arrivato con 25 anni di panchina alle spalle, e una quindicina da calciatore (…) La difesa, per come la intendo io, è a 4. La mentalità è indispensabile. Voglio una squadra con la faccia tosta, che se la gioca con tutti. Non sono uno che controlla i giocatori, il tempo libero è loro. Ma sanno fin dal primo giorno che con me o si va a mille all’ora o si sta fuori. Non penso di essere un sergente di ferro. Altrimenti non mi verrebbero a parlare, i giocatori, di problemi in famiglia e cose del genere» (a Gianni Mura, cit.).
• Dicono che abbia almeno 33 schemi sui calci piazzati. «Una diceria nata quando allenavo la Sansovino. Ci rimasi tre anni e gli schemi ovviamente si sommarono. Un giocatore, in un’intervista, parlò di 33 schemi e ancora mi porto dietro questa cosa. In realtà, sono 4-5 a partita, come tutti».
• «È quello che ha sempre la tuta, come abito da lavoro e da telecamera, perché non c’è differenza. Sarri la indossa con una polo sotto, come una divisa. Perché è una divisa. Di sé dice di essere uomo di campo e ciò spiega perfettamente perché della giacca e della cravatta non è che non gli import (…) E sì, Sarri ce le ha tutte: la provincia, l’aver cominciato dalla seconda categoria, l’aver fatto un altro lavoro, la cultura del sacrificio, Merckx, la nostalgia, la tuta. Perfetto per quel ritratto. Sbagliato. Perché Sarri è il contrario. Il suo calcio è scienza. Il suo calcio è preparazione, è un movimento da qui a lì in tot secondi e in quel momento (…) È un calcio ultramoderno, soprattutto il suo è un approccio ultramoderno, a dispetto del contorno e di alcuni aneddoti come quello delle scarpe dei giocatori del Pescara. Accadeva qualche stagione fa: i giocatori indossavano scarpe verdi, azzurre, rosa, arancioni, lui chiedeva di passargli sopra uno spray nero. Non era nostalgia era scaramanzia: sosteneva da tempo che il nero gli portasse fortuna. Una convinzione nata sulla panchina della Sansovino (che portò dall’Eccellenza alla C): aveva una divisa da riposo tutta nera e vinceva. Ha smesso quando non funzionava più. Contorno anche questo di una sostanza fatta di conoscenza, di studio, di attenzione ai particolari, di un’altra convinzione: nel calcio dei piccoli vince chi è più organizzato, più preparato. Nel calcio dei grandi il piccolo più organizzato e più preparato è l’unico che si può salvare» (Beppe Di Corrado) [Fog 28/11/2014].
• «Adesso che di lui si sa tutto: che ha lavorato in banca, che vestiva sempre di nero, che ha inventato decine di schemi su palle inattive, che fuma più di Zeman, che legge buoni libri. Adesso che Maurizio Sarri ha smesso di essere un personaggio naif, di lui si può ricordare una cosa molto semplice: che il suo Empoli è una delle squadre che gioca meglio» (Guglielmo Longhi) [Gds 11/12/2014].
• Sposato. «Con la moglie, presenza discreta e cordiale, condivide tutto tranne il vizio delle sigarette (da qualche anno la signora ha smesso di fumare)» (Fabio Monti) [Gds 7/6/2015].
• Buon lettore (Bukowski, Fante, Vargas Llosa). «Mi piace andare per biblioteche, annusare la carta, guardare le quarte di copertina. La musica non riesco ad amarla, ma senza libri non saprei stare».
• Scaramantico, veste spesso di nero perché pensa che porti fortuna.
• Di sinistra. «Renzi mi pare uno che fa le stesse cose di Berlusconi, o quasi. Mio nonno era partigiano e mio padre operaio: come faccio a votare Renzi? Però neanche voto 5Stelle: non ce la faccio».