15 maggio 2015
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Biografia di B.b. King
• (Riley B. King) Itta Bena 16 settembre 1925 – Las Vegas 14 maggio 2015. Bluesman. Una cinquantina di album, quindici Grammy (l’ultimo nel 2009), una stella sull’Hollywood Boulevard, una laurea ad honorem dalla University of Mississippi, una medaglia d’onore del Presidente (una rarità per chi suona il blues). Tra il 1951 e il 1985 è entrato 74 volte nella classifica americana sia dei brani sia degli album più venduti. Nel 1956 ha fatto 342 concerti, a 85 anni sottolineava con orgoglio di tenerne «ancora più di 150 l’anno. I concerti sono stata la ragione della fine del mio secondo matrimonio». Si è sposato due volte, ha fatto quindici figli con quindici donne diverse. Ha una cinquantina di nipoti. «Io non campo senza donne».
• B.B., abbreviazione di Beale Street Blues Boy, la strada dei club di blues di Memphis.
• La storia di B.B. King comincia a Itta Bena, tra i campi di cotone del Mississipi, 89 anni fa e finisce il 14 maggio 2015, nella più classica villa kitsch di Las Vegas, piena di cimeli che potrebbero parlare, proprio come parlava Lucille, la chitarra che ha reso celebre quest’uomo. Se n’è andato mentre dormiva, il diabete che lo accompagnava da 20 anni e nell’ultimo mese ne aveva messo a dura prova il sistema cardiocircolatorio. Il 30 aprile scorso era stato ricoverato in ospedale, ma aveva chiesto di tornare a casa per morire, ed è stato accontentato [S24 15/5/2015].
• Nato in una capanna, figlio di mezzadri: il padre Albert King se ne andò, la madre Nora Ella Farr morì giovane. Cresciuto della nonna Elnora Farr nel 1941, viveva raccogliendo il cotone e sognava di fare il musicista: «Raccoglievo cotone in Mississippi dal lunedì mattina al mezzogiorno di sabato, e al sabato pomeriggio andavo in città, all’angolo di una strada del centro. Se cantavo gospel, la gente si complimentava con me ma non sganciava un soldo, se suonavo il blues mi davano sempre una mancia e a volte mi pagavano anche una birra. Ero capace di tirar su anche cinquanta o sessanta dollari» [Sta 15/5/2015]. Come raccoglitore prendeva 35 centesimi ogni 10 libre di cotone.
• Nel 1943 si trasferisce a Indianola (Missisipi) e tre anni dopo a Memphis (Tennessee). Ma al ritorno dal fronte – ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale – passato alla guida dei trattori ha un incidente che gli impedisce di continuare a lavorare nei campi [S24 e Fat 15/5/2015]
• Dal 1947 fa concerti in vari locali e nel 1949 comincia a registrare per la Rpm di Los Angeles: «Quello che so fare è suonare, quello che amo fare è suonare, quello che voglio fare, ancora oggi, è suonare. Probabilmente avrei suonato anche se non mi avessero pagato, l’avrei fatto comunque, anche senza soldi, perché volevo fare dischi, volevo che la gente ascoltasse la mia musica, pensavo di avere qualcosa da dire e di meritare di essere ascoltato. Non avevo un insegnante a disposizione, dovevo cavarmela da solo […]. Scelsi di suonare la chitarra perché costava meno di altri strumenti […] e imparai a suonare il blues dai miei vicini di casa» (B. B. King).
• Comprò la sua prima chitarra a dodici anni per 15 dollari, ma il suo amore fu tutto per Lucille, una Gibson Gibson ES-355 custom: «Una chitarra parlante quasi singhiozzante» (George Harrison).
• In Arkansas, «suonavo in un night-club. D’inverno, quando faceva freddo, mettevano un bidone della spazzatura pieno di cherosene in mezzo alla sala. Lo usavamo per riscaldarci. Due tipi cominciarono a picchiarsi una sera e uno dei due cadde sul bidone da cui uscì quello che sembrava un fiume di fuoco. Tutti fuggirono dalla porta d’ingresso, incluso me. Ma appena fuori mi resi conto che avevo lasciato la chitarra dentro. Tornai dentro: la costruzione era in legno, il fuoco si diffuse rapidamente, tutto intorno cadevano pezzi del locale. Ho quasi perso la vita per salvare la mia chitarra. E subito scoprimmo che quei due stavano litigando per una signora che lavorava lì. Il suo nome era Lucille. E io ho chiamato la chitarra Lucille per ricordarmi di non fare mai più una cosa del genere» (B.B. King).
• Il primo successo discografico è del 1951, 3 O’ Clock Blues. Dopo anni di tournée nel circuito della musica race, lascia la sua etichetta Modern e nel 1962 si trasferisce alla ABC-Paramount. Nel 1965 pubblica un album che sarà fonte di ispirazione per centinaia di chitarristi blues, Live at the Regal, ma per raggiungere il pubblico bianco dovrà aspettare il 1967 e quei concerti a San Francisco per l’audience della nascente scena Flower Power. Nel 1969 aprirà i live dei Rolling Stones e si guadagnerà il primo dei suoi 15 Grammy Award. Un anno più tardi i Beatles citeranno il suo nome nel divertissment di Dig It. All’età di 45, insieme con Albert King e Freddie King, veniva finalmente considerato uno dei tre «King» della chitarra elettrica blues [S24 15/5/2015].
• Tra i suoi idoli ci sono T-Bone Walker, Lonnie Johnson, Charlie Christian e Django Reinhardt. Aveva una passione per Frank Sinatra.
• Negli anni ’80 lo si vede nei Robinson in tv e nei Blues Bothers al cinema dove interpretava se stesso «suonando uno dei suoi più grandi successi, How Blue Can You Get, in una band immaginaria che comprendeva fra gli altri Eric Clapton, Steve Winwood e Wilson Pickett» [Fat 15/5/2015].
• «È seduto in mezzo al palco con una giacca blu argentea, la sorella di una vita, Lucille [la sua chitarra, ndr], è regolarmente al suo posto, in grembo, e sussulta, sincopata, come ha fatto instancabilmente da quasi settant’anni. Ma, improvvisamente, l’impianto salta, gracchia malamente. È vergognoso che non si sia fatto un soundcheck rigoroso per una leggenda come lui. Ma lui non se ne cura, non si alza bizzoso né tantomeno inveisce: continua invece imperterrito a suonare, e la chitarra Lucille vola sopra qualunque stridio. Questo era B.B. King, questo l’ultimo concerto visto a Milano, un quinquennio fa agli Arcimboldi: un professionista infinito, capace di attraversare il globo in lungo e in largo oltrepassati da mò gli ottanta, quando i suoi coetanei da tempo riposavano a casa con i nipoti» [Matteo Cruccu, Cds 15/5/2015].
• Sempre sorridente e sudatissimo, con le sue giacche damascate, cantava i suoi classici con le tasche piene di quelle spillette a forma di Lucille che per anni sono state uno degli oggetti più concupiti dai fan.
• La lista dei personaggi che hanno suonato con lui va da Luciano Pavarotti a Bruce Willis, da Zucchero a David Gilmour, da Slash a Phil Collins passando per il Gotha della musica nera, compresi Ray Charles, Aretha Franklin, Chaka Khan, Bobby Bland ed Etta James con cui ha dato vita a una versione memorabile di Thrill Is Gone, il suo più grande successo insieme a Sweet Little Angel e alla trascinante versione di Everyday I Have The Blues. Certamente uno dei picchi di celebrità lo ha toccato nel 1988 grazie agli U2 che insieme a lui registrarono When Love Comes To Town, ai tempi di Rattle And Hum [Ansa 15/5/2015].
• Sposato con Martha Lee Denton dal 1946 al 1952 e con Sue Carol Hall dal 1958 al 1966: «Ho bisogno delle donne quanto dell’aria da respirare e l’acqua da bere. Per tutta la vita sono stato perdutamente innamorato delle donne. Sono scapolo da 24 anni e gli anni più felici sono stati quelli da sposato. Quante donne possono interessarsi a me per ciò che sono? Non sono bello, giovane, ricco o sexy. Tuttavia desidero ardentemente una donna. Non sono ancora morto» (così nella sua autobiografia, a 71 anni).
• «Ho delle dita stupide» (B.B. King).
• «Voglio solo ringraziarlo per tutta l’ispirazione e l’incoraggiamento che mi ha dato come chitarrista nel corso degli anni e per l’amicizia e i momenti in cui ci siamo divertiti insieme. Non c’è molto da dire, perché questa musica è quasi una cosa del passato e ora non ci sono molti mancini che suonano in quel modo puro come faceva lui. È stato un faro per tutti noi che amiamo questo tipo di la musica e lo ringrazio dal profondo del mio cuore» (Eric Clapton si Facebook).
• «Grazie a tutti per i vostri auguri e per le vostre preghiere» (così l’ultimo post su Facebook di B.B. King. È datato 1°maggio 2015).
Eredita È morto ricco, forse ricchissimo, proprietario, tra l’altro, di una catena di locali in tutta America in cui naturalmente si suona il blues. Il riscatto di una vita era visibile al collo, tra le dita, ricoperte di ori, nelle giacche costose e orripilanti: le pietre e le catene d’oro erano il segno di un passaggio di confine tra l’essere schiavi e celebrati.
• A novembre la figlia Patty ha accusato Laverne Toney, il suo storico manager, di appropriazione indebita del patrimonio e dei beni del padre, tra cui alcuni gioielli, di avergli negato le medicine mentre il musicista si trovava in tour e di averlo isolato dai suoi affetti, dalla famiglia e dagli amici storici come Willie Nelson, Carlos Santana ed Eric Clapton [Il Secolo XIX 15/5/2015]. La vicenda è finita in tribunale: nella giornata giovedì 7 maggio, però, un giudice di Las Vegas ha respinto le accuse mosse dalla famiglia di B.B. King nei confronti della manager, dal momento in cui non esiste alcuna prova degli abusi subiti dalla leggenda del blues. Laverne Toney ha quindi mantenuto il controllo legale degli affari del musicista. Immediatamente dopo la pronuncia del verdetto, i tre figli di B.B. King, Karen Williams, Rita Washington e Patty King, hanno promesso che porteranno avanti la loro battaglia [Rockol.it].
• Secondo i familiari, Toney si sarebbe anche rifiutato di portare il musicista dal dentista per curare un ascesso perché non avrebbe avuto i soldi necessari. Pare che siano 5 i milioni che sarebbero scomparsi da un conto di B.B. King di questi 453 mila dollari sarebbero stati ritirati ad aprile [independent.ie].
• «Al centro di tutta questa questione ci sono i soldi. Mr. King non è più in grado di partire alla volta di un tour, quindi non ci sono soldi in entrata. L’unico modo per ottenere denaro, ora come ora, consiste nel portare avanti queste azioni frivole» (il manager Laverne Toney e il suo avvocato Brent Bryson).