31 marzo 2015
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Biografia di Amanda Knox
Seattle (Stati Uniti) 9 luglio 1987. Il 4 dicembre 2009 fu condannata a 26 anni per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, accoltellata nella sua casa a Perugia l’1 novembre 2007, il 3 ottobre 2011 fu assolta in appello. Dopo altri tre processi, il 27 marzo 2015 la quinta sezione della Cassazione l’ha definitivamente assolto dall’accusa di omicidio.
• Nel caso venne inizialmente coinvolto anche Patrick Dija Lumumba, proprietario del locale dove lavorava Amanda Knox; secondo le dichiarazioni di Amanda, dimostratesi poi false, Lumumba si sarebbe trovato nel luogo del delitto la sera dell’omicidio.
• «Da una parte la studentessa che, a Seattle, consegue bei voti lasciando un ottimo ricordo negli insegnanti, pratica tanti sport, soprattutto football e arrampicate su roccia, dalla morale ineccepibile grazie all’educazione impartitale dai padri gesuiti presso i quali è andata a scuola. Dall’altra, la ragazza spregiudicata, in competizione con la madre, che, appena arrivata a Perugia, ha un rapporto sessuale su di un treno con un ragazzo, tale Federico, conosciuto da poco, e che sul suo blog posta un racconto in cui descrive lo stupro a una donna. È il ritratto di Amanda Knox secondo il quotidiano inglese Daily Mail [...] “Amanda rimase sconvolta quando sua madre Edda, a 39 anni, sposò, in seconde nozze, un ragazzo di 27. A ferirla erano i pettegolezzi che sentiva nel sobborgo di Seattle dove abita la sua famiglia. Da allora Amanda ha sviluppato un’incapacità di avere amicizie femminili diventando molto gelosa di sua mamma”. Ai party universitari è spesso ubriaca e cambia ragazzo in continuazione “per emergere dall’ombra della madre”. Philip Setran, un suo amico dall’infanzia, afferma che “non ha mai avuto vere amicizie femminili, ha sempre e solo frequentato ragazzi”. Quando arriva all’università di Perugia, Amanda si fa subito notare per il suo comportamento sopra le righe. Un compagno di corso dice al Daily Mail: “Sembrava che per lei il massimo del divertimento fosse dar fastidio alle altre ragazze. È una tipa a cui piace parlare molto e ridere dei suoi stessi scherzi”. I giornalisti inglesi hanno rintracciato un altro ex della breve esperienza perugina di Amanda, Daniele Di Luna, un ragazzo di Roma: “Abbiamo fatto sesso una notte, l’avevo appena conosciuta”. Ma non ha voluto aggiungere altro» (“Corriere della Sera” 12/11/2007)
• «“Quella sera mi pare che sono stata a casa di Raffaele e credo che abbiamo cenato verso le 11. Dopo cena ho notato sangue sulla mano di Raffaele, ma ho avuto l’impressione che il sangue fosse proveniente dal pesce”. Amanda Knox scrive il suo memoriale il 6 novembre mentre aspetta di essere trasferita in carcere. Il racconto è confuso, ma sembra avere uno scopo preciso: alimentare i sospetti sul suo fidanzato. Perché quello che emerge leggendo le dichiarazioni della ragazza statunitense accusata insieme allo stesso Raffaele Sollecito e Rudy Hermann Guede di aver violentato e ucciso Meredith Kercher, è la volontà di indirizzare le indagini verso altre persone. Poco prima ha accusato Patrick Lumumba di essere l’assassino, ha detto di non ricordare se Raffaele fosse presente, ha giurato di trovarsi in un’altra stanza. Adesso, però, chiede carta e penna e dà una nuova versione. Comincia tutto alle 23 del 5 novembre, Amanda è in questura per un nuovo interrogatorio. La polizia ha scoperto uno scambio di sms con Lumumba. Lei, seduta su una panca accanto a un’agente, parla subito di “tutti gli uomini che sicuramente conoscevano Meredith”. Indica “le strade dove abitano disegnando strade e punti di riferimento sul suo quadernone, nonché le utenze cellulari”. Una lista precisa che, si scoprirà soltanto in seguito, comprende anche persone che la stessa Amanda trascinerà poi nell’inchiesta: “Peter, uno svizzero che frequentava certamente Meredith e più volte è venuto a casa nostra; Patrick, il proprietario del pub ‘Le Chic’ dove lavoro, sicuramente la conosceva, io non so però dove abita; Ardak, un nordafricano; Yuve, un algerino che saltuariamente lavora a ‘Le Chic’; Spyros, un greco di cui ho soltanto il cellulare; Shaky, un marocchino che lavora in una pizzeria e frequenta le discoteche e i pub dove andiamo”. Descrive Rudy senza nominarlo: “C’è un ragazzo di colore, basso, che gioca a basket nel campo di piazza Grimana, che una volta è venuto a casa dei ragazzi che abitano sotto di noi e quella volta c’era anche Meredith”. Poi si concentra sul suo fidanzato: “So, perché me lo ha confidato lui, che in passato faceva anche uso di cocaina e acidi... Raffaele ha problemi di depressione e tristezza”. Nell’interrogatorio Amanda racconta di essere stata nella casa del delitto. Accusa Patrick. Il magistrato ordina i fermi. È l’alba. Qualche ora più tardi, la ragazza scrive le quattro pagine “che tutti i poliziotti devono leggere”. “È dopo tutte le ore di confusione che sono venute fuori le risposte. Quella sera sono stata a casa di Raffaele Sollecito, ma non ricordo... forse ho fatto l’amore con lui... Ho fumato della marijuana con lui e potrei essermi addormentata. Una cosa che ricordo è che ho fatto la doccia con Raffaele, e questo potrebbe spiegare come abbiamo trascorso il tempo. In realtà non ricordo esattamente che giorno fosse, ma ricordo che abbiamo fatto la doccia e ci siamo lavati per parecchio tempo. Lui mi ha pulito le orecchie, mi ha asciugato e spazzolato i capelli”. Poi smentisce quello che ha appena affermato davanti al pubblico ministero e cioè di aver portato Patrick da Meredith: “Ho ricevuto un suo sms. Mi diceva che non era necessario che andassi a lavorare quella sera perché non c’era nessuno. Adesso ricordo anche di avergli risposto ‘Ci vediamo. Buona serata!’, e questo per me non significa che lo avrei incontrato immediatamente”. Parla del sangue sulla mano di Raffaele. Poi continua: “Ho seri dubbi sulla verità delle mie dichiarazioni perché rese sotto pressione di stress, choc e perché ero esausta. Mi era stato detto che sarei stata arrestata e messa in prigione per trent’anni. Quando non ricordavo le cose sono stata colpita in testa, ma capisco lo stress della polizia... Ho avuto un flash e vedo Patrick in immagini confuse. L’ho visto vicino al campetto di basket, vicino alla porta di casa. Mi sono vista rannicchiata in cucina perché nella mia testa ho sentito Meredith gridare. Le cose mi sembrano irreali come in un sogno. Non so se è successo o se è un sogno... Non ho mai chiesto a Raffaele di mentire per me. So che Raffaele ha fornito prove contro di me, affermando che sono uscita da casa sua la notte dell’omicidio. Non penso che Raffaele ha ucciso Meredith, ma penso che sia spaventato come me. E adesso tenta una via d’uscita prendendo le distanze da me... Voglio che sia molto chiaro che quegli avvenimenti mi sembrano più irreali di quanto ho dichiarato prima e cioè che io stavo a casa di Raffaele”. Poi lei stessa riconosce che il suo racconto non regge: “Tutto quello che ho detto sul mio coinvolgimento nella morte di Meredith, sebbene contrastante, è la migliore verità che sono stata in grado di pensare. Mettetela così: voi pensate che quello che io credo sia accaduto... C’è una cosa che dentro di me penso sia vera, ma c’è un’altra possibilità che potrebbe essere vera. Onestamente non so quale sia quella giusta”. Sembra un delirio. “Io so di non aver ucciso Meredith. Nei flash vedo Patrick come l’assassino, ma il modo in cui la verità appare nella mia mente non c’è nessun modo di appurarla, perché non ricordo con certezza se c’ero. Io chiedo: chi è il vero assassino perché credo che potrei essere usata come testimone che condanna. Perché Raffaele ha mentito (oppure, per voi) Raffaele ha mentito? Perché penso a Patrick? È affidabile la prova che io mi trovavo a quell’ora nel luogo del crimine? Ci sono prove che condannano Patrick o un’altra persona?... Vi prego, non prendetevela con me, sto facendo del mio meglio. Se vi sembra che nel mio racconto ci sono parti che non hanno senso, chiedete. Credetemi, anche se capisco i motivi per cui non lo fate”. Il giorno dopo Amanda torna a casa “a farmi la doccia, non ho pensato che qualcuno fosse stato ucciso”. Lo scrive dopo aver confessato di essere stata nella villetta al momento dell’omicidio. Forse è proprio per crearsi l’’alibi che quella mattina aveva chiamato più volte Meredith al cellulare. Lo racconta alla polizia Alessandro Biscarini. Nel giardino della sua casa sono stati buttati i telefonini della vittima. “Alle 11,45-12 il secondo cellulare ha squillato più volte, sia in giardino sia in casa. Mentre squillava ho guardato il display e ho visto apparire il nome Amanda”» (Alessandro Capponi Fiorenza Sarzanini, “Corriere della Sera” 22/11/2007)
• I pm Giuliano Magnini e Manuela Comodi ne avevano chiesto il rinvio a giudizio per il delitto della Kercher nel luglio 2008. Con lei, erano accusati Raffaele Sollecito, con cui aveva una relazione al momento dell’omicidio, e l’ivoriano Rudi Guede. «Per i pm tutti e tre gli imputati sono responsabili della morte della studentessa inglese e tutti (anche se Guede sembra aver avuto una parte predominante) sono accusati di averla violentata e derubata delle carte di credito, di 300 euro in contanti e di due telefoni cellulari. Ma solo Amanda e Raffaele, secondo la Procura, sono gli autori della manipolazione della scena del crimine, elaborata dai due per simulare un tentativo di furto da parte di estranei. E ancora solo per loro due c’è l’accusa di aver portato fuori dalla casa di Raffaele il coltello su cui sono state trovate tracce del profilo genetico di Meredith» (Meo Ponte).
• Condannata in primo grado a 26 anni di reclusione, il 3 ottobre 2011, alle ore 21.43, la Corte di assise di appello di Perugia, presieduta da Claudio Pratillo Hellmann, dopo aver disposto la parziale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha assolto con la formula di non aver commesso sia la Knox che Sollecito dalle accuse di omicidio e di violenza sessuale, e per insussistenza del fatto dall’accusa di simulazione di reato, e ne ha ordinato conseguentemente la scarcerazione immediata. I due hanno lasciato le case di reclusione prima della mezzanotte, mentre nella piazza Matteotti, di fronte all’uscita dell’aula d’udienza si scatenava un’aspra protesta contro la sentenza e contro gli stessi difensori degli imputati.
• Amanda Knox lascia l’Italia diretta a Seattle il 4 ottobre 2011 alle ore 11:45 facendo scalo proprio nel regno Unito, nella sala riservata alle alte personalità, per motivi di sicurezza, dell’aeroporto internazionale di Heathrow.
• Il 26 marzo 2013 la prima sezione penale della Corte di cassazione annulla le sentenze di assoluzione del secondo grado di giudizio e respinge il ricorso della Knox contro la condanna per calunnia, che diventa definitiva.
• Nell’agosto 2013 Amanda fa sapere che non tornerà in Italia per il nuovo processo: «Ho sostenuto 86 udienze e in decine di occasioni ho presentato dichiarazioni spontanee, che altro dovrei dire o fare di più? Sono libera e presunta innocente, la mia è solo una scelta processuale di affidarmi completamente ai miei difensori». Uno dei suoi legali, l’avvocato Luciano Ghirga: «Amanda non capisce come sia processualmente possibile che una cosa sia prima nera, poi bianca e ora di nuovo nera. E comunque non sta fuggendo da niente».
• Nel 2013 ha scritto un libro, Waiting to be heard, in cui racconta i quattro anni trascorsi in carcere in Italia.
• Il 30 gennaio 2014, al processo bis, la Corte d’assise d’appello di Firenze, dopo quasi dodici ore di camera di consiglio, ribalta la vecchia sentenza di secondo grado e afferma la colpevolezza dei due imputati, condannando Amanda Knox a 26 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25. Nessuna misura restrittiva in carcere in attesa del nuovo ricorso in Cassazione, ma divieto di espatrio e ritiro del passaporto per Sollecito.
• Il 29 aprile 2014 vengono rese note le motivazioni della sentenza – contenute in 400 pagine - che ha condannato Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’assassinio di Meredith Kircher. Secondo i giudici di Firenze, la giovane inglese fu ammazzata non con uno, ma con due coltelli, e non per aver resistito a un atto sessuale, ma in mezzo a un litigio provocato dal furto di soldi e carta di credito da parte di Amanda e Raffaele. Raffaele e Amanda, dopo il litigio provocato dalle proteste di Meredith per il furto dei soldi e della carta di credito, avrebbero colpito ripetutamente con i loro due coltelli Meredith. La ragazza era arrabbiata anche per il comportamento di Guede, che oltre tutto aveva sporcato il bagno. «Secondo la ricostruzione della Corte d’appello di Firenze, Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudi Guede “collaborarono tutti per il fine che si erano proposti: immobilizzare Meredith e usarle violenza”. Guede era animato dall’“istinto sessuale”, Amanda e Sollecito da “volontà di prevaricazione e di umiliazione di Meredith” che poi fu accoltellata. “Ad un certo punto della sera gli eventi precipitarono – scrivono i giudici – la ragazza inglese venne aggredita da Amanda Marie Knox, da Raffaele Sollecito, il quale spalleggiava la propria ragazza, e da Rudy Hermann Guede, e costretta all’interno della propria camera ove avvennero le fasi finali dell’aggressione e dell’accoltellamento”. La Corte ritiene che “l’arma che produsse la ferita nella parte destra del collo fosse impugnata da Raffaele Sollecito e l’altra lama – si legge ancora nelle motivazioni – quella che produsse la ferita estesa sulla parte sinistra del collo (...) e che provocò la morte di Meredith Kercher sia stata da impugnata da Amanda Marie Knox. Si tratta del coltello sequestrato all’interno dell’abitazione di Raffaele Sollecito” (…)» [Cds 29/4/2014}. I giudici sostengono inoltre che ci sono tracce del dna di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith e sul coltello con cui Amanda avrebbe colpito. Giulia Bongiorno, che difende Sollecito, sostiene che non c’è traccia del ragazzo da nessuna parte. Aggiunge che nella sentenza «ci sono almeno dieci errori clamorosi per pagina» e si dice sicura che la Cassazione (ci torneranno nel marzo 2015) cancellerà tutto.
• Il 27 marzo 2015 la quinta sezione della Cassazione, dopo dieci ore di camera di consiglio, ha deliberato che Sollecito e la Knox devono essere assolti dall’accusa di omicidio di Meredith Kercher. Il quadro disegnato da chi aveva indagato e da chi aveva poi condannato Amanda e Raffaele «non è sorretto da indizi sufficienti». In carcere c’è solo l’ivoriano Rudy Guede, condannato in via definitiva a sedici anni con rito abbreviato per «concorso in omicidio». Ad Amanda rimane la condanna per la calunnia che ha portato in carcere Patrick Lumumba: tre anni, già scontati.
• I genitori e la sorella di Meredith non nascondono la «profonda delusione per l’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito: «Sapevamo che era un risultato possibile, anche se non era quello che ci aspettavamo». I media britannici sono scatenati. L’Independent parla di «atroce errore giudiziario», mentre il Guardian sottolinea che «questa non è certo la conclusione che i Kercher volevano o si aspettavano». Il giornale accenna anche a una «pillola amara» da digerire per i parenti di Mez, mentre il Sun sottolinea come sia iniziata «la nuova agonia per la mamma di Meredith».
• Commento di Amanda Knox dopo l’assoluzione: «Il futuro? Non so ancora, adesso assorbo il presente, un momento di grande gioia».
• Amanda, che qualche mese collabora col West Seattle Herald, un piccolo giornale per il quale scrive articoli che spaziano dal teatro alla natura, sta organizzando le nozze col fidanzato Colin Sutherland, 27 anni, musicista soprannominato Thunderstrike che suona la chitarra basso in un gruppo rock, The Johnny Pumps, la cui musica viene definita «impure metal», con un sottofondo punk. I due dovrebbero sposarsi la prossima estate (Gaggi, Cds).