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 2015  marzo 25 Mercoledì calendario

Biografia di Daniele Verde

• Napoli 20 giugno 1996. Calciatore. Attaccante. Della Roma. Esordio in Serie A il 17 gennaio 2015 a Palermo (1-1).
• Mancino, piccolino (168 centimetri), veloce e con un buon dribbling. Nasce terzino, Vincenzo Montella nei Giovanissimi della Roma lo ha trasformato in ala.
• «Lo vedi, sembra Manuel Iturbe. Bassetto, non arriva al metro e settanta, tozzo come un torello, mancino classico, che con il destro ci scende, forse, dal letto la mattina quando si sveglia o ci cammina soltanto. Ha un po’ di barba, sembra più grande di quello che è. È maturo, ha lasciato pefino il pensionato di Trigoria e ha preso un appartamentino vicino al campo di allenamento del Bernardini. Resta, calcisticamente, un cucciolo. Un cucciolo di mastino, ovviamente napoletano. Proprio sotto il Vesuvio, infatti, nasce Daniele e quando aveva appena quattordici già attirava su di sé le attenzioni di grandi club italiani. Proprio in quel periodo, gli appare davanti San Gennaro Bruno Conti, che non ha fatto altro che raccogliere una segnalazione di un suo osservatore della Campania e lo è andato a visionare. Verde giocava nel Pigna Calcio. Da lì l’immediato provino con la Roma: preso. Battuta sul tempo la Juventus che, così narra la leggenda, addirittura licenziò il suo talent scout per non aver notato prima il piccolo giocoliere napoletano» (Alessandro Angeloni) [Mes 10/2/2015].
• «È un calciatore che ha un talento di cui lui stesso non si rende conto. Lo disse Rudi Garcia dopo la magnifica prova di Cagliari, all’esordio da titolare, lo conferma il diretto interessato, rammaricandosi che “non è un granché” il suo destro, che pure usa come pochi mancini sanno fare» (Francesco Oddi) [Gds 25/3/2015].
• «Mio fratello, che ora ha 41 anni, giocava nell’Inter, perché all’epoca i miei genitori vivevano lì. Lo allenava Giacinto Facchetti, lo avrà fatto impazzire: mio fratello era una testa matta. Era arrivato in Primavera, ma era frenetico, reagiva subito, mi ha detto tante volte di non seguire la sua strada. Poi mio padre per lavoro è dovuto tornare a Napoli, lui da solo non voleva stare, è tornato e ha smesso».