Specchio dei Tempi - La Stampa, 12 aprile 1972
Le origini di “ciao”: dal veneto, non dal piemontese
Una lettrice ci scrive:
«Prendo licenza di esprimere un mio pensiero circa l’incriminato saluto denunciato dalla lettrice Maria Pautasso, vale a dire il “ciao signora” pronunciato da Moccagatta e C. alla radio e alla tv. Esso è un termine di origine prettamente veneta, anticamente era un saluto cerimonioso, cioè: “schiavo vostro”. Detto in dialetto suonava “s-ciao vostro”. Poi subì un’elisione nell’aggettivo possessivo e rimase: “s-ciao”.
«Con il passare del tempo si disse “ciao” e questa nuova forma passò nella Lombardia e si estese in tutta Italia. E sempre per via della metamorfosi che subisce una lingua, il “ciao” divenne via via sempre più confidenziale e usato di preferenza fra persone legate con il “tu”. Instaurato oggi alla radio, può dare fastidio in quanto considerato ineducato, però il termine è esatto qualora volessimo risalire alle origini.
«In altre parole “ciao” è “corruzione di schiavo” ed il Tommaseo fa testo. In alcuni luoghi, ancor oggi, usa dire schiavo – schiavo vostro – vi sono schiavo, e la frase è sempre considerata come un saluto cerimonioso. In altri luoghi: – E schiavo! – sta per “Addio”. Anche noi piemontesi (pur essendo i meno dotati a criticare le forme di cui non abbiamo orecchio perché l’italiano lo conosciamo male) usiamo dire: “Ho perso il treno. S-ciao”».
«Ma questo “s-ciao” non è altro che l’“addio” di cui sopra. Del resto chi di noi non si è meravigliato nell’udire il vocabolo “interpetrare” detto dal presidente Leone? Eppure era esattissimo. Ciao a tutti. Grazie».
Maria Vottero