Il Giornale, 30 marzo 2013
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Benedetto XVI, dall’elezione alle dimissioni
Sul conclave che si apre il 18 aprile 2005 aleggia lo spirito di Giovanni Paolo Il, ovvero quella grande personalità incombe sui 115 cardinali chiamati a scegliere il suo successore e in qualche modo li condiziona; si impone una linea di continuità, con un papa che miri a portare avanti un dialogo ecumenico, ma senza discostarsi da un rigore dottrinale. E così accade. Dopo soli quattro scrutini, dal comignolo della Cappella Sistina, alle ore 17,50 del 19 aprile, esce la fumata bianca e alle 18,04 suonano le campane di San Pietro; quasi tre quarti d’ora dopo c’è l’annuncio del protodiacono alla folla ammassata nella piazza. A sentire «Josephum» esplode un’ovazione, anche se non totale, perché la gente ha già capito di chi si tratta; è Joseph Ratzinger, del quale radio, televisioni e stampa hanno parlato tanto nei giorni precedenti il conclave, presentandolo come il favorito, per la sua grande capacità di dominio nella Curia e di prestigio tra gli stessi cardinali come decano del collegio. Le sue omelie per i funerali di Giovanni Paolo n e nelle congregazioni di preparazione al conclave sono parse autentici manifesti di propaganda elettorale. E così il cardinale tedesco ha smentito il detto che «chi entra papa in conclave, esce cardinale»; si chiamerà Benedetto XVI.
Quando si affaccia alla loggia delle Benedizioni, le braccia aperte verso la folla, pronuncia un primo discorso, che vale come presentazione ai fedeli: «Cari fratelli e care sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo Il, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del suo aiuto permanente. Andiamo avanti, il Signore ci aiuterà, e Maria, sua santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie». E c’è chi vede in certe parole una «captatio benevolentiae» da parte di chi si attendeva una persona più disponibile al progresso della Chiesa nel mondo moderno. Perché Ratzinger non è così.
E nato il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn, nella diocesi di Passau in Germania, da un’antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera; i suoi genitori, non particolarmente benestanti, gli hanno assicurato un’educazione dignitosa tanto che, a fronte di alcune difficoltà, per un certo periodo è il padre stesso «di professione commissario di gendarmeria» ad occuparsi della sua istruzione. La sua infanzia si trova segnata dagli avvenimenti della storia nazista; infatti a dodici anni aderisce alla gioventù hitleriana e a sedici viene richiamato nei servizi ausiliari antiaerei, ma la vocazione ecclesiastica matura in lui proprio come reazione agli orrori della guerra.
Si iscrive all’università di Monaco per gli studi molto «laici» di filosofia senza trascurare quelli di teologia, e proseguendo nella Scuola superiore di Filosofia e Teologia di Frisinga. Il 29 giugno 1951 Ratzinger viene ordinato sacerdote e si dedica all’insegnamento a Bonn, Munster e Tubinga, all’insegna di una ferrea ortodossia e intransigenza di pensiero; e così acquista notorietà come consulente teologico al Concilio Vaticano n. Nel 1969 è professore di Dogmatica e Storia dei dogmi all’università di Ratisbona, dove è anche vicepresidente.
Paolo vi il 24 marzo 1977 lo nomina arcivescovo di Munchen und Freising e nel concistoro del 27 giugno lo crea cardinale; il 25 novembre 1981 da Giovanni Paolo n è nominato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nonché presidente della Pontificia commissione biblica e della Pontificia commissione teologica internazionale. Ma quello che qualifica Ratzinger sulla linea del cattolicesimo più ortodosso è la presidenza della Commissione per la preparazione del catechismo della Chiesa Cattolica. Peraltro fanno testo i numerosi libri pubblicati, tra i quali La Chiesa, Israele e le religioni del mondo, nel quale c’è la base di quella apertura compiuta da Giovanni Paolo II alla comunità ebraica, e Maria Chiesa nascente, che è una conferma della fede nella Madonna che accomuna Benedetto XVI a papa Wojtyla.
Nonostante certi scritti Ratzinger non si presenta come un papa che possa andare incontro all’opportunità dei tempi e a più riprese infatti ha criticato con forza deviazioni, rituali e non, dalla fede, così da essere soprannominato «panzerkardinal». Eccolo mostrarsi critico verso alcune innovazioni liturgiche, a cominciare dal fatto che durante la messa fedeli e sacerdote sono rivolti l’uno verso gli altri. Eccolo accusare «la comunità non più rivolta verso il sole che sorge, cioè verso Cristo, ma chiusa in se stessa». Così anche, commentando la Via Crucis dell’ultima Pasqua al posto di Giovanni Paolo n malato, nota «quanta sporcizia c’è nella Chiesa e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a Lui. Quanta superbia! Quanta autosufficienza!». In pratica denuncia una barca di Pietro che sta per affondare; e si ripromette di metterla sulla giusta rotta. E intende farlo, come afferma nell’omelia della prima messa che celebra da papa la mattina del 20 aprile: vuole aprire un dialogo con le altre comunità cristiane per una ricostituzione dell’unità dei seguaci di Cristo. Queste sono parole in qualche modo nuove rispetto a quelle pronunciate da ortodosso della fede cattolica, lo schierano nella speranza di una Chiesa aperta e rinnovata, sempre comunque alla luce della Verità evangelica. Come il motto del suo stemma conferma: «Cooperator veritatis».
A giugno del 2005 la pubblicazione del Catechismo universale, già elaborato da Ratzinger in veste di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ribadisce i principi della dottrina cattolica nella tradizionale ortodossia, che si collega al rilancio del latino come lingua ufficiale della Chiesa e che si vuole reinserire nella liturgia della messa. E un compendio di 598 domande, a partire da Dio «perfetto e beato in se stesso» e altrettante risposte che culminano nell’auspicio che l’umanità «sia liberata da Satana e dalle sue opere». Si tratta di un catechismo all’antica, perché il ritorno alle domande-risposte abolite dopo il concilio Vaticano il costituisce un passo indietro nel rapporto con i fedeli, ma Ratzinger lo giustifica all’insegna di una «chiarezza della contemplazione».
Su questa base il rapporto fede-scienza-natura o la questione omosessuale, che investe anche il campo ecclesiastico con alcuni casi eclatanti, mostra un approccio che rischia di apparire logorato. La proclamazione che «la fede supera la ragione» e che l’atto omosessuale equivale allo stupro o alla prostituzione, come peccati contro la castità, rischia di creare fratture tra i fedeli; oltretutto definire immorale la contraccezione è una dichiarazione già accantonata dalla prassi di centinaia di milioni di cattolici praticanti.
Benedetto XVI inoltre smonta la curia di Wojtyla, a cominciare dalla sostituzione del segretario di Stato Angelo Sodano con il salesiano Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova, che ha collaborato con Ratzinger alla stesura del documento Dominus Jesus nel quale è ribadito che la salvezza eterna passa attraverso Gesù. Nell’ufficio stampa del Vaticano a Joaquìn Navarro Valls subentra il gesuita Federico Lombardi. mentre come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede c’è un fedelissimo di Ratzinger, il cardinale statunitense William Levada.
La valorizzazione della grande arte cristiana, del canto gregoriano e della musica sacra polifonica è un altro elemento che distingue il nuovo papa dal predecessore. Inoltre Benedetto XVI dà un taglio anche al numero altissimo di santi e beati proclamati da papa Wojtyla; i beati non li proclama più lui, ma li lascia in affido alle rispettive chiese locali, anche se è in programma lo stesso Giovanni Paolo n, e sui nuovi santi tira il freno.
Un altro taglio drastico interessa i viaggi. I suoi saranno pochi e mirati. Un esempio l’ha dato con la prima sortita a Bari il 29 maggio 2006: andata e ritorno in una mattina, solo per celebrare la messa. Ai primi di luglio è in Spagna e la funzione religiosa alla basilica degli Abbandonati a Valencia è un bagno di folla; il messaggio è un no alle coppie gay, il premier Zapatero non partecipa alla messa. La Spagna cattolica che ha legiferato le unioni di fatto al di fuori della Chiesa sembra non seguire il messaggio universale espresso dal papa il 20 aprile, nel quale il cattolicesimo è segnalato come chiave di volta della vita ancor prima delle leggi di uno Stato.
Ma i viaggi possono stancare, costituiscono un lavoro eccessivo per lui che si dichiara “vecchio” e a Castelgandolfo durante le ferie di agosto in una omelia domenicale sottolinea i «pericoli» legati ad una «attività eccessiva» che possono portare anche ad una «durezza del cuore, smarrimento dell’intelligenza, dispersione della grazia». Così quando il 10 settembre vola in Germania, anche se a Monaco è di casa, accusa apertamente lo stress del viaggio, perché soffre di ipertensione cardiaca. E forse per conseguenza di questa stanchezza a Regensburg il 12 settembre non sa trattenersi dall’attacco all’Islam radicale dichiarando che la Jihad è contraria a Dio; però il discorso fa capo ad una violenta invettiva anti-Maometto, piuttosto a sproposito. Il papa prende a prestito le memorie dell’imperatore Michele Paleologo, sul trono di Bisanzio tra il 1261 e il 1282, impegnato all’epoca nella guerra contro i turchi e abituato a discutere con un saggio persiano di cristianesimo e islam. Una frase tra le sue è fortemente negativa: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che predicava».
Con queste premesse, desta preoccupazione il viaggio che il papa ha in programma per novembre in Turchia e sembra vanificarsi il progetto di preghiere comuni tra cristiani, ebrei e musulmani che Giovanni Paolo Il voleva organizzare sul Sinai. Infatti arrivano le proteste islamiche da Ankara a Parigi, dal Cairo a Islamabad, con minacce sui siti filo-Al Qaeda. E allora il 16 settembre Ratzinger si corregge con un messaggio del Segretario di Stato in cui si legge che «il papa è dispiaciuto che passi del suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi per i musulmani e siano stati interpretati in modo non corrispondente alle sue intenzioni». Comunque la rettifica non è positiva per il prestigio pontificio e c’è chi fa risalire alla frase del papa la causa dell’assassinio della suora missionaria Leonella Sgarbati a Mogadiscio il 17 settembre, interpretato come una vendetta islamica.
Ma tra il 28 novembre e il primo dicembre il papa è ugualmente in Turchia, passando da Ankara a Efeso e a Istanbul. Benedetto XVI s’incontra con il premier turco Tayp Erdogan, visita il mausoleo di Ataturk, dove firma il Libro d’oro, ha un colloquio con il presidente della repubblica turca Necdet Sezer e con il Gran Mufti Alì Bardacoglu. E tutto procede bene fino alla firma di una dichiarazione congiunta con il patriarca ecumenico Bartolomeo i.
Benedetto XVI dopo un anno e mezzo di pontificato definisce la linea del proprio magistero nella prima enciclica Deus Caritas est del 25 dicembre, mettendo in guardia l’umanità dal dissociare due dimensioni dell’amore, «l’eros e l’agape». Senza l’agape, vale a dire «l’amore fondato nella fede e da essa plasmato», l’eros finisce per essere «degradato a puro sesso»; così diventa «merce», una cosa «che si può vendere e comprare» e «l’uomo stesso diventa merce». Mentre uniti - eros e agape - trovano una sintesi perfetta, una unità di concezione dell’amore di donare all’altro e di ricerca dell’altro. Anche il «matrimonio basato su un amore esclusivo diventa la rappresentazione di Dio col suo popolo e viceversa». Inoltre il papa si pone domande fondamentali sulla vita, su chi è Dio e chi siamo noi, fino alle riflessioni sulla rivelazione cristiana che trova il punto culminante proprio nell’espressione «Dio è amore».
Quanto indicato su amore e matrimonio si collega in qualche modo a quanto prescritto nel catechismo pubblicato nel 2005, ribadito nella dichiarazione della Cei sotto la presidenza di Ruini e confermato dal nuovo presidente Bagnasco, contro la legge sul riconoscimento delle coppie di fatto in discussione al parlamento italiano. E ancor più l’esortazione apostolica del 16 marzo 2007 dedicata all’eucarestia, Sacramentum Caritatis, piomba con fermezza sul dibattito politico italiano per un ampliamento del campo dei valori “non negoziabili” della natura umana, come la vita, che i politici cattolici debbono difendere, mentre viene ribadita la prassi della Chiesa di “non ammettere” ai sacramenti i divorziati risposati, fino alla dichiarazione che “coerenza eucaristica” significa che chi vota contro le indicazioni della Chiesa non può ricevere la comunione. E comunque ai sacerdoti viene prescritto di prepararsi «a celebrare la messa in latino, a utilizzare i testi latini e a eseguire il canto gregoriano», come preannunciato nel catechismo.
A questo punto appare chiaro che esiste uno scontro aperto tra il Vaticano, dalle dichiarazioni del papa alle pastorali della Conferenza episcopale, e lo Stato italiano, ovvero il parlamento e i rappresentanti cattolici dei partiti, nonché gli scienziati e gli scrittori. È che si contrastano due concezioni culturali, là dove Benedetto XVI sembra cambiar direzione al pontificato di Giovanni Paolo Il e cancellare quelli di Giovanni XXIII e Paolo vi, scavalcando lo spirito del concilio Vaticano n e arrivando a sconfessare una cultura che dal Rinascimento ha progredito fino all’illuminismo e allo storicismo, e dalla teoria di Darwin agli esiti scientifici di Freud, Einstein e della fisica quantistica. La nuova vocazione missionaria della Chiesa di Ratzinger è la lotta al relativismo, ovvero alla rivendicazione dell’autonomia di ciascuno anche nella ricerca sperimentale della verità.
Sempre importanti restano i viaggi del papa, nei quali sono affrontati i problemi sociali in relazione alla dottrina cattolica. Così negli Stati Uniti dal 15 al 21 aprile 2008 fondamentale è stato il suo discorso al palazzo dell’Onu su un piano diplomatico, ma ancor più rincontro a Washington con alcuni fedeli di Boston, vittime di abusi sessuali di preti pedofili, con i quali si è riunito in preghiera. Un incontro simile si è verificato anche nel viaggio in Australia dal 12 al 21 luglio 2008 con relativa dichiarazione che «i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia». In Camerun dal 17 al 20 marzo 2009 Benedetto XVI ha affrontato il dramma dell’Aids con dichiarazioni molto forti: «L’epidemia di Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi, aumentano i problemi».
E in Angola dal 20 al 23 marzo 2009 esprime critiche al trattato sui diritti delle donne in Africa adottato dall’Unione Africana nel 2003, che autorizza, in taluni casi, l’aborto terapeutico. L’aborto è ritenuto «una pratica che non aiuta le donne e minaccia le fondamenta della famiglia». Dichiarazioni che hanno suscitato forti critiche in Francia, Germania, Unione Europea e Nazioni Unite, con prese di posizione da parte di politici. Ed ecco che nell’intervista concessa al giornalista bavarese Peter Seewald e apparsa in un libro nel 2010 Benedetto XVI dichiara che «concentrarsi sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità», ma è comunque giusto usare il profilattico se protegge la donna dall’Aids; anche se poi vai a vedere che la dottrina fa riferimento alle prostitute.
E un terzo incontro con le vittime dei preti pedofili il papa lo ha avuto il 18 aprile 2010 a Malta, dove peraltro «ha garantito loro che la Chiesa sta facendo e continuerà a fare tutto quello che è in suo potere per indagare le accuse, assicurare alla giustizia coloro che sono responsabili degli abusi e applicare effettivamente le misure tese a salvaguardare i giovani in futuro». Ma in realtà certe dichiarazioni spesso non hanno trovato un riscontro nella realtà, perché i sacerdoti responsabili sono stati perlopiù tenuti al riparo dalla giustizia.
C’è poi sempre problematico il rapporto con gli Ebrei. Apparentemente la posizione di papa Ratzinger sembra allinearsi ai papi precedenti e proprio nell’incontro del 17 gennaio 2010 alla sinagoga si rinnova per gli Ebrei la qualifica di “Fratelli maggiori”. Qualifica che appare fortemente di circostanza, perché due anni prima di questo incontro Benedetto XVI ha provveduto ad effettuare un cambiamento nella preghiera per gli Ebrei, messo in atto per la possibilità di celebrare la messa in latino, concessa nel 2007 nel motu proprio «Summorum Pontificum» e il ritorno quindi al Messale Romanum tridentino. Benedetto XVI ha realizzato il cambiamento con una nota della Segreteria di Stato il 6 febbraio 2008, nella quale compare il nuovo testo latino, comunicato dalla Radio Vaticana in italiano: vi si raccomanda a Dio che «illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini», che è un modo diverso per augurarsi pur sempre una conversione degli Ebrei, come era nel testo originario.
Si è verificata una reazione da parte dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane con una lettera del presidente Andrea Gattegna pubblicata su «L’Osservatore Romano» del 9 novembre 2010, nella quale si implora: «La Chiesa dica che non ci vuole convertire». Dalla Santa Sede è giunta l’assicurazione che sarebbe stata effettuata una correzione nella nuova edizione del Missale Romanum Ex Decreto SS. Condili Tridentini Restitutum Summorum Pontificum Cura Recognitum, ma questa nuova edizione è apparsa espressamente con l’indicazione «Preghiamo per la conversione degli Ebrei», in vendita in libreria e su internet a 210 euro.
Altro impegno di Benedetto XVI è sulla carità cristiana, di cui si dibatte nell’enciclica Caritas in ventate del 29 giugno 2009, nella quale si ha, tra l’altro, una condanna di certi apparati burocratici con l’esortazione agli operatori economici e uomini politici perché «vivano pienamente nelle loro coscienze l’appello al bene comune rifuggendo corruzione, illegalità e sete di potere». E in questa condanna sarebbe stata doverosa l’autocritica, ovvero una condanna della gestione bancaria della Santa Sede tra gli anni Sessanta e Ottanta, condanna che invece non è pronunciata. Avrebbe significato un autodenuncia, con un riferimento ai paradisi fiscali delle isole Cayman, utilizzate come rifugio delle casse del Vaticano, e al passato di corruzione di operatori finanziari come Marcinkus, Sindona e Calvi. Impossibile.
Peraltro va tenuto presente che, fino al 30 dicembre 2010, la banca del Vaticano è l’unica al mondo a non aver sottoscritto il divieto di riciclaggio del denaro sporco, alternativa all’afflusso del denaro nei paradisi fiscali. Così che c’è la suppostone fondata che il riciclaggio sia rimasto un’operazione costante per le casse del Vaticano. A questo proposito è emblematico quanto avviene il 19 aprile 2010, quando 23 milioni di euro vengono versati dallo Ior nella Banca del Credito Artigiano per effettuare due bonifici, rispettivamente di 20 milioni per la banca tedesca J.P. Morgand di Francoforte e 3 milioni per la Banca del Fucino. Non sono indicati i nomi degli intestatari e per questo interviene la Banca d’Italia, che invita lo Ior a indicare i nomi, e di riflesso la Procura di Roma congela il conto e denuncia i responsabili della banca vaticana nelle persone del presidente Ettore Gotti Tedeschi e del direttore generale Paolo Cipriani. Generiche le spiegazioni date dai vertici dello ior, che restano indagati per il reato di «omessa osservanza» delle norme antiriciclaggio.
A fronte di questo “incidente” il 30 dicembre 2010 Benedetto XVI emana un motu proprio, nel quale prescrive le norme della Legge 127 dello Santa Sede «sulla prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo». In particolare per il reato di riciclaggio sono previsti fino a 4 anni per malversazione ai danni dello Stato e fino a 6 anni per truffa e abuso d’informazioni «riservate e privilegiate». Le norme valgono «per tutti i dicasteri e gli enti vaticani» e vi è espressamente specificato «l’impegno della banca vaticana ad operare secondo i principi ed i criteri internazionalmente riconosciuti». È chiaramente una risposta all’apertura del fascicolo sullo Ior da parte della procura di Roma; ma non si può pensare che la lettera apostolica possa avere una funzione retroattiva, per cui la Procura dovrebbe proseguire la sua indagine e arrivare a condurre in giudizio la banca vaticana. È probabile, invece, che salti fuori un escamotage per trarre lo Ior dall’impaccio. Considerando anche che, a fronte di quelle norme antiriciclaggio, il papa ha istituito una Autorità d’informazione Finanziaria, mirando a far entrare la Santa Sede nella White List dell’Ocse.
L’impegno di Benedetto XVI in questo campo appare evidente ed è sintomatica il 19 gennaio 2011 la nomina del presidente del nuovo istituto antiriciclaggio nella persona del cardinale Attilio Nicora, assistito da un consiglio direttivo di quattro laici. Il consiglio presenterà il complesso delle nuove leggi al «Gruppo di azione finanziaria internazionale» dell’Ocse, che valuterà quali sono le procedure da applicare per entrare nella White List e l’Autorità d’informazione Finanziaria le metterà a punto per la valutazione.
Il papa, instancabile, pubblica nel 2011 il secondo volume dedicato alla vita di Gesù, Gesù di Nazareth e compie ben dieci viaggi apostolici, che indiscutibilmente risulteranno stressanti per la sua salute. Il 7 e 8 maggio è a Venezia e Aquileia ed è importante la celebrazione della messa a piazza San Marco e nel Parco San Giuliano di Mestre, alla presenza di circa 300.000 fedeli giunti dal Nord-Est; nella sua predica condanna il relativismo ed esorta i cattolici ad impegnarsi nella vita politica. Dal 4 al 5 giugno è in Croazia, dove è accolto dal presidente Ivo Josipovic; durante l’omelia della messa svoltasi all’ippodromo di
Zagabria il papa ha ricordato la figura del gesuita Ruggiero Boscovich. Ha quindi celebrato i vespri nella cattedrale di Zagabria e si è recato a pregare sulla tomba del cardinale Stepinac. Il 19 giugno è a San Marino e durante la messa accusa l’edonismo e il relativismo, come mali che disgregano la famiglia,
Dal 18 al 21 agosto è in Spagna per la XXVI edizione della Giornata Mondiale della Gioventù; s’incontra con i sovrani e il premier Zapatero, ma l’evento religioso importante è la veglia di preghiera con la Via Crucis. E c’è da segnalare che il papa è rimasto sul palco nonostante la pioggia incessante: «Io rimango qui», avrebbe detto ai suoi collaboratori che l’invitavano a ritirarsi. Una forte critica è stata sollevata nei confronti del relativismo, dilagante, secondo Benedetto XVI, nella società contemporanea. La messa conclusiva si è tenuta all’aeroporto di Cuatro Vientos, dove i pellegrini hanno trascorso la notte dopo la veglia della sera precedente. Il papa ha esortato i giovani a «dare testimonianza della fede negli ambienti più diversi, specialmente nei luoghi dove è rifiuto o indifferenza. Non è possibile incontrare Cristo e non farlo conoscere agli altri, quindi non bisogna conservare Cristo per noi stessi, ma comunicate agli altri la gioia della vostra fede». Hanno assistito alla celebrazione i reali di Spagna, re Juan Carlos e la regina Sofia, e circa 2 milioni di persone. Al termine della Messa il Papa ha annunciato che la prossima Giornata Mondiale della Gioventù si terrà a Rio de Janeiro dal 18 al 23 luglio 2013.
Al ritorno dalla Spagna eccolo ad Ancona l’11 settembre, dove celebra la giornata conclusiva del XXI Congresso Eucaristico Nazionale di fronte a 100.000 persone. Alle ore 18 si incontra con i giovani fidanzati, ai quali ricorda che «bruciare le tappe vuol dire bruciare l’amore», e quindi li invita alla castità prematrimoniale.
Il sesto viaggio è in Germania dal 22 al 25 settembre ed è la prima visita ufficiale di Benedetto XVI nella sua patria. È accolto dal presidente della Repubblica Christian Wulff e dalla cancelleria Angela Merkel, insieme a Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Berlino; importanti sono rincontro con la comunità ebraica e la Messa all’Olympiastadion di fronte a circa 100.000 fedeli. Altrettanto interessanti rincontro con i musulmani tedeschi e la visita dell’ex monastero agostiniano dove è vissuto Martin Lutero.
E al ritorno è ancora in viaggio per Lamezia Terme e Serra San Bruno il 9 ottobre; nell’omelia della messa raccomanda di reagire alla violenza delle organizzazioni maliose e nel pomeriggio si reca alla Certosa, dove esalta la vita contemplativa, ricordando la visita compiuta da Giovanni Paolo n 27 anni prima,
Una volta a Roma eccolo impegnato l’11 ottobre nell’indizione dell’Anno della Fede, che si svolgerà dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013, per «riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede». Sabato 24 si sposta a Erfurt per la Messa e da lì a Friburgo; qui si incontra con Helmut Kohl, ex cancelliere tedesco, ma anche con i rappresentati delle chiese ortodosse. Domenica 25 ha un incontro con i giudici della Corte Costituzionale di Germania e i laici cattolici, per ripartire alle 18,45 verso Castel Gandolfo.
Il 27 ottobre è ad Assisi per il XXV incontro interreligioso promosso da Giovanni Paolo n nel 1986, e qui esorta i 300 esponenti delle diverse religioni presenti ad una giornata di riflessione in una comunità di intenti per la pace nel mondo. La visita alla basilica inferiore di San Francesco è il completamento ideale di certe finalità.
Una volta a Roma il 18 novembre riparte per il Benin, in cui i cattolici sono un terzo dei circa dieci milioni di abitanti e hanno buone relazioni con i musulmani e le altre religioni, Il papa è accolto dal presidente Yayi Boni e dal locale nunzio apostolico e si reca nella città di Ouidah, dove è la tomba del cardinale Gantin, Nella cattedrale firma l’Esortazione apostolica nella quale, tra l’altro è scritto: «La pace degli uomini che si ottiene senza la giustizia è illusoria ed effimera. La giustizia degli uomini che non trova la propria sorgente nella riconciliazione attraverso la verità nella carità rimane incompiuta e non è autentica giustizia». Importante è anche il paragrafo che il documento papale dedica al problema dell’Aids e delle altre malattie che affliggono l’Africa e sul problema dell’analfabetismo, «male che non uccide direttamente, ma contribuisce alla emarginazione delle persone, che è una forma di morte sociale, e rende impossibile l’accesso alla conoscenza». Torna a Roma il 20 novembre.
Ma il 2012 è sempre all’insegna dei viaggi, che saranno solo sei, perché l’affaticamento è forte, considerando anche che il papa dispone di un pacemaker, e quindi si impone una diminuzione dei trasferimento in aereo, in treno o automobile Eccolo ad Arezzo il 13 maggio per andare al Sansepolcro della Verna, in occasione del millenario della fondazione della cattedrale e della città di Sansepolcro; ma le condizioni atmosferiche glielo impediscono. Recita la messa al Prato davanti al primo ministro Monti e rivolge le seguenti parole di circostanza per la città: «La città di Arezzo riassume espressioni significative di culture e di valori. Tanti sono i segni di identità cristiana. Questa terra, dove nacquero grandi come Petrarca e Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che ha inciso sulla storia dell’Europa, facendo forza sui valori cristiani. La cultura di queste terre ha tra i suoi valori distintivi la solidarietà, l’attenzione ai più deboli, il rispetto della dignità di ciascuno, l’accoglienza». E opportuno peraltro segnalare che la regione Toscana e la Provincia di Arezzo hanno partecipato alle spese di viaggio del papa con un contributo di 200.000 euro.
Dall’l al 3 giugno il papa è a Milano, in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, con la visita dell’arcidiocesi ambrosiana e l’incontro con i giovani allo Stadio Meazza, gremito di 80.000 persone. Quindi si celebra la messa sulla spianata di Bresso, davanti a un milione di fedeli, e il papa sottolinea nella sua omelia che «Dio ha creato l’essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche». Ma poi non può esimersi dal visitare le zone terremotate dell’Emilia Romagna; eccolo a San Marino di Carpi e Rovereto di Novi il 26 giugno. E ancora, il 9 luglio, è a Nemi e visita la Casa dei Verbiti, dove fu ospite durante il Concilio Vaticano n; il 15 luglio è a Frascati per la festa dei santi patroni Filippo e Giacomo, e infine a Loreto il 4 ottobre; e durante la visita affida alla Santa Casa il buon esito dell’Anno della Fede.
A questo punto Benedetto XVI, per quanto decisamente instancabile, è infine stressato, e allora non c’è da meravigliarsi se a novembre viene sottoposto ad un intervento chirurgico al cuore nella clinica San Pio xi sulla via Aurelia da parte del professor Chiarello con sostituzione del pacemaker. Eppure, nonostante i tanti viaggi e benché debilitato, il papa ha trovato anche il tempo di scrivere non solo le encicliche, ma i libri, che assommano a 133, da quando è diventato sacerdote, pubblicati con diversi editori; tra gli ultimi, i tre volumi di Gesù di Nazareth, pubblicati dalla Rizzoli, con la partecipazione della Libreria Editrice Vaticana, che ha venduto in tutto il mondo oltre 250.000 copie. Senza dimenticare I Maestri. Padri e scrittori del medioevo, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che ha avuto enorme successo superando tra il 2007 e il 2012 l’incasso annuo di 1.600.000 euro. D’altronde non sarebbe giustificata sul piazzale antistante la basilica di San Pietro l’apertura della Libreria Benedetto XVI e in Germania la Fondazione Joseph Ratzinger-Papa Benedetto XVI, inaugurata nel 2008 a Monaco e tuttora in attività per la tutela dei diritti delle opere letterarie in Germania, con consiglio di amministrazione costituito dagli ex allievi del papa riuniti nel Ratzinger Schulerkreis, fonte di un flusso di denaro inesauribile per le casse del Vaticano.
Tutto questo comunque comporta affaticamento a non finire per Benedetto XVI, e pertanto la citata operazione al cuore va considerata determinante per la decisione presa lunedì 11 febbraio 2012. Alla fine del concistoro ha comunicato con voce roca di aver «esaminato la coscienza davanti a Dio» e in prima persona dichiara: «Sono pervenuto alla certezza che le mie forze non sono più adatte ad esercitare il ministero petrino», perché «per governare la barca di san Pietro occorre il vigore diminuito negli ultimi mesi». E ha indicato con precisione la data e l’ora delle sue dimissioni, ovvero il 28 febbraio alle ore 20, e dal primo marzo avrà inizio la sede vacante; andrà a vivere inizialmente a Castel Gandolfo, mentre in Vaticano ci sarà il conclave, ma poi tornerà in Vaticano, dove probabilmente potrà seguitare ad abitare, ovviamente non nel palazzo apostolico, dove vivrà il nuovo papa.
È evidentemente una notizia scioccante e sorprendente, che peraltro non si è mai verificata con altri papi in epoca moderna, ma che è prevista dal Codice di Diritto Canonico. E che comunque si è verificata una volta nel Medioevo, ed esattamente il 13 dicembre del 1294 con il papa Celestino V, al secolo Pietro Angeleri, che era stato eletto il 5 luglio dello stesso anno. Lo ricorda Dante nel suo Inferno (m, 59-60) come «colui che fece per viltade il gran rifiuto», e il poeta lo stigmatizza in questo modo perché al suo posto fu eletto Bonifacio VIII, che Dante certo non amò. Non ci furono motivi di salute a far dimettere Celestino v, ma il desiderio di isolarsi dal mondo in una vita eremitica. Celestino v depose la dignità pontificia quando si avvide che era impossibile esercitare il potere senza venir meno ai più semplici dettami della morale cristiana, perché «l’esercizio del comando asservisce», come fa dire Ignazio Silone a Celestino in un passo di L’avventura di un povero cristiano: «L’aspirazione a comandare, l’ossessione del potere è, a tutti i livelli, una forma di pazzia. Mangia l’anima, la stravolge, la rende falsa. Anche se si aspira al potere “a fin di bene”, soprattutto se si aspira al potere “a fin di bene”. La tentazione del potere è la più diabolica che possa essere tesa all’uomo, se Satana osò proporla perfino a Cristo. Con lui non riuscì, ma riesce con i suoi vicari».
Addurre certe osservazioni di Silone come motivo delle dimissioni di Benedetto XVI sarebbe forse azzardato, dal momento che resta problematico individuare le caratteristiche di un “asservimento” di papa Ratzinger. Ed è pertanto bene restare nei termini indicati da lui stesso, ovvero che i motivi che lo hanno portato alle dimissioni sono quelli di salute. E questi motivi di salute, ai quali si è fatto cenno negli stressanti viaggi e nella scrittura dei libri, con la relativa operazione al cuore, trovano un riscontro nell’intervista rilasciata da Benedetto XVI al giornalista tedesco Peter Seewald nel 2010 e pubblicata nel libro Luce del Mondo. Si parla di un lento venir meno della salute del papa, quasi che possa essergli stato somministrato un veleno che lo avrebbe ucciso lentamente; ma non scatta nessuna indagine. Piuttosto si parla anche di attentato alla sua persona nell’articolo che il 10 febbraio 2012 pubblica Marco Lillo su «Il Fatto Quotidiano» con il titolone Vaticano, trame e veleni: complotto contro il Papa. Entro 12 mesi morirà. Che prende spunto da un’indicazione del cardinale Dario Castrillòn, a conoscenza di Benedetto XVI, nella quale si riferisce quanto detto dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, nel novembre precedente, durante alcuni colloqui in Cina: «I suoi interlocutori hanno pensato con spavento che sia in programma un attentato contro il Pontefice». C’è anche il nome di Scola come possibile successore. Il portavoce della Santa Sede, padre Lombardi, dichiara: «Talmente incredibile che non si può commentare». A rincarare la dose ci pensa involontariamente lo stesso Benedetto XVI nel messaggio che invia l’11 febbraio per la XX Giornata Mondiale del Malato: c’è chi vi legge tra le righe il sospetto che, al di là di un ipotetico attentato, il papa stesso sia malato e non sia in grado di assolvere i doveri del suo ufficio. E ancora, il 18 febbraio 2012, nel concistoro per la nomina di 22 nuovi cardinali, fa un appello ai presenti: «Pregate perché possa reggere il timone». E c’è chi interpreta la frase come un’invocazione di aiuto a tenere lontano il possibile attentatore. Ma tutto questo senza voler poi, al contrario, far riferimento al film Habemus papam di Nanni Moretti.
Così sul «cattivo stato di salute» del pontefice si rinnova l’immagine del Vaticano come «città di morte» dei papi, riscontrata in un passato recente con Giovanni Paolo I , che nell’ultima udienza del 26 settembre 1978 dedicata ai malati, raccontò che era stato otto volte in ospedale ed aveva subito quattro interventi chirurgici ma non lasciò il suo posto fino alla morte che lo colse il 28 settembre per infarto. Ma Benedetto XVI evidentemente vuole allontanarsi dal trono pontificio, senza il sacrificio estremo.