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 2008  gennaio 19 Sabato calendario

Intervista a Oriana Fallaci di Charlie Rose

Pubblichiamo di seguito la traduzione dell’intervista concessa da Oriana Fallaci a Charlie Rose, anchorman della televisione pubblica americana Pbs, nel febbraio del 2003 e mai trasmessa nel nostro Paese. I tre video con lo speciale di Rose sono stati inseriti nei giorni scorsi sul sito internet YouTube e sono liberamente visibili. La conversazione con il giornalista statunitense si è svolta nell’ambito di uno speciale che la Pbs ha dedicato alla grande giornalista e scrittrice toscana, con proiezione di immagini, di fotografie d’epoca e di altri documenti. Su internet, il video è diviso in tre spezzoni. Il secondo e il terzo contengono lo scambio di battute fra l’an chorman e la Fallaci che in quegli anni non si è mai mostrata in televisione, anche perché era già molto provata dalla malattia che poi l’ha uccisa il 15 settembre del 2006. Nonostante le condizioni di salute, Oriana nei filmati sembra in perfetta forma. Fuma, scherza, racconta con abbondanza di particolari il proprio passato e arriva quasi ad arrabbiarsi con il suo interlocutore. Charlie Rose infatti mostra alla Fallaci una serie di fotografie, tra cui quella di Arafat. A quel punto, la scrittrice si irrita, e spiega di considerare il leader palestinese una delle persone più stupide che abbia mai incontrato, suscitando un certo imbarazzo nel collega della Pbs, che non vuole affrontare troppo in profondità argomenti politicamente scorretti. Questi documenti video mostrano per la prima volta in Italia l’aspetto che Oriana Fallaci aveva pochi anni prima di spegnersi a causa di quel cancro che lei chiamava "l’alieno". Le sue ultime apparizioni pubbliche risalivano infatti al 1992 e sui giornali comparivano esclusivamente fotografie scattate molti anni prima. Canale 5, poco dopo la morte dell’autrice, trasmise alcune immagini "rubate" che la ritraevano nella sua abitazione di New York. Solo con Rose, tuttavia, la Fallaci ha deciso di esporsi in prima persona, facendo per una volta eccezione all’estrema riservatezza che ha caratterizzato i suoi ultimi anni. Se permette, inizio col mostrarle qualche sua fotografia del passato. Beirut. "Oh, sì, questa è Beirut, ero inviata laggiù negli anni Ottanta". Vietnam. "Questa fu una vera tragedia. Qui stavo cercando di raggiungere il campo di battaglia. Avevo indossato il giubbotto anti-proiettile. Ero veramente nei guai. Vede che espressione infelice che avevo?" Cambogia. "Ho assistito all’invasione di quel Paese negli anni Settanta. Nello scatto che lei ha in mano, ero su un carro armato. Il motivo per cui ho quello sguardo disperato è che stavo osservando uno spettacolo mostruoso. Un’intera famiglia cambogiana era stata sterminata. Erano stati bruciati". Da chi? "Impossibile dirlo". Messico. "Qui sono ritratta mentre mi stanno sparando addosso nel 1968. Ci sono in realtà tre immagini che fotografano l’intera sequenza dei fatti. Nella prima vengo ferita. Nella seconda crollo sulla terrazza del Tlatelolco Building, a Città del Messico. Nella terza sono stesa. Sono stata colpita da parecchi proiettili. Uno nel polmone". Cina. "Questa foto fu scattata durante la mia visita a Deng Xiao Ping. Una persona adorabile". Davvero? "Sì, davvero brillante. Trascorsi con lui molte ore perché, alla fine del primo incontro, mi si avvicinò e mi disse "Posso chiederLe un piacere?". "Certo", risposi io, "Mi chieda tutto quello che vuole". E lui disse: "Posso vederla anche domani, possiamo andare avanti a chiacchierare?". Ne fui molto contenta e gli gridai "Amore mio". Poi lo baciai sulla guancia. E in un istante ebbi addosso tutte le guardie del corpo, convinte che volessi ammazzarlo. Lui si girò verso di loro e ordinò di lasciarmi perdere, perché quello era il modo americano di salutare. Una volta gli chiesi se potevo fargli una domanda davvero importante, alla quale avrebbe dovuto rispondere in modo sincero. Egli ovviamente mi disse di fare pure. E allora mi feci sotto: "Signor Deng Xiao Ping ma lei è davvero comunista?". Ci pensò su per qualche secondo. Poi mi disse: "Beh sì. Almeno credo"". Forse dal punto di visto politico ma non da quello economico. "Bella trovata, eh... Comunque non stava scherzando. Era molto serio". Gheddafi, Libia. "Gheddafi è un idiota". Non le piace proprio. " clinicamente stupido. L’ho incontrato due volte. Una nel suo officio, una nella sua tenda. A un certo punto fu preso da una vera e propria crisi isterica. Si alzò in piedi di scatto e si mise a gridare: "Io sono la Verità assoluta, io sono la Verità assoluta". E non la piantava più" E cosa accadde? "Fui costretto a calmarlo. Iniziai a ripetergli a basse voce: "Sì, tu sei la verità assoluta, tu sei la verità assoluta, va bene, ma adesso stai quieto, siediti". Ma andò avanti e avanti. Senz’altro il più cretino di tutti. Anzi no, forse ce n’è uno ancora più cretino". Chi? "Arafat, vedo che ha la sua foto in mano. Quando lo incontrai mi disse subito che la civiltà a cui apparteneva era senz’altro superiore alla nostra". (A questo punto, mentre l’inquadratura è ferma sull’immagine di Arafat, succede qualcosa che non si vede nel video. Probabilmente la Fallaci sostiene che in realtà è la nostra civiltà ad essere superiore, poi il filmato riprende normalmente, la scrittrice sta ancora parlando ndr) "Beh, come la mettiamo. Lui può dire che la sua civiltà è superiore alla nostra, può usare l’espressione "supe riore" e io non posso fare altrettanto, cioè sostenere che la mia civiltà è superiore alla sua?" Certo che entrambi potete dirlo. Ma entrambi sbagliate. (Si sente la Fallaci che dice piano, ndr) "No, io non mi sbaglio affatto". Perché è tanto tempo, quasi dieci anni, che vive piuttosto appartata? "L’ho scritto nell’introduzio ne alla "Rabbia e l’Orgoglio". Mi sono ritirata in una sorta di auto-esilio, come alcuni personaggi del Risorgimento italiano che vennero negli Stati Uniti, a New York, in esilio, incluso Giuseppe Garibaldi. Ma in questo periodo ha lavorato molto. Ho lavorato al mio nuovo roman-zo (rimasto per ora inedito, ndr) . Sono una persona chiusa in me stessa, non amo concedere interviste. Sono ossessionata dalla mia privacy. Odio mettermi in mostra. una cosa che mi conduce al limite dell’isteria. Sono felice di non essere costretta ad andare in giro a promuovere i miei libri. Quando "La Rabbia e l’Or goglio" è uscito in Italia, non l’ho promosso in alcun modo. Ho fatto la stessa cosa quando è stato pubblicato in Francia, in Germania e nel resto d’Europa". Di cosa parla "La Rabbia e l’Orgoglio"? "L’11 settembre. Io ero qui negli Stati Uniti, ma in costante contatto con l’Euro pa. Telefonavo, leggevo i quotidiani. Mi ha fatto infuriare la reazione di molti eu- ropei, anche miei conoscenti, che dicevano; "Bene. L’America se l’è andata a cercare. Bene". E poi ci furono quelle immagini terribili che tutti abbiamo potuto vedere subito dopo l’attacco. Ricorda i palestinesi a Jaffa? Facevano il segno della vittoria e gridavano di gioia. Qualcosa di simile è accaduto in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Spagna. In tutta Europa. Questo mi fece infuriare. Perché dimostrava che la gente, dopo il disastro, non aveva capito che il cancro era lì. E questa è anche l’origine dello scalpore che "La Rabbia e l’Orgoglio" ha scatenato nel Vecchio continente. E non solo lì. Non è possibile separare il terrorismo (il terrorismo di cui siamo vittime da venti... anzi da quasi trent’anni, fino all’11 settembre) dall’ideologia che l’ha originato. Che è l’islam. A molti può anche non piacere. Ma è così. Altri invece sono d’accordo con me. La discussione è aperta. Credo però che io non cambierò la mia opinione molto facilmente". Di cosa Lei si sente più orgogliosa? "Di molte cose. La mia onestà. Il mio talento, se me lo concede, che è riconosciuto. La mia indipendenza di pensiero. Perché non ho mai, mai scritto qualcosa che non fosse il risultato di una scelta che io non ritenessi giusta e fondata. Senza lasciarmi intimidire da nessuno". Testo dell’intervista concessa a Charlie Rose nel febbraio 2003, in occasione dell’uscita americana della "Rabbia e l’Orgoglio" ORIANA FALLACI p Gheddafi è un idiota. clinicamente stupido. L’ho incontrato due volte. A un certo punto fu preso da una vera e propria crisi isterica. Si alzò in piedi di scatto e si mise a gridare: "Io sono la Verità assoluta". Senz’altro il più cretino di tutti. Anzi no, forse ce n’è uno ancora più cretino. Arafat. Quando lo incontrai mi disse che la civiltà a cui apparteneva era senz’altro superiore alla nostra.