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 2015  febbraio 17 Martedì calendario

Intervista ad Anna Magnani

È insolito ciò che mi accade ogniqualvolta la incontro, signora Magnani: una gran curiosità di parlarle finché mi preparo a vederla e la sensazione di non aver più nulla da chiederle non appena me la trovo davanti. Quegli occhi cupi, quei denti feroci, quell’aria da uccello ferito che non sa dove sbatter le ali... Sono le ali e i denti e gli occhi della donna più misteriosa e più chiara che la mitologia del cinematografo abbia inventato. I suoi ninnoli, i suoi gatti, i suoi cani, la sua immutabile tristezza mascherata di vivacità... Provai la medesima cosa la prima volta che la intervistai in questa medesima stanza: lei è come un libro già scritto. Tanto più incomprensibile quanto più si rilegge: ma scritto.
Anna Magnani: Oddio! Non è mica venuta a farmi un ritratto tragico, deprimente? Proprio oggi che sono contenta, che ho avuto un rimborso dall’ufficio tasse, che mi sento piena di sbalordimento per la loro umanità e la mia bravura... Sì ... tre milioni e settecentomila lire di arretrati...
E questa ironia dolorosa, la costante amarezza con cui guarda il mondo, la capacità a trasformare in dramma metafisico perfino il modulo della Vanoni...
Ma che vole? Che dice? Ma se me sento come una lucertola al sole?! Ma cos’è questo presentamme a ogni costo come una Elettra chiusa, solitaria, delusa? Come ve lo devo spiega’ che so’ allegra, che ho la ruzza, che rido, che esse la Magnani me diverte da mori’, e gongolo tutta se la gente me riconosce per strada, se il vigile urbano dice continuando a dirigere il traffico: "Ciao, nannare’"?! Mo’ me fa anche parla’ romano, me fa. Insomma: è la stessa storia di quando la gente si meraviglia perché la mia casa è piena di buongusto e di libri. Ma quante volte ve lo devo spiega’ che non son stata raccattata per strada, che ho fatto fino alla seconda liceo, che ho studiato pianoforte otto anni, che ho frequentato l’accademia di santa Cecilia?... O come quando sostengono che sono nata da padre egiziano in Egitto. Ma io son nata a Roma, da madre romagnola e padre calabrese, se non ci crede le do il certificato di nascita, in Egitto mia madre ci andò dopo che m’ebbe avuta. Aveva diciott’anni, non era sposata e a quell’epoca era uno scandalo, così andò in Egitto e io restai con la nonna: qui a Roma. Perché non c’è nessuna vergogna, sia chiaro, a ripetere che io non ho il nome di mio padre, ho quello di mia madre, che mio padre non l’ho conosciuto, di lui so solo che è calabrese. E allora perché mi vogliono a tutti i costi egiziana?

Va bene, signora, va bene. Scriverò che è romana. Si calmi. Parliamo d’altro. Si calmi. So che va a Parigi, a girare un film con Autant-Lara. E poiché S’agapo, con Rossellini, non si fa più...
Non si fa più e ne son felicissima. Cosa vuol che le dica? Io, con Rossellini, ci ho lavorato meglio che con qualsiasi regista. Quando preparava una scena era sempre la scena che avrei girato al suo posto. Eppure, quando una qualsiasi ragione mi allontana da Rossellini, tutto comincia ad andarmi bene e io ne esco come una miracolata. No, non per quello che crede, mia cara: non è rimasto alcun piccolo segno in me di Rossellini, io non permetto che mi si lascino segni. E a questo punto, visto che il nome s’è fatto, parliamoci chiaro. Da anni voi giornalisti continuate a parlare del mio folle amore per Rossellini, ma vogliamo dire la verità? Era Rossellini che mi stava addosso, che non mi lasciava vivere. Non io che correvo appresso a lui. Se quel folle amore fosse esistito anche in me, avrei saputo mantenerlo, sia certa, non me lo sarei lasciato scappare. Rossellini, poi, può rispondere quello che vuole. Dice tante cose, Rossellini. Tempo fa ha dichiarato perfino di non aver mai rivisto, mai Roma città aperta e Paisà: e li aveva rivisti un mese prima con me in un cineclub. Oddio! Non vorremo mica parlar dell’amore?

Chi oserebbe, signora Magnani? La pelle mi è cara e accanto a lei non la sento mai molto al sicuro: so benissimo che poche attrici sono use a difendere con altrettanta violenza la propria vita sentimentale e privata. Del resto, non è lei che pronunciò tempo addietro la frase: "L’amore è una cosa che mi disturba tanto. L’amore è un girare a vuoto e alla fine non ti resta nulla in mano"?
Quello l’avrò detto in un momento di depressione: l’amore in sé, finché dura, non mi disturba affatto. Dà coraggio, dà sicurezza, fa trascurare le cose senza importanza. Io ci credo. al grande amore che non ho mai creduto.

Ricordo bene quando mi disse: "Io i cretini non li sopporto: meglio un mascalzone che un cretino. E non sopporto nemmeno gli intellettuali. Gli intellettuali son così raramente intelligenti. Molto spesso l’intellettuale è una cosa, l’intelligente un’altra". Ma allora: perché sta sempre in mezzo agli intellettuali? E Tennessee Williams, il suo grande amico, dove lo mettiamo?
Tennessee è un bambino con una purezza da bambino e una bontà sovrumana: un uomo intelligente prima di essere un intellettuale. Quando sto con lui, mica parlo di cose intellettuali: parlo di cose normali, dei fatti nostri. Con gli intellettuali invece si parla sempre delle medesime cose: sono dei gran rompiscatole e mai generosi, mai propensi a perdonare, a capire, a imparare dagli altri. Li ho frequentati, li frequento, è vero. Ma questo fa, anzi faceva parte del mio programma sbagliato di non vivere troppo isolata, di non fare il mostro sacro, di non avere cattivo carattere. Oria’! tutta la vita che mi tormentano con la storia che sono superba, arrogante, villana, sboccata: insomma che ho cattivo carattere. E, "Anna questo non si dice", e "Anna questo non si fa": dàgli oggi, dàgli domani, ho finito per crederci e tentar quello stupido tradimento di se stessi che chiamano correggersi. Mi dica: ma ho davvero cattivo carattere?

Io direi che ha carattere. Tutta la gente di carattere ha cattivo carattere. La gente sbaglia sempre il rispetto di se stessi e l’amor di giustizia per cattivo carattere. Si faccia pestare i piedi, subisca mortificazioni alla sua dignità, lasci gridare viva il duce, e diranno che ha buon carattere.
Allora non ce l’ho. Per esempio: consideri la supposta ostilità con Marlon Brando quando girammo Pelle di serpente. Marlon è buono, bravo, l’unico difetto in lui è che fa troppo il divo, sa di avere quel volto stupendo, magnetico, e non se ne dimentica mai. Io gli sono affezionata da morire, lo ammiro, ma un giorno che avevo il nervoso viene da me e incomincia a provocarmi. "Io lo so perchè sei scura. Io lo so". "Statte bbono, Marlon. Non sai un fico". "Io lo so. Io lo so". Statte bbono". "Io lo so". "E cosa saiii?!?". "So che vuoi il nome in cartellone prima del mio". Gesù. Lo volevo ma non avevo il nervoso per quello e, se non mi avesse provocato, non lo avrei mai ammesso: c’è un tale orgoglio in me. Ma lui me lo attizzò, questo orgoglio, e risposi: "Si, voglio che in Italia il mio nome venga per primo". "Perché?" dice lui. "Perché mi spetta". "Perché sei ambiziosa" dice lui. "E tu che sei?". Dopodiché me ne vado in camerino. Bene: ebbe il cattivo gusto e l’imprudenza di seguirmi in camerino a continuare la discussione. Scoppiò il mio cattivo carattere, pardon, buon carattere. "Questa cosa" gli dissi "io non te l’avrei chiesta e avrei aspettato che tu me la offrissi come un mazzo di fiori. Ma siccome non me l’hai offerta come un mazzo di fiori, io ti dico che sei un uomo volgarissimo ed un grosso cafone". Uscì bianco ed io ebbi ciò che volevo. Ah, se credono di fare su me un quadro patetico, si sbagliano. Io non sono una donna debole, sono una donna che sa quel che vuole, che lo ha sempre saputo. Niente mi è mai capitato per caso, niente: fuorché il successo di Roma città aperta e la fama di poi. Ero talmente convinta che per sfondare nel cinema ci volesse un bel faccino e occhioni azzurri... Insomma, son diventata "la Magnani" per caso: ma ora che lo sono voglio che si dica &la Magnani ha cattivo carattere".

Non ha paura, lei, di morire?
Io sì, tanta. Ci penso sempre, alla morte. così ingiusto morire, dal momento che si è nati. Morire è finire: perché si deve finire? Un uomo dovrebbe finire quando decide di finire, quando è stanco, pago di tutto: non prima. Oddio, c’è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore. Nascere è quattro strilletti sani e gioiosi, morire è tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e incoscienza con la quale si nasce. E lo sa che le dico? Forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini. Gesù, che discorsi. Ora mi farà un ritratto tragico, deprimente. Ma io non sono una donna tragica, deprimente. Io sono... Oria’: cosa sono?

Gliel’ho detto in principio: un libro già scritto. Tanto più incomprensibile quanto più si rilegge. Ma scritto.
Uhm! Boh! Mah! ’Sta roba da intellettuali! Oria’: non faccia l’intellettuale, sia intelligente, ma che pensa di me?

Io penso... io penso che lei sia un grand’uomo, signora Magnani.