Corriere della Sera, 8 giugno 2002
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Non ci si arrabbia con la Francia
Il moscardino è una grave malattia del baco da seta. Se sei un baco da seta e ti viene il moscardino, muori nel giro d’ una sola notte. È anche il nome di un avido roditore che appartiene alla famiglia dei gliridi e che si nutre di qualsiasi lerciume: il Muscardinus Avallanarius o Topuccio d’ Oro. Inoltre è il nome d’ un piccolo mollusco, per l’ esattezza d’ un piccolo polpo, buono a mangiarsi fritto come un nemico di terza qualità. (Basta marinarlo nell’ uovo sbattuto, infarinarlo, gettarlo nell’ olio che bolle a 280 gradi). Infine è il nome d’ un antico chewingum, d’ una pasticca a base di spezie, che nel Settecento si masticava per nascondere l’ alito cattivo. Ma, storicamente, è la traduzione della parola Muscadin: termine affibbiato ai nouveaux-riches della Jeunesse Dorée che nella seconda metà del 1794 e nel 1795 cioè dopo la caduta di Robespierre spopolavano nei salotti di Parigi. In particolare, nel salotto di Madame Tallien. E che cantando la Reveille du Peuple cioè il Risveglio del Popolo (l’ inno dei controrivoluzionari), bastonavano i giacobini. I Muscadins erano tipi eleganti, leziosi, soignés. Non a caso nel linguaggio corrente la parola ha lo stesso significato di zerbinotto, bellimbusto, dandy. Portavano i capelli lunghi e sciolti sulle spalle, le cravatte verdi e annodate con un fiocco grottesco, i pantaloni attillati e le scarpe a punta. Parlavano con l’ erre moscia, usavano l’ occhialetto, si profumavano fino alla nausea con l’ essenza di muschio, e per bastonare i giacobini si servivano d’ un manganello simile al manganello con cui negli anni Venti e Trenta del Millenovecento le squadracce di Mussolini avrebbero bastonato gli antifascisti. (Lo definivano Le Notre Pouvoir Executif, Il Nostro Potere Esecutivo).
Finirono presto. Il popolo li disprezzava, il Direttorio li detestava, e la stessa Madame Tallien si stancò alla svelta di loro. Ma, finché durarono, di male ne fecero parecchio. E non a caso. A guidarli c’ era, col suo giornale l’ Orateur du peuple, il famigerato Stanislaw Louis-Marie Fréron. Figlio del Fréron nemico di Voltaire e degli Enciclopedisti, opportunista e voltagabbana congenito, Stanislao aveva fondato l’ Orateur du peuple quando collaborava con Danton e Marat. Quale membro della Convention aveva votato per mandare alla ghigliottina il povero Louis XVI. Quale servo del Terrore aveva partecipato di persona ai massacri dei girondini e dei monarchici a Tolone e a Marsiglia. E del 9 Termidoro ossia della caduta di Robespierre era stato artefice insieme all’ infame Barras. Finì presto anche lui. E in maniera squallida. Scomparsi i Muscadins cercò di tenersi a galla seducendo Pauline Bonaparte, la sorella minore del sorgente astro Napoléon, e non essendo riuscito a sposarla dovette accontentarsi di diventare Sottoprefetto a San Domingo. Qui nel 1802 si spense all’ improvviso, non so per quale malattia ma spero per la malattia del baco da seta.
Ed eccoci al punto. Lo scorso marzo molti mi chiesero se fossi arrabbiata con la Francia dove, senza che la polizia intervenisse e senza che la Ministra della Cultura muovesse un dito per impedirlo, i fascisti rossi avevano aggredito con sconci insulti i rappresentanti del governo italiano alla Fiera Internazionale del Libro. Fiera alla quale l’ Italia partecipava come Ospite d’ Onore. E rimasero molto stupiti a sentirmi rispondere: «No. Con la Francia non sono arrabbiata. No». Rimasero ancor più stupiti quando mi videro esplodere d’ indignazione per l’ articolo che un quotidiano italiano aveva dedicato all’ imperdonabile episodio col titolo «La merde de Paris». Ogni paragrafo di tale articolo, infatti, incominciava con la turpe frase «Dio stramaledica i francesi»: plagio del turpe motto «Dio stramaledica gli inglesi» coniato dal fascista nero Mario Appelius durante la Seconda guerra mondiale, e inciso sul distintivo che le Camicie Nere esibivano sul risvolto della giacca. Le loro mogli, sul risvolto del tailleur. Bè: ora molti mi chiedono se sia arrabbiata con la Francia dove, allargando sproporzionatamente il sentiero tracciato mesi fa dalle cicale italiane, il novantacinque per cento della stampa parigina attacca e denigra La Rage et l’ Orgueil. Ossia La Rabbia e l’ Orgoglio tradotto in francese e pubblicato da Plon.
Lo definisce «abominevole», «detestabile», «abbietto». Spesso urlando che non avrebbe dovuto essere pubblicato mi paragona a Céline. Mi diffama, mi ingiuria, mi dà di «razzista». Per darmi di razzista finge addirittura d’ ignorare ciò che in aprile ho scritto sull’ antisemitismo. Testo che è andato letteralmente in tutto il mondo, per cui il Wall Street Journal mi ha definito «la Coscienza d’ Europa» e il New York Post «l’ unica voce che in Europa si sia levata a difender gli ebrei», doloroso sermone per cui gli ebrei d’ ogni Paese mi hanno inondato di messaggi Thank-you-Oriana, e in seguito al quale le minacce alla mia vita si sono moltiplicate nonché intensificate. Il quotidiano Le Monde ha addirittura osato rivolgersi alla Lega contro il Razzismo e l’ Antisemitismo per chiedere al suo presidente se fosse pronto a denunciarmi, condannarmi. Eppure alla fatale domanda ho risposto con un altro no.
No. Con la Francia non mi arrabbiai lo scorso marzo e non mi arrabbio ora. Perché i fascisti rossi che in marzo si comportarono in modo tanto spregevole coi rappresentanti del governo italiano e che ora si comportano in modo tanto spregevole con me (alcuni hanno perfino oltraggiato la memoria di mio padre, brutti vigliacchi, razza di mascalzoni) non sono la Francia. Sono i Moscardini. I nuovi Moscardini che coi capelli lunghi e sciolti sulle spalle, la cravatta verde, i pantaloni attillati, le scarpe a punta e l’ erre moscia spopolano nei salotti delle nuove Madame Tallien. I nuovi zerbinotti, i nuovi bellimbusti, i nuovi Topucci d’ Oro che guidati dal nuovo Fréron (un petulante vanesio che non meriterebbe nemmeno di finir sottoprefetto a San Domingo) cantano di nuovo la Reveille du peuple. E cantandola bastonano i giacobini. Li bastonano col manganello della menzogna e della malafede, stavolta, col Pouvoir Executif del terrorismo pseudointellettuale, con la dittatura del Politically Correct cioè con la presunzione degli sfacciati che pretendono di insegnare la democrazia a chi per la democrazia si batte fin dall’ infanzia. Ma i giacobini d’ oggi non sono ex tagliateste che credono o credevano in Robespierre: sono gente come me.
Gente che crede alla Libertà e che di conseguenza non si lascia intimidire dai manganelli, dai ricatti, dalle minacce. Gente che ragiona con la propria testa e che di conseguenza dice pane al pane e vino al vino. Gente che non lecca i piedi a nessuno e che di conseguenza strilla come il fanciullo della fiaba di Grimm : «Il re è nudo!». Gente che ha la coscienza pulita e che di conseguenza può permettersi il lusso di combatter sia i fascisti neri sia i fascisti rossi: affermare che oggi la Destra e la Sinistra sono i due volti della medesima faccia. La faccia del cinismo e dell’ ipocrisia. Gente, infine, che ha il coraggio di difendere la propria terra. La propria patria, la propria cultura, la propria identità. E non vuole invasori che approfittandosi della nostra tolleranza, delle nostre leggi, della nostra ospitalità, mirano a imporci il burkah o il chador. A conquistarci, a dominarci, come conquistarono e per otto secoli dominarono il Portogallo e la Spagna. Invasori che in Italia (anche in Francia?) vanno alla televisione per ordinarci di togliere i crocifissi dalle scuole sennò «quel cadaverino in croce spaventa i nostri scolari musulmani». E che in Italia pubblicano sgrammaticate sconcezze per invitare i loro correligionari a uccidermi in nome del Corano. L’ Islam-castiga-Oriana-Fallaci, la-vecchia-mai-cresciuta. Musulmani-andate-a-morire-con-la-Fallaci.
I Moscardini stanno con loro. Ci stanno in barba al laicismo, al progresso, alla civiltà. E sappiamo bene perché. Perché gli forniscono l’ elettorato perduto dacché le «masse proletarie» li hanno respinti, li hanno rifiutati. Ma guai a identificare i Moscardini con la Francia. Guai! A farlo si rischierebbe di chiederci se in Francia esiste ancora la libertà di pensiero e di opinione, se la Francia è ancora la République Française della Marianna o se è diventata la République Française dell’ Islam. E ciò sarebbe ingiusto, anzi nefando. Occhi negli occhi, petulanti e vanesi Fréron: la Francia non è l’ immaginario Popolo di cui vi riempite la bocca quando dai vostri Orateur du peuple cantate la Réveille du Peuple. È il popolo che non vi ascolta. Il popolo che tiranneggiato da voi e ricattato dalle lugubri lusinghe del rancido Le Pen non ha più una Bastiglia da abbattere, sicché per non votare Le Pen deve votare Chirac... È anche il popolo che non mi ingiuria. Non mi diffama, non mi denigra, non oltraggia la memoria del mio splendido padre. E mi legge. Leggendomi si riconosce in me, si sente meno solo, mi ringrazia. Come gli ebrei mi manda messaggi «Thank you Oriana», «Merci Oriana». In meno di tre giorni varie librerie di Parigi hanno esaurito La Rage et l’ Orgueil. In meno di sette, La Rage et l’ Orgueil è entrato nella classifica dei libri più venduti. L’ editore Plon ha dovuto ristamparlo, continua a ristamparlo, in tipografia lavorano perfino il weekend. Ciò significa che in Francia la libertà di pensiero e di opinione esiste ancora, che la Francia è ancora la République Française della Marianna, e che per il popolo voi non contate un bel nulla.