21 gennaio 2015
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Biografia di Stefano Massini
• Firenze 22 settembre 1975. Autore e regista teatrale. Da ultimo la sua Lehman trilogy, sul crac Lehman Brothers, dopo essere stata pubblicata da Einaudi (2014), è in scena al Piccolo Teatro di Milano per la regia di Luca Ronconi.
• Compagno di scuola di Matteo Renzi al liceo Dante di Firenze («Ma nonostante lui sia stato sindaco non lo vedo né lo sento da anni, non sono mai andato a cercarlo»), laureato in Lettere antiche: «Sarei dovuto diventare un egittologo, ma durante il servizio civile feci l’assistente volontario alla regia al Maggio Musicale. Ebbi la fortuna che nella stanza accanto alla nostra provava Luca Ronconi. Gli chiesi se potevo fare da assistente a lui, nella prosa. Mi disse di scrivere al Piccolo, lo feci, mi chiamarono nel 2001 per produzioni come Infinities, Il candelaio. Facevo i diari delle prove. Ronconi li lesse e mi disse “hai mai provato a scrivere per il teatro?”. A Ronconi devo tutto» (ad Anna Bendettini) [Rep 21/1/2015].
• Nel 2000 la sua prima regia, uno spettacolo-installazione all’armeria del Museo Stibbert di Firenze. Esordio come autore nel 2005 con L’odore assordante del bianco, con cui vince il Premio Pier Vittorio Tondelli. Tra i testi di maggiore successo: Processo a Dio, La fine di Shavuoth, Balkan Burger. Di lui Ubulibri ha pubblicato due raccolte di testi, Quadrilogia e Trittico delle gabbie, e la pièce messa su Anna Politkovskaja Donna non rieducabile. Nel 2015 Einaudi ha pubblicato 7 minuti, testo portato in scena da Alessandro Gassman con Ottavia Piccolo protagonista.
• Ha ricevuto il Premio speciale Ubu 2013 per il complesso della sua opera drammaturgica.
• «“Drammaturgo? Replicano interrogativi quelli che mi chiedono che mestiere faccio. Quasi nessuno sa cosa vuol dire. Ma con scrittore pensano subito ai libri, sceneggiatore è quello che fa cinema... Così per farla corta, dico che sono quello che dà le parole agli attori” (…) Se c’è, come c’è, un’onda di risveglio e slancio di testi e nuovi autori nel teatro italiano, Massini sta sulla cresta, è un’eccellenza. E non solo in Italia: in questo momento ci sono in scena tredici suoi testi nel mondo e con i più piccoli si arriva a 19 dal bellissimo Donna non rieducabile sul caso Politovska a Lehman Trilogy, che è visto dal Canada agli Usa all’Europa tra allestimenti e reading, un’autentica saga della famiglia del più grande crac dal 1929 a oggi, che il 29 debutterà per la prima italiana al Piccolo Teatro nientemeno che con la regia di Luca Ronconi. Giorni fa con un biglietto personale Goffredo Fofi lo ha riempito di encomi per questo testo. E la Francia lo ha adottato come un novello Goldoni: è di questi giorni la notizia che la famiglia Brook, Irina e il padre, il celebre regista Peter, lo hanno chiamato come scrittore residente al Teatro Nazionale di Nizza, il secondo per importanza della Francia, per fare seminari, incontri, stage e soprattutto testi nuovi che nella formula dei Brook saranno in francese, inglese e italiano (…) “Scrivere sulla crisi della coppia non me ne frega niente. Per me è importante avvertire la molla che eticamente non mi fa sentire uno stronzo. Scrivo quando sento che se non scrivo un tema sarei un bastardo. Poi mi piace che davanti a un mio testo lo spettatore esca migliore di quando è entrato a teatro, cioè che abbia conosciuto qualcosa che non sapeva o abbia esplorato un’emozione che nella vita non aveva sondato. E se no perché scrivere? Scrivere per il teatro non è remunerativo, non è nemmeno un ruolo sociale riconosciuto...» (Anna Bandettini, cit.).
• «Un autore che usa una bella scrittura per interpretare l’arte e la realtà. Suoi testi sono stati dedicati a Van Gogh, a Kafka ma anche al caso di Ilaria Alpi. Recente è 7 minuti, sulla discussione in un consiglio di fabbrica di operaie se accettare una proposta di ristrutturazione della nuova proprietà, solo apparentemente indolore. «Mi piace ricordare una frase di Leo de Berardinis della metà degli anni settanta, che esprimeva la necessità, alla fine di ogni spettacolo, di azzerare il linguaggio usato per costruire il successivo in modo nuovo, per tema e forma, negare la regola per non farla diventare stile. Oggi noi cerchiamo di rifugiarci nella riconoscibilità, con il terrore di disperderci, di non rendere evidente la coerenza del percorso. Io cerco sempre, invece, di tener conto di quel bisogno di annullamento del linguaggio cristallizzato, per provare a raccontare fenomeni diversi. Per Lehman Trilogy ho scelto una narrazione calda, accalorata, stilisticamente all’opposto dell’algidità disumanizzata che si attribuisce al tema economico» (Massimo Martino) [Doppiozero.com 26/11/2014].
• Vive in campagna tra Prato e Firenze.
• Ogni giorno corre 30-40 chilometri in bicicletta.