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 2014  dicembre 23 Martedì calendario

I Cinque Stelle vanno alla guerra dell’ostruzionismo, e perdono: la bagarre a Montecitorio non ferma la corsa della legge di stabilità. Intanto Grillo deve incassare altre tre dimissioni tra i parlamentari grillini

I Cinque stelle ripartono dall’ostruzionismo. Ma la bagarre a Montecitorio non ferma la corsa della legge di stabilità. Approvata, senza modifiche, con 307 voti favorevoli e 116 voti contrari durante una lunga giornata di tensioni che si apre in mattinata con sette deputati pentastellati che occupano i banchi del Governo. Partono le espulsioni dall’emiciclo, ma gli insulti ripartono nel pomeriggio quando si torna a parlare di misure sui giochi: slogan e cartelli con scritto, «governo d’azzardo».
Fin qui l’aula. Poi, la nuova scissione nel movimento. Tre parlamentari laziali (di Latina) Giuseppe Vacciano, Ivana Simeoni e Cristian Iannuzzi (gli ultimi due sono madre e figlio) presentano le loro dimissioni dalla carica. Due senatori e un deputato: i tre eletti nel capoluogo pontino della forza politica di Grillo e Casaleggio dicono che basta così. «Non usciamo dal Movimento», chiariscono subito, ma l’atto d’accusa è preciso e lo espone Vacciano: «Le scelte organizzative delle scorse settimane sono distanti dai principi del M5S». Nel mirino c’è il direttorio, l’organismo nominato da Grillo alla guida dei Cinque stelle. Con questi tre diventano ventisei gli addii nel M5S dall’inizio della legislatura, diciassette al Senato e nove alla Camera. E se qualcuno ha già trovato una nuova casa politica, la gran parte dei transfughi hanno ingrossato le fila del gruppo misto, in attesa che si formi un progetto politico alternativo. «Cuore movimentista senza la testa di quei due lì», spiegava la settimana scorsa una fuoriuscita, riferendosi a Grillo e Casaleggio.
Accade infatti che nel corpo politico del Movimento, in quella congerie di provenienze politico-culturali spesso contraddittorie, tenute assieme più dal carisma del leader che da un sistema di regole, si faccia strada una tensione interna, una contrapposizione ormai esplicita tra la base e l’altezza, tra i meet up, che nel M5S rappresentano il territorio, e la leadership nazionale. Un malcontento cresciuto col tempo che ha trovato un palco all’incontro organizzato questo dicembre a Parma da Federico Pizzarotti, considerato un federatore di quelle istanze.
Sensazione confermata ieri dal capogruppo M5S al Senato, Alberto Airola, che a fine giornata ha accettato di commentare l’addio dei suoi colleghi: «Iannuzzi ha problemi da sempre, da quando è entrato alla Camera – ha spiegato il senatore piemontese – invece per Ivana e Giuseppe (Simeoni e Vacciano ndr) il discorso è diverso. Sono stati spinti a prendere questa decisione dal loro meet up, quello di Latina. Lui è il nostro tesoriere, un elemento validissimo. Anche lei lo è, so che se ne va a malincuore. D’altra parte – prosegue Airola – credo che le critiche siano eccessive, io di certo non prendo ordini dal direttorio, come lo chiama la stampa».