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 2014  dicembre 23 Martedì calendario

La grande fuga dal M5s. Sono già in ventisei quelli che hanno lasciato Grillo e altri dieci si preparano a voltargli le spalle

Fuori altri tre, e fanno ventisei. Non si arresta l’emorragia di eletti del Movimento cinque stelle. Ieri a fare la valigia e salutare sono i senatori Giuseppe Vacciano ed Ivana Simeoni. Con loro, prende commiato anche il deputato Cristian Iannuzzi (che della Simeoni è anche figlio). A fare da detonatore al malcontento dei tre, la recente decisione del duo Casaleggio-Grillo di procedere al commissariamento dei gruppi parlamentari mediante l’istituzione dell’ormai celebre direttorio a cinque. Le dimissioni, puntualizzano gli ormai ex grillini, sono state rassegnate dal Parlamento e non dal gruppo. Al di là della nobilità di intenti, dal punto di vista pratico cambia poco: le dimissioni dei parlamentari da regolamento vanno ratificate dall’assemblea, che di prassi le respinge. È pertanto ipotizzabile che di qui a qualche settimana quando verrà calendarizzato il voto, l’aula lascerà al proprio posto – che nel frattempo sarà diventato con ogni probabilità il gruppo Misto – i tre cinque stelle pentiti. Dal punto di vista pratico, il principale portato delle defezioni di ieri è quello di aggiungere ulteriore incertezza allo scenario delle votazioni per il prossimo presidente della Repubblica. Sommando ai ventisei grillini già fuoriuscita la decina di malpancisti che – secondo i soliti boatos – si troverebbero con un piede e mezzo già fuori del Movimento, la pattuglia di ex cinque stelle assume proporzioni importanti, tali da consentire addirittura la creazione di nuovi gruppi parlamentari. Trattasi di cuscinetto destinato a gravitare in orbita maggioranza: dai primi fuoriusciti è già arrivato più di un atto in tal senso, e tutto lascia supporre che la tendenza proseguirà. Ed un gruppetto da (almeno) tre dozzine di voti sommabili a quelli di Pd e varia sinistra, dal quarto scrutinio in avanti ha le carte in regola per diventare l’ago della bilancia. Soprattutto, ha le carte in regola per diventare il più convincente degli argomenti anche prima di incominciare: con uno scenario del genere, arrivare alla quarta votazione può rivelarsi un azzardo insostenibile. Se Matteo Renzi ha bisogno di convincere Silvio Berlusconi a trovare un’intesa su un nome condiviso (nome beninteso avanzato dal Pd) e a sbrigare la pratica al primo scrutinio utile, lo spauracchio del caos a maggioranza semplice è efficacissimo. O ci mettiamo d’accordo e votiamo subito – questo il senso del ragionamento che presto o tardi il premier farà al Cavaliere – o qui si rischia che a un bel momento i miei facciano asse con Sel, ex grillini e varia umanità su un altro nome e a me tocchi convergerci. Un rischio che difficilmente Forza Italia vorrà correre.