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 2014  dicembre 23 Martedì calendario

Da nove anni, ormai, c’è un enorme squarcio nelle mura millenarie di Amelia. Ma la politica sembra avere altro cui pensare. Era così distratta, la giunta regionale, che mesi fa spacciò per finiti i lavori di restauro. In più quelle macerie sono coperte da un orrendo ammasso di tubi innocenti e da una ancora più oscena tettoia, spropositata, costata un occhio della testa

Per due millenni e mezzo hanno resistito, le possenti mura di Amelia. Due millenni e mezzo. Non potevano reggere, però, all’insipienza, alla sciatteria, all’incuria. Da nove anni, ormai, c’è uno enorme squarcio in quelle mura. Ma la politica sembra avere altro cui pensare. Era così distratta, la giunta regionale, che mesi fa spacciò per finiti i lavori di restauro. Al punto che La Nazione, cadendo nel trabocchetto di un trionfante comunicato ufficiale, si avventurò nel titolo: «Dopo il crollo tornano a splendere le antiche Mura». Ma quando mai! Il tratto tra Porta Romana e Porta del Sole, smottato nel gennaio 2006, è ancora in macerie.
Peggio: quelle macerie son coperte da un orrendo ammasso di tubi innocenti e da una ancora più oscena tettoia, spropositata, costata un occhio della testa (mezzo milione di euro, pare: forse più) e tirata su «provvisoriamente» per proteggere pochi resti archeologici trovati sotto i detriti, come il vespaio di una capanna, e valutati di scarsa importanza. Un panorama angosciante.
Ma partiamo dall’inizio. Cioè dal giorno in cui Luciano Lama, che della cittadina umbra era innamorato al punto di diventarne sindaco con il rispetto degli stessi avversari si mise in testa che bisognava assolutamente prendersi cura delle antichissime mura poligonali che circondano l’Urbe. «Se qualcosa alla fine si sbloccò, va detto sinceramente, fu merito suo», ricorda Giancarlo Guerrini, che pure era all’opposizione.
Era il 1991 quando lanciò l’allarme. Ecco il testo dell’ Ansa: «L’antica cinta muraria di Amelia, che una leggenda per la sua imponenza attribuisce all’opera dei Ciclopi ma che gli storici fanno invece risalire al quinto secolo avanti Cristo, rischia in parte di crollare, come già avvenne nel 1936. Si tratta di mura poligonali formate da poderosi blocchi, uniti senza cemento e perfettamente connessi. Attualmente sono alte circa 8 metri e spesse tre metri e mezzo, per una lunghezza di circa 800 metri. Il sindaco, il senatore Luciano Lama, ha rinnovato l’ appello per rapidi interventi di consolidamento...». Già nel 1987, del resto, il Censimento dei Beni Culturali, aveva messo quelle mura tra le assolute priorità nazionali.
Ma si sa: la burocrazia è recalcitrante davanti alla parola «urgente». Lama se ne andò, sconfitto, prima di vedere coronati i suoi sforzi. E passarono altri nove anni dopo la sua morte, di rinvio in rinvio, prima che fossero stanziati per quelle mura 4.648.112 euro. La natura, però, non portò pazienza. E nel gennaio 2006, come dicevamo, mentre erano cominciati i lavori di consolidamento troppo tardi avviati, il tratto di mura tra la Porta Romana e quella del Sole crollarono. Accuse. Polemiche. Inchiesta della magistratura.
La perizia tecnica disposta dal pm, accusa Italia nostra, mise in luce «quali cause determinanti il crollo, oltre a quelle naturali dovute alla pioggia, anche la condotta omissiva dell’impresa appaltante», la Tecnostrade di Perugia, «che non provvedeva alla tempestiva costruzione di un ponteggio di puntellatura, indicato nel progetto e sollecitato dalla direzione lavori della regione». Ancora: «Nello stesso tempo non realizzava adeguatamente i drenaggi orizzontali per il deflusso delle acque provenienti dal terrapieno retrostante, non rispettava il crono-programma stabilito nel progetto e anzi cominciava i lavori in ritardo e in un tratto dove le lesioni erano meno evidenti, ritardando così l’intervento nella zona critica e convogliando le acque proprio verso la zona lesionata». Tutti condannati? No: archiviati. Con la sottolineatura però, da parte della Procura, che queste «condotte omissive dell’impresa» avrebbero potuto «dar luogo ad azioni nella competente sede civile». Purché, ovvio, il Comune avesse fatto causa. Macché...
Fatto sta che da allora, denunciano gli ambientalisti con in testa Flavia Corsano di Italia nostra, lo squarcio nelle mura è rimasto dove stava. E la commissione interistituzionale allestita dalla regione Umbria guidata da Maria Rita Lorenzetti, con dentro come controllori soggetti che avrebbero dovuto essere controllati, è arrivata alla conclusione che per carità, è stata solo colpa della pioggia. Tanta pioggia. Troppa pioggia.
Ma quando saranno spazzati via quei bruttissimi catafalchi di tubi innocenti e quella gigantesca tettoia che dovevano essere provvisori e rischiano di restare lì ancora per anni ed anni? Boh... Nell’autunno del 2013, spazientita per la paralisi totale, la soprintendente ai beni paesaggistici Anna Di Bene, scrisse una lettera durissima: «Il tratto crollato costituisce una ferita che deve essere sanata con l’inevitabile ricostruzione, la cui premessa è costituita dalla rimozione della incoerente struttura metallica». Quando? Subito.
È passato un altro anno, da allora. E non un tubo è stato rimosso. Non un badile è stato affondato nella terra della frana. Non una pietra è tornata al suo posto. Mancano i soldi, dicono. Quelli che c’erano? Finiti... Anzi, l’attenzione si è spostata su altre cose. Come la costruzione, a ridosso di un altro tratto delle mura, di due torri di cemento (poi coperte di legno) a porta Posterola e accanto alla chiesa di Sant’Agostino per ospitare due ascensori. Altro tema sul quale gli ambientalisti hanno dato, inutilmente, battaglia. E ogni giorno che passa suona sempre più beffarda la dichiarazione della Giunta regionale dello scorso marzo per bocca dell’assessore ai Lavori pubblici Stefano Vinti: «Abbiamo evitato che la cinta muraria di Amelia, una delle eccellenze del patrimonio architettonico e storico dell’Umbria, subisse la sorte di tante altre meraviglie del patrimonio italiano minate da dissesti idrogeologici e incuria...». Di più: «La tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio sono una priorità e lo dimostriamo con i fatti concreti...».