La Stampa, 23 dicembre 2014
Risparmio. La Consob dà un taglio alla brutta abitudine degli intermediari di rifilare al pubblico sgradite sorprese spesso sottoforma di esoteriche formule, infarcite del peggior idioma anglo-finanziario. Basta con i credit linked, gli Oicr «alternative» ecc., ecc.
Basta con i prodotti finanziari complessi rifilati a una clientela spesso ignara di quanto sta sottoscrivendo. La Consob dà un taglio alla brutta abitudine degli intermediari di rifilare al pubblico sgradite sorprese spesso sottoforma di esoteriche formule, infarcite del peggior idioma anglo-finanziario. In attesa di avere i poteri di veto in arrivo nel 2017 grazie alla direttiva Mifid II, utilizza una «moral suasion» assai stringente per innalzare il livello di tutela per la parte del mercato «meno consapevole e pertanto più debole e indifesa». Agli intermediari l’authority guidata da Giuseppe Vegas «raccomanda» che alcune tipologie di prodotti «non siano consigliate né distribuite in via diretta» alla clientela. Di quali prodotti si tratta? Si va dai «prodotti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti o di altre attività», passando per «prodotti finanziari per i quali, al verificarsi di determinate condizioni o su iniziativa dell’emittente, sia prevista la conversione in azione o la decurtazione del valore nominale». E ancora: prodotti «credit linked», ovvero che rimandano al rischio di credito di un soggetto terzo. Finiscono in lista strumenti derivati «con finalità diverse da quelle di copertura» non quotati come pure titoli strutturati in cui non è certa l’integrale restituzione a scadenza del capitale investito. A questo primo elenco si aggiungono altre soluzioni talvolta proposte all’ignaro risparmiatore come obbligazioni perpetue o gli Oicr «alternative», categoria sotto cui finiscono i fondi hedge, i fondi di private equity, i fondi immobiliari.
Tanto per fare degli esempi, la Consob non vuol più vedere finire nei portafogli del pubblico titoli come «Casaforte» di Mps. O il convertibile con cui la Popolare di Vicenza è riuscita, in zona Cesarini, a ripianare il deficit patrimoniale evidenziato negli stress test della Bce, o il convertendo 2009-2013 della Bpm che due anni fa costrinse la banca ad aprire una procedura di conciliazione. Dopotutto tra gli inviti rivolti dalla Consob c’è quello di prevenire i conflitti di interesse che sorgono dalla distribuzione di prodotti tesi a rinforzare il patrimonio dello stesso intermediario. Di qui l’invito a eliminare gli incentivi al personale che accentuino tali conflitti.
Anche se l’authority ancora non può proibire la vendita di questi prodotti, può rendere assai dura la vita dell’intermediario che decida di ignorare la raccomandazione. Tutti dovranno prendere posizione entro il 30 giugno, assicurando coerenza con il profilo di rischio della clientela fin dalla fase di progettazione dei prodotti. L’eventuale «no», dovrà giungere «su base motivata» dai vertici. In tal caso l’intermediario dovrà informare il cliente sul fatto che l’autorità di regolamentazione e di vigilanza ritiene quel prodotto inadeguato alla clientela al dettaglio. Infine l’intermediario «ribelle» rischia anche un escalation di ispezioni a suo carico in quanto la Consob, si legge in una nota, «terrà conto delle scelte degli intermediari, orientando la propria attenzione verso le aree in cui possono annidarsi i rischi maggiori dal punto di vista della tutela del risparmio».