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 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

«Nel calcio non bisogna correre, ma vedere, e Pirlo lo fa benissimo». Parla l’allenatore Bora Milutinovic, 70 anni, l’uomo che ha portato ben cinque nazionali ai Mondiali. «Ai miei tempi c’erano grandi squadre e grandi calciatori. Oggi è diverso»

Bora Milutinovic, 70 anni, nato serbo e diventato cittadino del Mondiale, dove da ct ha portato cinque nazionali imparando sei lingue, sta a Doha per dare consigli in vista di Qatar 2022: c’è Juve-Napoli, lei per chi tifa?
(sorriso) «Nessuno, anche se mi piacciono le maglie bianconere, come il mio Partizan Belgrado. Ma di certo alla Juve sono grato».
Perché?
«A Italia ‘90 allenavo il Costarica che ha la terza maglia bianconera: solo che non le avevamo. Chiamo Montezemolo che mi mette in contatto con Boniperti: mi fece arrivare 44 divise».
Funzionò?
«Un successo. A Torino, quando entrammo in campo tutti tifavano per noi, contro il Brasile: 22 tiri loro zero noi, ma perdemmo solo 1-0. Poi battemmo la Svezia».
Segue il campionato italiano?
«Un po’, anche se ci sono ormai troppe partite da vedere: calcio spagnolo, inglese, jugoslavo».
Chi le piace della Juve?
«Buffon. Un grande, vorrei conoscerlo. E poi quello che gioca in mezzo. Come si chiama?» (risata).
Pirlo.
«Interessante che i due più importanti siano sopra i 35 anni».
Del Napoli invece chi le piace?
«Maradona».
Non ama il calcio di oggi?
«Che volete farci, sono romantico. Di certo è diverso. Ai miei tempi c’erano grandi squadre e grandi calciatori».
Non le vanno bene neppure Real Madrid e Bayern?
«Non ho detto questo, però mi chiedo: quanti di questi campioni giocherebbero nel Bayern di Beckenbauer? Pochi».
Ribery?
«Forse, comunque non più di due o tre. Ma quanti di questi avrebbero giocato nella Germania del ‘74 o del ‘90?»
Pirlo ci starebbe nel suo passato?
«Uno dei pochi: nel calcio non bisogna correre, ma vedere, e lui lo fa benissimo».
Che ne dice di Guardiola?
«Massimo rispetto per Pep, siamo amici, però...»
Boccia anche il suo Barcellona e ora il Bayern?
«Dico solo che contano tre cose: società, allenatore e giocatori. Quando tutto gira, allora una squadra va bene. Ma un tecnico senza giocatori non può funzionare».
Ne scelga uno?
«Ancelotti: perfetto. Ha tutto, però deve vincere sempre».
Avrebbe allenato uno come Balotelli?
«È importante la qualità, e lui ce l’ha: sulla mentalità si può lavorare».
Ci hanno provato in tanti.
«Io avevo Hugo Sanchez, che ogni tanto la metteva dentro».
Che ne pensa del Mondiale in Qatar?
«Che è il posto perfetto. Con l’aria condizionata negli stadi ci sarà il clima ideale: niente pioggia, né vento».
E i tifosi?
«È uno Stato piccolo: in Brasile ci ho messo 30 giorni per vedere 8 partite, qui puoi andare a due gare al giorno, in bicicletta».