Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

Salini-Impregilo cresce del 10% e continua ad assumere personale: «Abbiamo già assunto 2.500 persone in tutto il mondo, arrivando a 34.400 dipendenti. Nel 2017 raggiungeremo circa 7 miliardi di fatturato, il che significa sostanzialmente raddoppiare i 4 attuali. La crescita degli addetti è una logica conseguenza». Ma il Ponte di Messina va rilanciato: «Ci hanno espropriato per legge il contratto senza corrispettivo Sarebbe una vetrina per il Paese»

Un anno dopo la fusione, il focus resta sulla crescita: «Faremo il 16% medio composto entro il 2017». Ma secondo l’ad di Salini-Impregilo, Pietro Salini, la parte «più avvincente» della sfida da portare a termine dopo l’integrazione tra Salini ed Impregilo, e che compirà un anno a gennaio, «è essere riusciti, nonostante la recessione anche culturale vista negli ultimi anni, a creare un grande gruppo italiano, il primo nelle costruzioni, all’undicesimo posto tra i grandi gruppi industriali per numero di occupati». Ora il rilancio parte proprio da qui, dall’occupazione. «Non dimentichiamoci che le infrastrutture non sono solo uno strumento di benessere e di progresso, ma sono un grande volano per il lavoro, che dovrebbe essere il fondamento della nostra società».
Dottor Salini, da dove nasce la scommessa di assumere 15 mila persone in 4 anni?
«È la conseguenza di un piano di crescita importante che nel primo anno ci ha portati ad avanzare di circa il 10% rispetto alla dimensione teorica originale prevista per le due società che abbiamo integrato. Abbiamo già assunto 2.500 persone in tutto il mondo, arrivando a 34.400 dipendenti. Nel 2017 raggiungeremo circa 7 miliardi di fatturato, il che significa sostanzialmente raddoppiare i 4 attuali. La crescita degli addetti è una logica conseguenza».
Chi cercate in particolare?
«Tutte le figure professionali, dai dirigenti agli operai, in tutti i settori in cui operiamo. In particolare abbiamo dato uno spazio importante ai giovani: nel 2014 l’età media delle assunzioni è stata di 31 anni».
Ossia?
«Nei prossimi tre mesi assumeremo 100 ingegneri neolaureati. Abbiamo inoltre un progetto mondiale che coinvolgerà 500 ragazzi all’anno, di cui 100 in Italia, per un programma di tutoring: andiamo a indirizzare il percorso di studi fin dall’inizio della carriera universitaria, arricchendolo con stage ed elementi formativi aggiuntivi. Diamo il nostro contributo a costruire l’eccellenza del futuro». 
Dove vi svilupperete all’estero?
«Siamo presenti in 55 Paesi, ma la crescita verrà principalmente da Medio Oriente, Nord Europa, Nord America e Australia».
Quanto vale il vostro mercato di riferimento?
«Il mercato delle infrastrutture complesse – in cui la nostra competenza si esprime al meglio – vale circa mille miliardi di euro, 500 miliardi se calcoliamo il potenziale reale per il gruppo. L’obiettivo dei quattro anni del nostro piano è avere il 5% di questo valore complessivo, vale a dire 25 miliardi, poco più di sei miliardi l’anno in media. Ma abbiamo una carta molto importante da giocare...».
Quale?
«Un portafoglio ordini da oltre 29 miliardi di euro di commesse, che deriva dalle due società originarie. Questo è il driver vero della crescita dei prossimi 3 anni».
Avete acquisizioni in vista?
«Siamo opportunisti, non escludiamo nulla. Ma al momento, salvo piccole operazioni di carattere operativo, non abbiamo target specifici».
Vede segnali di rilancio nelle grandi opere in Italia?
«Vedo segnali importanti di attenzione, ritengo però sia necessario riuscire a essere ancora più incisivi. Quello di cui oggi il nostro Paese ha bisogno sono gli operai al lavoro, bisogna ridare quella fiducia nel futuro persa negli ultimi anni».
Che cosa ingessa più di altro il nostro Paese?
«L’affollamento di leggi. Forse non ci si rende conto di quante leggi questo Paese abbia, quanto sia difficile applicarle. Serve un Paese più semplice, dei 55 in cui operiamo l’Italia è tra i più complessi».
Parliamo del ponte di Messina di cui avevate ereditato l’appalto: nutre ancora speranze di realizzarlo?
«Noi abbiamo comprato Impregilo, tirando fuori i soldi e lanciando un’Opa come pochi oggi fanno. Nell’acquisto di Impregilo era incluso il contratto relativo al ponte di Messina; siamo quindi titolati ad essere un po’ contrariati perché abbiamo comprato una società in uno Stato di diritto in cui c’era un contratto che ci è stato espropriato per legge senza corrispettivo».
Chiederà indennizzi?
«È un diritto della società e degli azionisti. Ritengo però che sia più intelligente far lavorare della gente e costruire un’opera che può far da vetrina al Paese piuttosto che lasciare a casa 40 mila persone, magari a spese della collettività. A fronte di questo siamo pronti anche a rinunciare alla penale».
Recentemente siete usciti dall’Ance. Uscirete da Confindustria?
«No, siamo usciti dall’Ance perché la nostra dimensione globale limitava la condivisione delle tematiche di nostro interesse con gli altri associati. Io sono e rimango in Confindustria anche come membro di Giunta. Però mi piacerebbe un’associazione diversa. Credo che al settore servirebbe per lo meno un ripensamento sulle modalità di confronto tra le categorie sociali».