La Stampa, 22 dicembre 2014
Anche a 40 dollari al barile i big del petrolio sopravvivono. Nel Golfo Persico il costo di produzione è al di sotto dei 30 dollari e in Medio Oriente si arriva addirittura 10 dollari mentre in mare il punto di pareggio medio è a 41. Altra storia per lo Shale Oil: il prezzo minimo per estrarre questo greggio a condizioni convenienti viene calcolato, in media, a 65 dollari
Estrarre il petrolio resta un buon affare, anche con il prezzo del barile che precipita. Dopotutto le compagnie facevano utili pure quando il greggio era molto meno caro di oggi. Però il discorso è diverso per le produzioni non convenzionali (quelle etichettate come «shale»). Dice l’Unione Petrolifera (che federa la compagnie italiane del settore) che un calo del Brent – il cui prezzo fa da riferimento in Europa – fino a 40 dollari non metterebbe a rischio le trivellazioni tradizionali, nemmeno quelle in mare aperto. Ma renderebbe antieconomici gli investimenti nel comparto shale, cioè nei nuovi idrocarburi da scisto e da argille.
Nessun problema per i produttori del Golfo Persico neanche col Brent al di sotto dei 30 dollari: laggiù scavano un buco per terra e il petrolio zampilla, più o meno. In quella zona il punto di pareggio medio è di 27 dollari al barile, ma in Medio Oriente esistono produzioni sostenibili addirittura con un barile a 10 dollari. Questo, peraltro, riguarda solo la sostenibilità tecnica, non quella sociale: se i prezzi bassi durano a lungo, anche i più ricchi sceiccati avranno problemi a sostenere i generosi sistemi assistenziali da cui dipende la loro pace interna.
Per quanto riguarda le trivellazioni in mare, la forbice della sostenibilità è molto ampia nel mondo: si va da 10 a 70 dollari al barile, con un punto di pareggio medio di 41. Da segnalare che è sui 50 dollari il punto di pareggio per le trivellazioni su terraferma in Russia, e questo ha un grande significato politico, visto il braccio di ferro con l’Occidente.
Note dolenti per lo «shale oil», e qui i guai sono per gli americani. Il prezzo minimo per estrarre questo greggio a condizioni convenienti viene calcolato, in media, a 65 dollari con una forbice piuttosto stretta, visto che non si può scendere sotto ai 50 dollari per barile. Questo il parere dell’Up, che però sottolinea che diversi analisti (inclusi quelli del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti) sostengano che gli investimenti in idrocarburi non convenzionali possano essere sostenibili anche con quotazioni ancora più basse, a patto che gli operatori si concentrino sui grandi bacini di shale oil già in corso di sfruttamento.
Le produzioni più costose in assoluto sono quella da sabbie bituminose (con «breakeven» a 70 dollari al barile) e il petrolio trivellato nell’Artico (75 dollari).