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 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

La Legge di Annalisa Chiodoni, l’avvocato che assiste solo i poveri: «La fede conta più dei soldi»

Niente soldi né gerarchie. Tutto per tutti. Pietra su pietra, a partire dalla Romagna, è diventata la dimora collettiva dei più poveri tra i poveri. Il «Villaggio della gioia» accoglie in miniappartamenti bambini e adulti in difficoltà. «Noi volontari condividiamo la nostra vita con chi attraversa un momento di bisogno», spiega l’avvocato Annalisa Chiodoni, che agli «ultimi tra gli ultimi» offre gratuitamente assistenza legale. Utopia divenuta realtà grazie a un «prete visionario», don Oreste Benzi, fondatore della comunità «Giovanni XXIII», oggi presente in 34 paesi con case-famiglia, cooperative sociali ed educative, gruppi di preghiera, servizi per accompagnare maternità problematiche, centri di recupero per tossicodipendenti ed ex prostitute. Benzi è morto nel 2007, papa Francesco lo vuole Beato e sabato ha ricevuto in Vaticano i suoi 10mila «figli spirituali». Una «festa».
Com’è diventata l’avvocato di chi non potrà mai pagarla?
«La mia collaborazione con don Benzi ha inizio nel 1997. Allora ero da poco diventata avvocato e, sposata da due anni, insieme a mio marito, avevamo deciso di accogliere in famiglia le persone più svantaggiate: quelle che nessuno vuole. Avevamo già quattro figli, oggi sono otto. Due disabili gravissimi. Don Benzi sino ad allora si era avvalso di avvocati esterni alla comunità. Però aveva sempre sperato in professionisti che scegliessero la condivisione con i più poveri. Così ho iniziato subito in prima linea nella difesa delle vittime di maltrattamenti, abusi, sfruttamento, ma anche del popolo rom, dei tossicodipendenti, delle famiglie fragili, dei bimbi in istituto, delle mamme naturali, delle famiglie adottive».
Non le pesa aver rinunciato a fare carriera, ad arricchirsi?
«No. Non ho avuto neppure il tempo di riflettere sulla direzione da prendere: penalista o civilista? Amministrativo o lavoro? Seguendo i poveri ho trovato la mia identità professionale: penale e diritto di famiglia. I poveri non hanno casa, quindi non hanno sfratti, non hanno buste paga né lavoro, non hanno locazioni né aziende. Non ho mai fatto un decreto ingiuntivo in 20 anni di professione, mai somme da recuperare. Sin da subito un lavoro intenso, diritti fondamentali violati, persone sole e davvero senza alcun mezzo. Quale padre, mi diceva don Benzi, se ha un figlio che viene maltrattato o abusato non spende tutti i soldi che ha nella sua difesa e non gli prende un avvocato? Questo resterà il nostro unico criterio di scelta: quello che farebbe un padre che ama i suoi figli».
Una comunità stile-comunista?
«Il modello è ancora più antico e si ispira alla vita degli Apostoli che mettevano tutto in comune e prendevano secondo il bisogno. Qui mettiamo le risorse insieme e prendiamo solo ciò che serve per oggi. Le mie parcelle, quando ci sono, così come lo stipendio di mio marito, così come ogni altra nostra entrata non l’abbiamo mai tenuta per noi. Come tantissime altre famiglie della comunità, abbiamo scelto di mettere i nostri soldi insieme agli altri e prendiamo quel che serve per vivere in semplicità. Cerchiamo di pensare solamente all’oggi, certi che nulla ci mancherà. Così ci sentiamo di restituire e riequilibrare il bene. Don Oreste ci ha insegnato a non temere il domani, la nostra forza non sono i conti in banca, ma la fede in Dio. Abbiamo presentato al Papa una famiglia di Rom: 7 persone che vivono con noi al “Villaggio della Gioia” a Forlì. Non hanno nulla: solo i vestiti che indossano. Se non li prendiamo noi, chi li aiuta? A pranzo siamo 17. Oggi due dipendenti della Electrolux da poco conosciute ci hanno portato ragù, tortelli e dolce».
I casi più coinvolgenti?
«Aurora, 14 anni, costretta alla prostituzione su viale Irnerio a Bologna. Una bambina. La chiamavano l’angioletto perché aspettava i clienti alla fermata del bus completamente nuda con una minuscola pelliccia bianca: per quattro mesi ha avuto fino a 30 clienti a sera nell’indifferenza generale. Non dimenticherò mai una mamma alla quale avevano tolto i due figli per motivi di indigenza. Una tragedia, una mamma disperata, sentivo il suo dolore come fosse il mio. Una causa durata tre anni, poi finalmente si sono riuniti e lei che non ha mai avuto i soldi per pagarmi, abbracciandomi e piangendo mi ha detto : “Avvocato grazie, chiedimi gli occhi e io te li do.” Nessuna parcella avrebbe potuto arricchirmi di più».