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 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

«Bene la tecnologia ma bisogna svegliarsi». Marco Tronchetti Provera parla della Formula1, dello spettacolo, delle regole e delle gare. Ma anche di Ecclestone, Hamilton, Marchionne e di come è nata la sua passione…

Sala riunioni che indica lavoro, ideazione, attività, il tutto incorniciato da una ricca e generosa biblioteca che regala cultura. È qui alla Bicocca che nasce una Pirelli che agisce, che ha rapporti nel mondo e col mondo. Dopo l’incontro con Marco Tronchetti Provera, il timoniere della Pirelli, quella sala si anima di altri manager che dovranno confrontarsi con il presidente del gruppo. A noi il compito di parlare di F1, un pianeta che corre a 300 all’ora gommato Pirelli. Presidente Tronchetti Provera, che cosa le piace e che cosa invece non gradisce di questa F1?
«Mi piace la sfida tecnologica, accettata quattro anni e mezzo fa e vinta rapidamente. La Bocconi ci ha dedicato una ricerca accurata: hanno analizzato come in pochi mesi abbiamo non solo sviluppato il prodotto, ma sistemato tanti altri aspetti, logistica inclusa».
Quindi è ancora convinto della validità della F1?
«Sì, anche se bisogna guardare alle prospettive di questo sport. È un argomento che riguarda tutti gli addetti ai lavori, le istituzioni, i team, gli sponsor, e non può non considerare la caduta di certi indicatori: è un fatto su cui è importante riflettere insieme per il futuro. Abbiamo avuto modo di scambiare delle idee con i diretti interessati e questo è il tema dei temi».
Lei, a nome della Pirelli, quali indicazioni ha dato?
«Il fascino della F1 è legato al combinato tra la sfida di uomini, cioè i piloti, e quella tecnologica. Tutto questo deve garantire un impatto adeguato. Alcune regole hanno contribuito, assieme a certe scelte legate al rapporto con i media, a una caduta di attenzione verso la F1. Poi ovviamente, pur essendo neutri di fronte alle varie squadre, che sono nostre clienti, tutti noi ci aspettiamo una Ferrari di nuovo competitiva. Questo è un fattore importante. Per avere un gradimento maggiore occorre anche che il pubblico sia messo nelle condizioni di percepire meglio la sfida tecnologica che c’è dietro ogni Gp. E la comunicazione gioca un ruolo fondamentale».
Avete potenziato la comunicazione: scelta strategica, dopo i problemi nel 2013?
«Sì, noi abbiamo contribuito allo spettacolo facendo tutto quanto ci era stato richiesto. Mancando però una definizione chiara delle regole del gioco, talvolta siamo stati coinvolti in vicende per le quali non eravamo responsabili. Si è rimediato stabilendo delle norme, ma adesso occorre con urgenza un tavolo di lavoro che dia continuità a queste scelte. L’attore principale rimane Bernie Ecclestone».
Bernie ha 84 anni...
«Ma è un uomo dinamico. Ha ammesso che certi temi dovevano essere affrontati e li ha condivisi. Ora occorre trovare un punto d’incontro. La chiave è creare uno spettacolo più attraente. Noi abbiamo fornito idee, come il passaggio alle gomme da 18 pollici, che saremmo pronti a produrre immediatamente, o come l’adozione delle coperture da qualifica. Se un pilota al sabato potesse spingere sempre al massimo, l’interesse crescerebbe e ci sarebbero pure delle sorprese».
C’è quasi impazienza nelle sue parole quando sottolinea l’esigenza di fare presto.
«Abbiamo investito e continuiamo a investire parecchio sulla F1. Nel futuro dovremo fare delle scelte: se il trend poco favorevole prosegue, la ragione primaria degli sforzi viene meno. Ma penso che sia un’esigenza di tutti: c’è una F1 che deve risvegliarsi, certe cose arrivano da lontano e non possiamo passare un’altra stagione senza che nulla avvenga. Sono ottimista che qualcosa succeda a tempo debito. Devo esserlo».
Tornando a Ecclestone, ha anche detto che il pubblico giovanile non lo interessa.
«È una provocazione. Di sicuro noi, come Pirelli, abbiamo una comunicazione che segue i giovani anche attraverso i new media».
Quali sono le ricadute positive per la Pirelli?
«Prima di tutto i dati che raccogliamo in ogni Gp e che la nostra ricerca analizza e sviluppa sia per affrontare meglio le gare successive sia per sviluppare i prodotti innovativi per le case auto e per i consumatori. Ogni Gp è per noi l’occasione per mostrare a clienti e investitori, sia quelli presenti in pista, sia quelli che raggiungiamo attraverso i media, l’importanza e la qualità dello sviluppo tecnologico degli pneumatici Pirelli».
Nella stagione non avete avuto problemi, però qualcuno vi ha accusato di aver fatto scelte troppo conservative per badare soprattutto al vostro interesse.
«Il consenso sul lavoro fatto è stato altissimo, che qualcuno si lamenti è normale. La cosa più preoccupante è avere un consenso “bulgaro”, abbassa gli stimoli».
Nel 2013 c’è stato un momento critico con la Ferrari.
«Tutto il mondo della F1 è critico per definizione. La Ferrari è una squadra molto affascinante con la quale ci siamo confrontati sempre in modo sereno».
Come nasce la sua passione per la F1?
«Mio padre, pilota di aereo, amava le auto e gareggiava pure. Aveva un’Alfa Romeo 1900 e un giorno – io avrò avuto 10 anni – mi portò a Monza. Alla curva di Lesmo capii che l’entusiasmo l’aveva spinto davvero al limite. Ma che emozione...».
Chi è il suo pilota preferito?
«Parto da lontano. In casa si parlava di Ascari, ma sentivo anche di Fangio ed ero affascinato dagli aneddoti su di lui, lo immaginavo a Monza mentre camminava lungo il circuito e andava a toccare con mano le gibbosità dell’asfalto. Insomma, era come sentire i racconti su Meazza. Poi Ascari l’ho visto correre. A 18 anni c’è chi mi ha portato a Montecarlo: atmosfera fantastica, ho scoperto un mondo».
Guardando al presente: cosa pensa di Hamilton?
«È fortissimo. E lo si vedeva. Ma abbiamo vari piloti in gamba, a cominciare dallo stesso Rosberg».
Il cambio della Ferrari tra Alonso e Vettel?
«Era nell’ordine delle cose: Vettel è giovane ed è un pluricampione; per la Ferrari l’importante è avere sempre un uomo di punta».
Ha dato consigli a Sergio Marchionne?
«No, non sta a me dargli consigli. Comunque non ci siamo ancora incontrati da quando è diventato presidente della Ferrari».
Ecclestone: dopo di lui, sarà meglio puntare su una figura analoga o su un gruppo che cogestisce il business?
«Il successo della F1 è legato alla responsabilizzazione di un decisore finale che poi deve trovare l’equilibrio tra tutte le componenti. Alle gestioni allargate credo poco. È importante che alla fine di percorsi condivisi ci sia chi si assume la responsabilità di dire l’ultima parola».
Ritiene un segnale positivo l’ingresso di Luca di Montezemolo nella Cvc quale direttore non esecutivo?
«Dopo Ecclestone, Luca è la persona che conosce meglio la F1 e che ha avuto più successi. Credo potrà dare un grande contributo al rilancio di questo meraviglioso sport».
Tornerà a vincere prima l’Inter o la Ferrari?
«Sono obbligato a dire l’Inter: ma sarebbe bello se si trovasse una combinazione per un risveglio adeguato di tutte e due».